Avete mai sentito di una riunione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu in cui un relatore, verso la fine del suo intervento, si mette a cantare come Martin Luther King? E’ quello che è successo martedì pomeriggio al Palazzo di Vetro dell’ONU, ma a cantare invitato dalla Russia non c’era Roger Waters dei Pink Floyd, ma Raymond McGovern, per 27 anni analista della Cia e uomo che è stato al top dell’agenzia sull’intelligence nei confronti dell’Unione Sovietica.
C’erano pochissimi giornalisti ad attendere fuori i protagonisti di questa inedita e a tratti spettacolare riunione, con i “fuochi d’artificio” che sono esplosi nella sala del Consiglio durante il dibattito voluto dalla Russia per richiedere che siano le Nazioni Unite a guidare le indagini sulle esplosioni dello scorso settembre lungo i gasdotti Nord Stream nel Mar Baltico.
La riunione è scaturita dopo il presunto “scoop” del giornalista d’inchiesta Seymour Hersh, che nel suo blog ha pubblicato due settimane fa un articolo in cui si accusano gli Stati Uniti: secondo la “fonte” di Hersh, il presidente Joe Biden avrebbe ordinato l’attentato ai gasdotti.
Ma andiamo per ordine.
All’inizio della discussione, il sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli affari politici e di consolidamento della pace, Rosemary DiCarlo, ha cercato di abbassare i toni della discussione, esortando tutte le parti a “mostrare moderazione ed evitare qualsiasi speculazione” data la delicatezza della questione.

“Dovremmo evitare qualsiasi accusa infondata che potrebbe intensificare ulteriormente le già elevate tensioni nella regione e potenzialmente inibire la ricerca della verità”, ha affermato Di Carlo.
Allo stesso tempo, DiCarlo ha spiegato che le Nazioni Unite “non sono in grado di verificare o confermare alcuna delle affermazioni relative a questi incidenti e attendiamo i risultati delle indagini nazionali in corso”. Infatti ci sono tre paesi, Danimarca, Svezia (nelle cui acque i gasdotti sono esplosi) e la Germania (alla quale era diretto il gas russo) che stanno svolgendo delle indagini.
We await the findings of ongoing national probes into the explosions that hit #NordStream 1 and 2 last September. All concerned should avoid escalating tensions in the region and potentially inhibiting the search for the truth. https://t.co/VOZiNs7oQF
— Rosemary A. DiCarlo (@DicarloRosemary) February 21, 2023
Di Carlo ha detto dal canto suo che i risultati preliminari delle indagini in corso mostrano “danni ingenti”, segni di “sabotaggio grave” e “oggetti estranei” sequestrati nel sito. DiCarlo ha affermato che mentre non è ancora chiaro esattamente cosa sia successo sotto le acque del Mar Baltico nel settembre 2022, “una cosa è certa: qualunque sia stata la causa dell’incidente, le sue ricadute contano tra i tanti rischi che l’invasione dell’Ucraina ha scatenato”.
A un anno dall’inizio della guerra, ha concluso DiCarlo, “dobbiamo raddoppiare i nostri sforzi per porvi fine, in linea con il diritto internazionale e la Carta delle Nazioni Unite”.
Quando la parola è passata agli esperti chiamati dalla Russia a intervenire, il primo era ben noto al Consiglio di Sicurezza: il Prof. Jeffrey Sachs, Direttore del Center for Sustainable Development della Columbia University. Un esperto di sviluppo sostenibile, che interviene spesso all’ONU, ma che questa volta ha sottolineato le drammatiche conseguenze ambientali dell’esplosione chiamandola un “atto di terrorismo con conseguenze gravi sulla pace”. Per Sachs toccherebbe proprio al Consiglio di Sicurezza assicurare che i responsabili “siano individuati e portati davanti ai tribunali internazionali”. Per Sachs i colpevoli dovranno “risarcire i danni del disastro provocato”.

Per l’autorevole accademico della Columbia University la distruzione dei gasdotti Nord Stream ha richiesto un livello molto elevato di pianificazione, competenza e capacità tecnologica, quindi solo una manciata di attori a livello statale poteva possedere sia la capacità tecnica che l’accesso al Mar Baltico per portare a termine questa azione. “Questi includono la Federazione Russa, gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Polonia, la Norvegia, la Germania, la Danimarca e la Svezia, individualmente o in qualche combinazione”. Per Sachs, l’Ucraina non dispone delle tecnologie necessarie, così come dell’accesso al Mar Baltico. Sachs ha osservato che un recente rapporto delle agenzie di intelligence dei paesi della NATO avrebbero concluso che non ci sono prove che la Federazione Russa abbia compiuto l’attentato. Secondo Sachs, tra Danimarca, Germania e Svezia, è quest’ultima che dovrebbe avere più informazioni da raccontare al mondo sulla scena del crimine, “ma ha tenuto segreti i risultati delle sue indagini al resto del mondo”. Secondo Sachs “il Consiglio deve richiedere a quei paesi di consegnare immediatamente i risultati delle loro indagini”.
Sul resoconto dettagliato del giornalista investigativo Seymour Hersh, il prof. della Columbia ha affermato che attribuisce la distruzione del Nord Stream a una decisione ordinata dal presidente degli Stati Uniti Biden e portata avanti da agenti statunitensi in un’operazione segreta. L’amministrazione Biden ha descritto l’inchiesta di Hersh come “completamente e totalmente falsa”, ma non ha offerto “alcuna informazione che contraddica l’account di Hersh e/o alcuna spiegazione alternativa”. Alla fine Sachs ha chiuso notando che il mondo sarà al sicuro solo quando i membri permanenti del Consiglio lavoreranno insieme diplomaticamente per risolvere le crisi globali, compresa la guerra in Ucraina e le crescenti tensioni nell’Asia orientale.

