Quando sembrava spaccato e quindi “congelato”, ecco la resurrezione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che all’ultima riunione del mese di aprile a presidenza russa, approva all’unanimità una risoluzione che condanna il divieto di lavoro alle donne imposto in Afghanistan dal regime talebano. Così i Quindici intimano ai talebani di “fermare rapidamente” la repressione di donne e ragazze, in particolare l’interdizione alle donne che lavorano per l’Onu.
La risoluzione, presentata dagli Emirati Arabi Uniti e dal Giappone, e votata da tutti e quindici i membri del consiglio (e sponsorizzata da altri 90 paesi tra cui l’Italia), definisce il divieto come “senza precedenti nella storia delle Nazioni Unite” e afferma “l’indispensabile ruolo delle donne nella società afghana”. Privarle del diritto al lavoro, ha aggiunto il Consiglio di Sicurezza, “minaccia i diritti umani e i principi umanitari”.

Vedere quindici braccia alzarsi ha fatto un certo effetto dopo aver osservato, solo tre giorni fa, i “fuochi d’artificio” tra il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e gli ambasciatori di Stati Uniti, UK, Francia e Giappone durante il dibattito sul “multilateralismo”.
Invece questa volta, dopo il voto, le dichiarazioni degli ambasciatori sono stati unanimi nel condannare il regime dei talebani.
Ma non sono mancate le accuse reciproche. Nel suo discorso al Consiglio, il rappresentante della Cina ha criticato la disordinata uscita degli Stati Uniti dall’Afghanistan e la decisione degli USA di congelare 7 miliardi di dollari di beni della banca centrale afgana. Pechino ha votato la risoluzione, ma ha anche esortato Washington a “rimediare al danno che ha causato al popolo afghano piuttosto che continuare ad aggravare le sue sofferenze”.
Anche l’ambasciatore della Russia, Vassily Nebenzia, nella sua spiegazione di voto ha detto che avrebbe voluto una “risoluzione più ambiziosa” ma che alcuni membri occidentali si sono opposti. Nebenzya ha detto che la risoluzione non affronta l’impatto delle sanzioni sui talebani e non ripristina i beni che gli Stati Uniti avrebbero “rubato” agli afghani quando ha congelato i fondi della banca centrale.
All’uscita del Consiglio di Sicurezza, abbiamo posto alcune domande agli ambasciatori di Russia e Stati Uniti.

Il primo a passare è l’ambasciatore russo Vassily Nebenzia, presidente del Consiglio di SIcurezza.
Soddisfatto?
“Siamo contenti ma non completamente. La risoluzione non riflette tutte le questioni importanti che riguardano l’Afghanistan. Bisogna riflettere su questo”.
Cosa succederà se i talebani non rispetteranno la risoluzione?
“Non vorrei dirlo, ma temo che non cambieranno le cose in una notte”.
Ma in quel caso quale sarà il passo successivo del Consiglio di Sicurezza?
“Il Segretario Generale dell’ONU sta cercando il dialogo con loro, c’è presto un incontro a Doha, vediamo che succederà. Il fatto è che i talebani sono al potere, sono quello che sono e noi dobbiamo averci a che fare. Non saremmo in grado di cambiare i loro modi in pochi giorni. Stiamo cercando di coinvolgere i paesi islamici per convincerli, dato che non c’è nulla nell’insegnamento dell’Islam di quello che stanno facendo alle donne. Ma loro hanno i loro modi”.
Ecco che arriva l’ambasciatore americano Robert Wood.

Ambasciatore Wood, il suo collega russo ha detto che la risoluzione poteva essere più ambiziosa ma per colpa vostra è stata ridimensionata.
“Sì abbiamo sentito ma non abbiamo capito di cosa parlasse. Semmai è il contrario siamo noi che avremmo voluto una risoluzione più forte da imporre ai talebani per farli tornare indietro nelle loro decisioni. Quindi di qualunque cosa parli il rappresentante della Russia quando ha detto che avrebbe voluto una risoluzione più forte, non ho idea a cosa si riferisca e anche gli altri nel Consiglio non hanno capito a cosa si riferisse”.
L’ambasciatore Nebenzia ha detto che non si aspetta che i talebani in tempi brevi rispetteranno la risoluzione… Faccio la stessa domanda a lei: i talebani ubbidiranno alla risoluzione? E che succederà se non lo faranno?
“Questa è la prima volta in tanto tempo che abbiamo una risoluzione che condanna i talebani, il loro comportamento. Forse bisogna andare al 2001 e alla risoluzione 1267. I talebani non possono ignorare il messaggio di oggi, un voto unanime di condanna che dimostra che la comunità internazionale non tollererà quello che stanno facendo alle donne. Gli farà cambiare idea? Non lo sappiamo ma sicuramente non potranno ignorare la decisione di oggi”.
Ma quale sarà il prossimo passo se invece continueranno a ignorare le decisioni del Consiglio di Sicurezza?
“E’ difficile prevedere il futuro. Il Consiglio di Sicurezza continuerà a seguire questa faccenda e vedremo cosa faranno i talebani. Per ora sappiamo che tutti e Quindici membri del Consiglio hanno mandato un messaggio chiaro ai talebani, questa è una gran cosa”.
Il Consiglio di Sicurezza si mostra finalmente unito però si gioca anche la credibilità. Prevede altri interventi simili, per esempio in Myanmar?
“Sul Myanmar abbiamo infatti approvato già una risoluzione“.
Sì ma è stata ignorata dai militari al potere, che infatti pochi giorni fa hanno fatto un’altra strage di civili…
“Dobbiamo capire se altre potenze come Russia e Cina sono pronte a condannare questo tipo di comportamento dopo il passaggio di certe risoluzioni. Il Consiglio di Sicurezza può giocare un ruolo positivo come ha appena fatto oggi all’unanimità e dovremmo continuare a farlo in tutte le maggiori problematiche in cui c’è in gioco la pace e la sicurezza”.

Intanto l’ambasciatrice degli USA al Palazzo di Vetro Linda Thomas Greenfield – che era sostituita dall’Amb. Wood alla riunione di oggi perché si trovava in Colorado – ha rilasciato la seguente dichiarazione: “La risoluzione del Consiglio di sicurezza adottata oggi invia un messaggio chiaro ai talebani: condanniamo la vostra repressione delle donne e delle ragazze afghane e chiediamo la rapida revoca dei vostri editti indifendibili. La comunità internazionale non resterà a guardare mentre le donne dell’Afghanistan vengono private dei loro diritti umani e delle loro libertà fondamentali. I talebani hanno rinnegato le promesse fatte alla comunità internazionale e alle donne afghane attuando misure oppressive contro di loro, incluso il divieto di lavorare con le Nazioni Unite e le Ong. Questi editti draconiani impediscono all’Afghanistan di raggiungere la stabilità, la prosperità economica e la crescita futura, oltre a esporre le donne a un rischio maggiore di violenza di genere e sfruttamento sessuale, e impedire agli aiuti umanitari di raggiungere le persone che hanno bisogno”. Thomas-Greenfield ha quindi sottolineato che gli Usa e gli altri membri della comunità internazionale “continuano a sollecitare un processo politico inclusivo che rifletta pienamente la diversità dell’Afghanistan, compresa la partecipazione significativa delle donne e dei membri delle comunità emarginate”.