Una pioggia di razzi su Israele arrivata dal Libano e la temuta reazione israeliana ha costretto il Consiglio di Sicurezza a dedicare quasi tutta la riunione d’emergenza sul Medio Oriente alla crisi Israelo-palestinese e meno alla situazione in Afghanistan, dove la missione dell’ONU è sempre più in difficoltà dopo il divieto dei talebani alle donne di poter lavorare anche nel settore umanitario.
Israele ha accusato Hamas di essere responsabile del lancio di 34 razzi dal confine con il Libano verso la Galilea occidentale. Questo a poche ore dalla tensione scoppiata sulla Spianata delle Moschee a Gerusalemme, dove sono continuati sconti violenti anche dopo quelli della notte tra martedì e mercoledì.
L’attacco di Hamas dal Libano contro Israele è il più grave dal 2006. La maggioranza dei razzi sparati sono stati intercettati e abbattuti dal sistema israeliano di difesa “Iron Dome”, ma alcuni hanno provocato danni materiali e due feriti.
Il comandante in capo della missione delle Nazioni Unite in Libano (UNIFIL), il generale Aroldo Lazaro, ha avvertito che “la situazione è estremamente seria”, invitando tutte le parti alla “calma e ad evitare l’escalation”. Intanto si è saputo che dopo l’attacco contro Israele, i militari italiani del contingente Unifil, che sono oltre 1000 caschi blu, si sono messi al riparo nei rifugi delle proprie basi in attesa della risposta israeliana.
Il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha convocato il gabinetto di sicurezza per preparare la risposta. Secondo alcuni analisti, il gruppo palestinese Hamas avrebbe agito in collaborazione con Hezbollah, il movimento libanese filo iraniano che controlla la parte Sud del Libano.
I condemn the launching of indiscriminate rockets from #Lebanon toward Israel, which resulted in injuries, the largest such firing since 2006. It is unacceptable & must stop. A wider escalation must be avoided. UN remains in contact w/ relevant parties to immediately de-escalate.
— Tor Wennesland (@TWennesland) April 6, 2023
Fonti del Consiglio di Sicurezza, hanno detto che durante la riunione a porte chiuse di giovedì, gli Usa, che sostengono da sempre il diritto di Israele di difendersi “da ogni aggressione”, avrebbero bloccato un documento del UNSC in cui si condannava anche l’aggressione di mercoledì ai palestinesi dentro le moschee. Quando all’uscita degli ambasciatori dal Consiglio, è stato chiesto al russo Vassily Nebenzia, presidente di turno, perché gli USA avessero bloccato il documento, il diplomatico di Mosca si è mostrato “sorpreso” che i giornalisti parlassero già di quanto avvenuto nella riunione appena conclusa a porte chiuse, e pur non confermando, Nebenzia non ha però smentito questa ricostruzione dei fatti sul mancato documento comune.

Quando abbiamo chiesto a Nebenzia se ci fossero stati contatti tra il consiglio e la missione UNIFIL e cosa la Russia si aspetta che faccia la missione ONU in caso di un attacco d’Israele in Libano, l’ambasciatore russo ha detto: “Unifil non ha comunicato con noi oggi… Unifil dovrebbe continuare a vigilare il confine, a prescindere da chi inizi lo scontro. Ma ovviamente il mandato Unifil non prevede operazioni militari da parte della missione Onu”.
L’ambasciatrice degli Emirati Arabi Uniti, Lana Nusseibeh, che insieme alla Cina aveva richiesto la riunione d’urgenza, prima dell’incontro a porte chiuse, ha espresso ai giornalisti le “preccupazioni” del suo paese per i recenti atti di violenza accaduti dentro la moschea Al-Qasa a Gerusalemme in cui i soldati israeliani erano penetrati arrestando centinaia di palestinesi. UAE è il paese arabo dentro al Consiglio di Sicurezza che ha rapporti diplomatici con Israele, e quando è stato chiesto all’ambasciatrice Nusseibeh se questi atti violenti da parte d’Israele dentro le moschee avessero potuto mettere in pericolo le relazioni diplomatiche da poco instaurate tra i due paesi, la capo missione dell’UAE ha replicato: “Il nostro paese usa i rapporti diplomatici per poter comunicare il proprio parere sulle questioni e così faremo”. Ma si aspettava dal Consiglio di sicurezza un documento comune da questa riunione? “Quando ci riuniamo a porte chiuse, come in questa occasione sulla crisi israelo-palestinese, l’UAE si aspetta sempre di riuscire a rilasciare con gli altri membri un documento comune”. All’uscita, l’ambasciatrice non è tornata ai microfoni dei giornalisti.

