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Sudan: l’Ambasciatore dell’UE a Khartoum aggredito nella propria residenza

Lo ha denunciato Josep Borrell con un tweet mentre il Consiglio di Sicurezza era riunito a porte chiuse con l'inviato ONU Volker Perthes. I morti sono 185

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Sudan: l’Ambasciatore dell’UE a Khartoum aggredito nella propria residenza

L'Ambasciatore dell'Unione Europea in Sudan Aidan O'Hara (da twitter)

Time: 3 mins read

Mentre in Sudan infuria la battaglia tra i militari guidati dal capo dell’esercito sudanese, Abdel Fattah al-Burhan, e quelli di Mohamed Hamdan Daglo, che comanda le forze paramilitari di supporto rapido (RSF), l’ambasciatore dell’Unione Europea, Aidan O’Hara, è stato aggredito nella propria residenza a Khartoum: a denunciarlo Josep Borrell, Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue. “Questo fatto costituisce una grave violazione della Convenzione di Vienna” ha scritto Borrell in un messaggio twitter. “La sicurezza delle sedi e dello staff diplomatico è responsabilità primaria delle autorità sudanesi e un obbligo ai sensi del diritto internazionale”. O’Hara è di nazionalità irlandese. L’ambasciatore dell’Ue è “OK”, ha detto all’Afp Nabila Massrali, portavoce del servizio diplomatico dell’Ue, aggiungendo che la delegazione dell’Ue non è stata evacuata. “La sicurezza del nostro personale è la nostra priorità”, ha sottolineato.

A Khartoum sono in corso da sabato combattimenti tra i reparti fedeli al capo dell’esercito Abdel Fattah al-Burhan, e i paramilitari delle Forze di intervento rapido (Rsf), ai comandi di Mohammed Hamdan Dagalo, detto Hemeti, il “piccolo Maometto”.

A few hours ago, the EU Ambassador in #Sudan was assaulted in his own residency.

This constitues a gross violation of the Vienna Convention. Security of diplomatic premises and staff is a primary responsibility of Sudanese authorities and an obligation under international law.

— Josep Borrell Fontelles (@JosepBorrellF) April 17, 2023

Intanto il bilancio dei morti cresce di ora in ora. Volker Perthes, inviato speciale dell’Onu per il Sudan, parlando da Karthoum via video oggi ai giornalisti corrispondenti dal Palazzo di Vetro, ha detto che finora negli scontri hanno perso la vita almeno 185 persone. Sarebbero invece oltre 1.800 i feriti, tra combattenti e civili. Alla nostra domanda se si sentisse in pericolo e se avesse nel suo ufficio personale armato dell’ONU pronto a difenderlo, Perthes ha preferito rispondere col “no comment”.

Volker Perthes, Special Representative of the Secretary-General for Sudan and Head of the United Nations Integrated Transition Assistance Mission in Sudan, briefs the Security Council meeting on the Sudan and South Sudan. (UN Photo/Manuel Elías)

I combattimenti sono scoppiati dopo settimane di lotte di potere tra i due generali. “Sono in costante contatto con i leader di entrambe le parti”, ha dichiarato Perthes ai giornalisti. Oggi sempre alle Nazioni Unite c’è stata una riunione a porte chiuse del Consiglio di Sicurezza  dedicata al Sudan in cui Perthers è intervenuto sempre via video. Quando abbiamo chiesto all’inviato speciale del Segretario Generale Guterres se fosse soddisfatto di quello che finora ha fatto il Consiglio di Sicurezza sugli scontri armati in Sudan e se i due leader che si combattono, tenessero in considerazione una reazione del Consiglio di Sicurezza, Perthers ha risposto: “Il Consiglio di Sicurezza mi è apparso abbastanza unito sulla crisi in Sudan e si è visto con la dichiarazione alla stampa comune. Per quanto riguarda Fattah al Burhan e Hemeti penso che tengano molto in considerazione quello che il Consiglio di Sicurezza potrebbe decidere”.

Intanto il Segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, questa mattina aveva lanciato un appello alle parti in conflitto a cessare immediatamente le ostilità, dicendo che qualsiasi ulteriore escalation del conflitto tra l’esercito e le forze paramilitari, guidate da generali rivali, “potrebbe essere devastante per il Paese e la regione”.   L’ONU ha sospeso gran parte delle sue operazioni nel Paese, ha dichiarato il portavoce di Guterres, Stephane Dujarric, che ha sottolineato che l’ONU “non ha intenzione di chiedere al personale di andare a lavorare quando chiaramente la loro sicurezza non è garantita”.

L’Ambasciatrice degli Stati Uniti all’ONU, Linda Thomas-Greenfield, ha letto ai giornalisti un comunicato di condanna degli scontri in atto in Sudan, in cui ha aggiunto che “da parte nostra, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite deve continuare a monitorare da vicino la situazione. E dobbiamo chiedere la fine immediata dei combattimenti. Dobbiamo anche sostenere gli sforzi dell’inviato speciale di Guterres (Perthers) per garantire accordi per una pausa di tre ore nei combattimenti. Sfortunatamente, i combattimenti sembrano persistere comunque. Quindi, chiedo ai servizi di sicurezza di impegnarsi nuovamente nel loro accordo per sospendere i combattimenti e renderli permanenti”. Per l’ambasciatrice americana “le parti devono consentire un accesso sicuro alle agenzie umanitarie e ai loro operatori per sostenere il popolo sudanese. Ci sarà e deve esserci responsabilità per chiunque – compresi gli attori militari o politici – che tenti di indebolire o ritardare il progresso democratico del Sudan. Quindi, chiedo alle forze di sicurezza il più direttamente possibile: metti giù, metti giù le pistole e inizia a parlare”.

 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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