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Afghanistan: Consiglio di Sicurezza approva risoluzione di condanna dei talebani

All'unanimità, i Quindici votano a favore di una risoluzione contro il divieto di lavoro imposto alle donne afghane, ma subito si dubita che verrà rispettata

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Afghanistan: Consiglio di Sicurezza approva risoluzione di condanna dei talebani

The Security Council votes the resolution condemns Taliban’s ban on women working for UN in Afghanistan (UN Photo/Manuel Elías )

Time: 4 mins read

Quando sembrava spaccato e quindi “congelato”, ecco la resurrezione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che all’ultima riunione del mese di aprile a presidenza russa, approva all’unanimità una risoluzione che condanna il divieto di lavoro alle donne imposto in Afghanistan dal regime talebano. Così i Quindici intimano ai talebani di “fermare rapidamente” la repressione di donne e ragazze, in particolare l’interdizione alle donne che lavorano per l’Onu.

La risoluzione, presentata dagli Emirati Arabi Uniti e dal Giappone, e votata da tutti e quindici i membri del consiglio (e sponsorizzata da altri 90 paesi tra cui l’Italia), definisce il divieto come “senza precedenti nella storia delle Nazioni Unite” e afferma “l’indispensabile ruolo delle donne nella società afghana”. Privarle del diritto al lavoro, ha aggiunto il Consiglio di Sicurezza, “minaccia i diritti umani e i principi umanitari”.

Il momento del voto al Consiglio di Sicurezza della risoluzione di condanna dei talebani

Vedere quindici braccia alzarsi ha fatto un certo effetto dopo aver osservato, solo tre giorni fa, i “fuochi d’artificio” tra il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov e gli ambasciatori di Stati Uniti, UK, Francia e Giappone durante il dibattito sul “multilateralismo”.

Invece questa volta, dopo il voto, le dichiarazioni degli ambasciatori sono stati unanimi nel condannare il regime dei talebani.

Ma non sono mancate le accuse reciproche. Nel suo discorso al Consiglio, il rappresentante della Cina ha criticato la disordinata uscita degli Stati Uniti dall’Afghanistan e la decisione degli USA di congelare 7 miliardi di dollari di beni della banca centrale afgana. Pechino ha votato la risoluzione, ma ha anche esortato Washington a “rimediare al danno che ha causato al popolo afghano piuttosto che continuare ad aggravare le sue sofferenze”.

Anche l’ambasciatore della Russia, Vassily Nebenzia, nella sua spiegazione di voto ha detto che avrebbe voluto una “risoluzione più ambiziosa” ma che alcuni membri occidentali si sono opposti.  Nebenzya ha detto che la risoluzione non affronta l’impatto delle sanzioni sui talebani e non ripristina i beni che gli Stati Uniti avrebbero “rubato” agli afghani quando ha congelato i fondi della banca centrale.

All’uscita del Consiglio di Sicurezza, abbiamo posto alcune domande agli ambasciatori di Russia e Stati Uniti.

Vassily Nebenzia (left at table), Permanent Representative of the Russian Federation and President of the Security Council for the month of April (UN Photo/Loey Felipe)

Il primo a passare è l’ambasciatore  russo Vassily Nebenzia, presidente del Consiglio di SIcurezza.

Soddisfatto?

“Siamo contenti ma non completamente. La risoluzione non riflette tutte le questioni importanti che riguardano l’Afghanistan. Bisogna riflettere su questo”.

Cosa succederà se i talebani non rispetteranno la risoluzione?

“Non vorrei dirlo, ma temo che non cambieranno le cose in una notte”.

Ma in quel caso quale sarà il passo successivo del Consiglio di Sicurezza?

“Il Segretario Generale dell’ONU sta cercando il dialogo con loro, c’è presto un incontro a Doha, vediamo che succederà. Il fatto è che i talebani sono al potere, sono quello che sono e noi dobbiamo averci a che fare. Non saremmo in grado di cambiare i loro modi in pochi giorni. Stiamo cercando di coinvolgere i paesi islamici per convincerli, dato che non c’è nulla nell’insegnamento dell’Islam  di quello che stanno facendo alle donne. Ma loro hanno i loro modi”.

