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Sud Sudan, drammatico rapporto dell’inviato speciale ONU Nicholas Haysom

Il capo UNMISS al Consiglio di Sicurezza traccia il quadro del fragile processo di pace nel più giovane paese africano e poi risponde alle nostre domande

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Sud Sudan, drammatico rapporto dell’inviato speciale ONU Nicholas Haysom

Nicholas Haysom, Special Representative of the Secretary-General and Head of the United Nations Mission in South Sudan, briefs the Security Council meeting on the situations in the Sudan and South Sudan. (UN Photo/Rick Bajornas)

Time: 7 mins read

Il più giovane paese dell’ONU, il Sud Sudan, si ritrova al bivio: o conclude nel 2023 il suo processo per una pace duratura – ha avuto già una guerra civile tra le più sanguinose dell’Africa che ha provocato più di 400 mila morti –  o rischia il totale disfacimento. Questo secondo il rapporto appena presentato dall’ONU al Consiglio di Sicurezza.

Intanto, proprio alla vigilia della riunione di lunedì al Palazzo di Vetro, in cui alti funzionari delle Nazioni Unite avevano il compito di descrivere ai Quindici la reale situazione nel paese, il presidente del Sud Sudan Salva Kiir, ha licenziato due importanti ministri del governo di coalizione nazionale, violando così i termini di un accordo di pace con il leader del partito di opposizione, il primo vicepresidente Riek Machar.

Il Presidente del Sud Sudan Salva Kiir, con Papa Francesco lo scorso mese durante la visita del pontefice a Juba (Foto Ansa)

Kiir ha licenziato infatti il ministro della difesa Angelina Teny, che è anche la moglie di Machar, e il ministro degli interni Mahmoud Solomon. Lo ha fatto con un ordine presidenziale letto venerdì alla TV di stato. Le forze di Kiir e Machar avevano firmato un accordo di pace nel 2018 che ha posto fine a cinque anni di una brutale guerra civile che ha innescato la più grande crisi di rifugiati in Africa dal genocidio ruandese del 1994. L’attuazione dell’accordo, noto come “Accordo di pace rivitalizzato per il Sud Sudan”, è stata lenta e le forze opposte si sono scontrate spesso per disaccordi su come condividere il potere.

Così lunedì il Consiglio di Sicurezza si è riunito solo a poche ore di distanza dalle notizie provenienti dalla capitale Juba, che annunciano nuovi venti di guerra nel paese africano.

“Vediamo il 2023 come un anno decisivo e un test per tutte le parti dell’accordo di pace”, ha dichiarato durante la riunione dei Quindici Nicholas Haysom, rappresentante speciale del Segretario generale Antonio Guterres e capo della missione di mantenimento della pace delle Nazioni Unite in Sud Sudan (UNMISS).

Informando il Consiglio sull’ultimo rapporto sul Sud Sudan, Haysom ha condiviso un piano d’azione prioritario per la fase critica dell’attuazione del fondamentale accordo di pace nazionale del 2018, progettato per porre fine a una devastante guerra civile.

Pedro Comissário Afonso (right), Permanent Representative of the Republic of Mozambique to the United Nation and President of the Security Council for the month of March, speaks with delegates ahead of the Security Council meeting on the situations in the Sudan and South Sudan.(UN Photo/Rick Bajornas)

Haysom, diplomatico del Sud Africa, ha anche condiviso i progressi e le riflessioni durante il periodo che va dal 1° dicembre al 15 febbraio, in cui c’è stata un’escalation dei bisogni umanitari tra violenza, sfollamento, fame, shock climatici e salute pubblica.

“La leadership del Sud Sudan si trova ora di fronte a una dura scelta. Può intraprendere un percorso di mutua cooperazione e riconciliazione nell’attuazione urgente dell’accordo di pace, oppure può intraprendere la strada che privilegia l’interesse personale e il conflitto rispetto alla costruzione della nazione”.

Riferendo sui progressi limitati nell’attuazione dell’accordo e della sua road map verso la pace, Haysom ha affermato che gli attuali “slittamenti” nel rispetto delle tempistiche concordate rimangono motivo di preoccupazione. Sulla scia delle parti che hanno esteso le tempistiche di due anni, l’inviato speciale dell’ONU ha affermato che “né le parti interessate né la comunità internazionale sono intenzionate a contemplare ulteriori estensioni”.