Stephane Dujarric, portavoce del Segretario Generale dell’ONU Guterres, durante il briefing giornaliero, ha condannato il lancio di razzi dal Libano e ha chiesto “moderazione” a tutte le parti: “Condanniamo i molteplici razzi lanciati oggi dal Libano nel nord di Israele. Invitiamo tutti gli attori a esercitare la massima moderazione. La forza ad interim delle Nazioni Unite in Libano rimane in contatto con le autorità su entrambi i lati della linea blu ed esortiamo le parti a collaborare con le nostre forze di pace ed evitare qualsiasi azione unilaterale che potrebbe aggravare ulteriormente la situazione”. Quando è stato fatto notare a Dujarric che il Consiglio di Sicurezza non riusciva a trovare l’unità per emettere un documento comune sulla crisi tra israeliani e palestinesi che rischia di degenerare in un conflitto più ampio, il portavoce di Guterres ha replicato: “Cerchiamo di essere onesti. Purtroppo in questi giorni, ci sono tutta una serie di questioni molto importanti, che il Consiglio di sicurezza non riesce a trovare l’unità. Come abbiamo detto in un altro contesto, c’è una responsabilità condivisa. Il Segretario generale, i suoi inviati sul campo possono fare tutto il possibile, ma anche i messaggi forti e unificati del Consiglio di sicurezza sono fondamentali”.

Intanto sempre giovedì, Francesca Albanese, l’esperta indipendente sulla situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati, nominata dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite con sede a Ginevra, ha condannato quelle che ha definito le “violente incursioni” delle forze israeliane nel complesso e gli attacchi ai fedeli all’interno della moschea di Al-Aqsa.

“Mentre i musulmani palestinesi si riunivano per le preghiere del Ramadan esercitando il loro diritto al culto nella moschea di Al-Aqsa, le autorità israeliane hanno usato una forza palesemente eccessiva e ingiustificata contro di loro”, ha affermato la relatrice speciale Albanese, aggiunge che almeno 31 palestinesi sarebbero stati feriti durante il raid di mercoledì e che ai paramedici sarebbe stato impedito di fornire cure mediche ai feriti. In un comunicato stampa, ha affermato che le forze israeliane sono entrate violentemente nella moschea, secondo i resoconti iniziali, hanno usato granate stordenti e gas lacrimogeni, hanno sparato proiettili di gomma e hanno picchiato indiscriminatamente i fedeli musulmani con manganelli e calcio di fucile. Albanese ha detto che almeno 450 uomini palestinesi sarebbero stati arrestati, e alcuni sono stati presi a calci e schiaffi dai soldati di scorta mentre venivano condotti fuori. Albanese ha deplorato le azioni “sconsiderate e illegali” delle forze israeliane, che secondo quanto riferito hanno permesso a circa 165 ebrei israeliani di entrare nel complesso, in violazione dell’accordo sullo status quo, che ha indicato che Israele era “vincolato a rispettare”.
“Il ben noto desiderio dei coloni israeliani di distruggere la moschea o convertire con la forza tutto o parte del complesso in una sinagoga, come è successo alla moschea Ibrahimi a Hebron, è fonte di profonda ansia tra i palestinesi”, ha detto Albanese, aggiungendo che è “imperativo che tutte le parti rispettino il diritto internazionale, senza eccezioni… Il mancato rispetto di ciò alimenta e perpetua la cultura dell’ingiustizia e dell’impunità”.