Ecco che arriva l’ambasciatore americano Robert Wood.

L’ambasciatore degli USA Robert Wood risponde alle nostre domande (Foto VNY)

Ambasciatore Wood, il suo collega russo ha detto che la risoluzione poteva essere più ambiziosa ma per colpa vostra è stata ridimensionata.

“Sì abbiamo sentito ma non abbiamo capito di cosa parlasse. Semmai è il contrario siamo noi che avremmo voluto una risoluzione più forte da imporre ai talebani per farli tornare indietro nelle loro decisioni. Quindi di qualunque cosa parli il rappresentante della Russia quando ha detto che avrebbe voluto una risoluzione più forte, non ho idea a cosa si riferisca e anche gli altri nel Consiglio non hanno capito a cosa si riferisse”.

L’ambasciatore Nebenzia ha detto che non si aspetta che i talebani in tempi brevi rispetteranno la risoluzione… Faccio la stessa domanda a lei: i talebani ubbidiranno alla risoluzione? E che succederà se non lo faranno?

“Questa è la prima volta in tanto tempo che abbiamo una risoluzione che condanna i talebani, il loro comportamento. Forse bisogna andare al 2001 e alla risoluzione 1267. I talebani non possono ignorare il messaggio di oggi, un voto unanime di condanna che dimostra che la comunità internazionale non tollererà quello che stanno facendo alle donne. Gli farà cambiare idea? Non lo sappiamo ma sicuramente non potranno ignorare la decisione di oggi”.

Ma quale sarà il prossimo passo se invece continueranno a ignorare le decisioni del Consiglio di Sicurezza?

“E’ difficile prevedere il futuro. Il Consiglio di Sicurezza continuerà a seguire questa faccenda e vedremo cosa faranno i talebani. Per ora sappiamo che tutti e Quindici membri del Consiglio hanno mandato un messaggio chiaro ai talebani, questa è una gran cosa”.

Il Consiglio di Sicurezza si mostra finalmente unito però si gioca anche la credibilità. Prevede altri interventi simili, per esempio in Myanmar?

“Sul Myanmar abbiamo infatti approvato già una risoluzione“.

Sì ma è stata ignorata dai militari al potere, che infatti pochi giorni fa hanno fatto un’altra strage di civili…

“Dobbiamo capire se altre potenze come Russia e Cina sono pronte a condannare questo tipo di comportamento dopo il passaggio di certe risoluzioni. Il Consiglio di Sicurezza può giocare un ruolo positivo come ha appena fatto oggi all’unanimità e dovremmo continuare a farlo in tutte le maggiori problematiche in cui c’è in gioco la pace e la sicurezza”.

Young girls attend class at a UNICEF-supported school in Helmand Province, Afghanistan. (© UNICEF/Mark Naftalin /file)

Intanto l’ambasciatrice degli USA al Palazzo di Vetro Linda Thomas Greenfield – che era sostituita dall’Amb. Wood alla riunione di oggi perché si trovava in Colorado –  ha rilasciato la seguente dichiarazione: “La risoluzione del Consiglio di sicurezza adottata oggi invia un messaggio chiaro ai talebani: condanniamo la vostra repressione delle donne e delle ragazze afghane e chiediamo la rapida revoca dei vostri editti indifendibili. La comunità internazionale non resterà a guardare mentre le donne dell’Afghanistan vengono private dei loro diritti umani e delle loro libertà fondamentali. I talebani hanno rinnegato le promesse fatte alla comunità internazionale e alle donne afghane attuando misure oppressive contro di loro, incluso il divieto di lavorare con le Nazioni Unite e le Ong. Questi editti draconiani impediscono all’Afghanistan di raggiungere la stabilità, la prosperità economica e la crescita futura, oltre a esporre le donne a un rischio maggiore di violenza di genere e sfruttamento sessuale, e impedire agli aiuti umanitari di raggiungere le persone che hanno bisogno”. Thomas-Greenfield ha quindi sottolineato che gli Usa e gli altri membri della comunità internazionale “continuano a sollecitare un processo politico inclusivo che rifletta pienamente la diversità dell’Afghanistan, compresa la partecipazione significativa delle donne e dei membri delle comunità emarginate”.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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