“Riteniamo che ci siano alcuni ostacoli chiave che le parti devono superare per posizionare con successo il Sud Sudan affinché completi la fase finale della transizione”, ha aggiunto, indicando diverse aree di azione. Redigere una nuova costituzione è un’opportunità fondamentale per favorire l’armonia e prevenire il ripetersi del conflitto civile che ha caratterizzato l’ultimo decennio. Ciò richiede un processo inclusivo che dia voce a tutti i sud sudanesi, comprese le comunità emarginate, ha affermato Haysom, invitando il governo ad accelerare il processo, compresa la fine della lunga sospensione del Parlamento.

Internally displaced people in South Sudanese province of Upper Nile. (UNMISS )

A seguito di una richiesta di assistenza del governo in vista delle elezioni previste nel 2024, Haysom ha affermato che una missione di valutazione del 2021 indica che gli sforzi dovrebbero concentrarsi sulla creazione dell’architettura e dell’ambiente per elezioni sicure.

“Ora è necessario accelerare tutti i lavori preparatori “, ha affermato, esortando il governo di transizione a finalizzare il quadro giuridico e la ricostituzione della Commissione elettorale nazionale. L’espansione dello spazio civico e politico “sarà un’eredità determinante del periodo di transizione”, ha sottolineato. “Costituisce il criterio ultimo in base al quale verrà giudicata la credibilità del processo elettorale e porrà le basi per una democrazia stabile che possa evitare ulteriori conflitti”.

Da parte sua, UNMISS sta coinvolgendo le parti interessate insistendo su uno spazio più protetto per le donne e le ragazze “per abbracciare il loro ruolo di agenti di cambiamento”, ha affermato Haysom. Gli ultimi ostacoli riguardano le condizioni umanitarie e la sicurezza, ha continuato. Facendo appello per un avvio urgente del rafforzamento e del dispiegamento delle cosiddette Forze unificate necessarie – un vero esercito nazionale, polizia e un’operazione di sicurezza coerente – ha affermato che “possono essere una risorsa o uno svantaggio durante la transizione”.

Preoccupato per le ondate di violenza intercomunitaria, in cui le dimensioni etniche o tribali minacciano di svelare le conquiste di pace conquistate a fatica, Haysom si è detto scioccato per un recente ciclo di uccisioni per vendetta e per l’inaccettabile pratica dei rapimenti e dell’uso della violenza di genere come strumento di guerra. Poiché la protezione civile è il “battito del cuore” della missione delle Nazioni Unite, Haysom ha preso atto dei sette rapporti sui diritti umani pubblicati da UNMISS, che includono raccomandazioni per migliorare le aree sulla giustizia, la responsabilità e la riconciliazione.

Inoltre, l’UNMISS ha chiesto al quartier generale delle Nazioni Unite di condurre uno studio sulle capacità per valutare se sia opportuno rafforzare gli schieramenti in uniforme nell’ambito del suo mandato autorizzato prima del ciclo elettorale. “Queste priorità si rafforzano a vicenda”, ha affermato Haysom. “C’è ancora tempo sufficiente per raggiungere gli ideali, gli obiettivi e le tempistiche stabilite nell’accordo di pace. Vogliamo ancora credere che i sud sudanesi sfrutteranno al massimo questa opportunità in rapida chiusura”. Notando che gli shock climatici e i conflitti continuano a influenzare la situazione umanitaria, Haysom ha affermato che l’attuale piano di risposta da 1,7 miliardi di dollari per raggiungere 6,8 milioni di persone bisognose, rimane finanziato solo per il 3%.

Tareq Talahma, Acting Director of Operations and Advocacy Division in the Office for the Coordination of Humanitarian Affairs, briefs the Security Council meeting on the situations in the Sudan and South Sudan. (UN Photo/Rick Bajornas)

Elaborando l’attuale peggioramento della situazione in South Sudan, anche Tareq Talahma, Direttore ad interim della Divisione operazioni e advocacy presso l’Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA), ha affermato che i bisogni record stanno crescendo. Nel 2023, 9,4 milioni, il 76% della popolazione del Sud Sudan, potrebbe aver bisogno di aiuti umanitari. Si stima che 7,8 milioni di persone possano affrontare l’insicurezza alimentare, molte delle quali devono affrontare condizioni catastrofiche, tra cui oltre 1,2 milioni di bambini sotto i cinque anni che soffrono di malnutrizione acuta. Per affrontare la situazione attuale e le preoccupazioni in corso, martedì anche il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite esaminerà l’ultimo rapporto sul Sud Sudan.

La riunione del Consiglio di Sicurezza è poi proseguita a porte chiuse. Alla fine, allo stake out è giunto l’inviato speciale Nicholas Haysom, per rispondere alle domande. Dopo aver detto che le recenti visite di pellegrinaggio ecumenico in Sud Sudan di Papa Francesco e altri leader religiosi come l’arcivescovo di Canterbury e il Moderator di Scozia, sono state molto importanti per l’appello alla riconciliazione e alla pace, ha risposto anche sugli eventi degli ultimi giorni, e cioè la rimozione del ministro della Difesa e come questo atto vada contro gli accordi del processo di pace.

Nicholas Haysom (front), Special Representative of the Secretary-General and Head of the United Nations Mission in South Sudan, briefs reporters after the Security Council meeting on the situations in the Sudan and South Sudan. Behind Mr. Haysom is Farhan Haq, Deputy Spokesperson for the Secretary-General. (UN Photo/Rick Bajornas)

Preoccupato?

“Questo problema è stato messo in risalto oggi dal rappresentante del Sud Sudan, in cui ha chiesto il supporto internazionale per aiutare il suo paese. Io nella mia presentazione ho chiesto moderazione affinché ci sia uno spirito di compromesso per risolvere la questione. Non posso dire di più perché non conosco le ragioni per questi cambiamenti o rimozioni nel governo. Tranne che, e questo lo posso dire, in effetti sembra una forma di rottura degli accordi di pace”.

Possibile tenere le elezioni entro il 2024?

“Sì, è possibile se ci sarà la volontà politica. Non posso  dire se questa ci sia, ma sicuramente ci sono le possibilità per i compromessi che andrebbero fatti. Però questa finestra di opportunità si sta per chiudere, più tempo passa e più sarà difficile. Ci sono due tipi di condizioni che devono essere raggiunte. Prima ci devono essere le condizioni tecniche per le elezioni, la costruzione di una struttura che possa essere in grado di condurle a termine. Cioè che tutti possano riconoscerle come elezioni libere, che riflettano il modo in cui la gente ha votato. Ma questo non risolve quella che è la condizione più importante: la presenza di un necessario ambiente politico, in cui il paese possa sopportare una robusta competizione politica. Penso che si potrebbe sostenere che questo ambiente non esiste in questa fase e che quindi bisogna creare e poi espandere uno spazio politico e civico. Vorrei anche dire che i sud sudanesi hanno preso l’impegno di cambiare la loro costituzione, cioè l’accordo con cui si possa vivere insieme in un paese dove ci sono state due guerre civili in dieci anni. Quindi è importante che riescano a trovare il modo di scoprire un destino comune. Perché più importante delle elezioni, sono le fondamenta per una società stabile dopo le elezioni”.

Dopo lo stake out, lo avviciniamo per ulteriori domande.

Nicholas Haysom, Special Representative of the Secretary-General and Head of the United Nations Mission in South Sudan, briefs reporters after the Security Council meeting on the situations in the Sudan and South Sudan. (UN Photo/Rick Bajornas)

Mr. Haysom, non crede che ci sia poca attenzione internazionale per le sorti del Sud Sudan? C’erano veramente pochi giornalisti oggi ad aspettarla fuori…

“Sì, l’attenzione sul Sud Sudan è caduta. C’è un termine all’intensità di attenzione che i paesi e le opinioni pubbliche possono dare, e anche le crisi nel Corno d’Africa hanno contribuito, sia in Somalia e soprattutto in Etiopia. Per questo ora il processo di pace in South Sudan viene sentito come meno urgente rispetto ad altri processi di peace making. Ma ovviamente è un errore, la verità è che nel Sud Sudan ci sono sfide enormi e pericolose ancora da affrontare.  Ovviamente si vedono le conseguenze sugli aiuti umanitari e il supporto nello sviluppo che il Sud Sudan ha bisogno per uscire da questo tipo di crisi”.

Che fare allora?

“Penso che da parte mia sia importante enfatizzare quanto il paese sia cruciale per la geopolitica regionale,  è infatti al centro di una delle regioni più instabili dell’Africa e forse del mondo. Se il Sud Sudan implode, ci sarà un effetto su tutta la regione. Quindi non dovrebbe essere ignorato e lasciato a se stesso, bisogna farlo restare coinvolto nel processo di pace”.

Dopo questa riunione del Consiglio di Sicurezza, di cui buona parte è stata a porte chiuse, tornerà in Africa più o meno ottimista?  Il Consiglio di Sicurezza le apparso unito sulle questioni per cercare di salvare dalla catastrofe il paese più giovane dell’ONU?

“Ho notato un buon grado di unità nel Consiglio di Sicurezza, non accade spesso. La competizione geopolitica tra Cina, Russia e gli altri membri permanenti porta a divisioni anche su questioni che non dovrebbero. Per fortuna, penso che il Sud Sudan non sia una vittima di questa competizione”.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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