Dopo Sachs ecco lo “scintillante” intervento di Raymond McGovern, presentato come ex analista della Cia e “attivista politico”. In effetti McGovern è conosciuto per aver denunciato in passato l’intervento degli USA in Iraq del 2003 “basato sulle menzogne”. Nel suo intervento, ha accettato la definizione di “attivista politico”, dicendo “questo è il mio modo di ripagare per tutto quello che ho imparato dopo 27 anni di lavoro nell’intelligence degli Stati Uniti”.
McGovern ha prima cercato di dimostrare come in passato il giornalista Seymour Hersh (vincitore del Pulitzer!) sia stato sempre attendibile mentre quando la Cia ha cercato di screditare l’articolo “non mi sembra che possa godere di credibilità per le sue Pr”. McGovern ha ricordato l’episodio, avvenuto proprio venti anni prima nella sala del Consiglio di Sicurezza, di quando Colin Powell presentò le “prove” fornite dalla Cia sull’Iraq di Saddam Hussein, che provavano che avesse ancora “armi di distruzione di massa”. “Proprio pochi giorni prima di quella riunione, Newsweek aveva ricevuto una soffiata su un documento della Cia che provava che l’agenzia aveva saputo che l’Iraq aveva eliminato già prima del 1995 tutte le sue WMD. Ma quando uscì l’articolo, ecco che nel 2003 la Cia smentì il documento, e tutti i giornali gli credettero!”. La sostanza del discorso di McGovern è che ora la Cia e altre agenzie governative degli USA starebbero seguendo lo stesso spartito con l’articolo di Hersh. A questo punto l’ex agente della Cia ha spiegato: “Persone come me hanno giurato di difendere la Costituzione degli Stati Uniti dai nemici esterni e interni”. Per McGovern, la “fonte” di Hersh probabilmente è qualcuno che ha partecipato attivamente all’operazione della Cia e che ora si serve del pluripremiato e credibile giornalista per agire e difendere la Costituzione.
McGovern, ha proseguito sostenendo che bisogna capire cosa veramente preoccupava Putin. “La ragione per la quale annesse la Crimea nel 2014, lo disse lui stesso: per il colpo di stato che c’era stato a Kiev”. Secondo l’ex analista della Cia, esperto di armamenti nucleari per le amministrazioni Nixon, Ford, Carter, Reagan e Bush, e che lavorò proprio sulla firma dei trattati per il controllo degli armamenti nucleari tra Washington e il Cremlino, il regime in Russia era furioso non solo dell’espansione della NATO e che l’Ucraina ne potesse far parte, ma soprattutto nel sapere che armi strategiche nucleari “già nel territorio della Romania e della Polonia, potevano essere trasferite facilmente in Ucraina”.

Alla fine McGovern, che non aveva un discorso preparato ma leggeva da vari appunti, ha richiesto tutta l’attenzione del Consiglio di Sicurezza nell’ascoltarlo mentre cantava la canzone di Martin Luther King intonando: ‘We are going to keep on moving forward, never turning back. We are going to keep on loving our enemies, never turning back” (Continueremo ad andare avanti, senza tornare indietro. Continueremo ad amare i nostri nemici, senza tornare indietro). L’ex analista della Cia ha terminato quasi implorando il Consiglio di Sicurezza a cercare una soluzione pacifica ed evitare l’abisso di un conflitto nucleare.
Quando la parola è passata all’ambasciatore russo Vassily Nebenzia, nei pochi secondi di pausa, il Consiglio è apparso tanto sorpreso quanto turbato dalla scena che aveva appena assistito.
“Non siamo qui per istituire un processo in Consiglio di sicurezza”, ha detto nel suo intervento l’ambasciatore russo Nebenzia, spiegando che Mosca sta presentando una richiesta per un’indagine indipendente alla luce dei dubbi sull’integrità e la trasparenza di Danimarca, Germania e Svezia nelle loro indagini in corso. L’ambasciatore russo ha quindi chiesto che sia il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ad occuparsi delle indagini sui gasdotti esplosi: “è qualcuno di cui ci fidiamo”.
Nel suo intervento, l’ambasciatore russo, riferendosi anche all’articolo di Hersh, ha sostenuto che ci sarebbero prove “che gli esplosivi erano stati piantati” vicino all’oleodotto durante un’esercitazione della NATO nell’estate del 2022. “Questo giornalista sta dicendo la verità”, ha detto Nebenzia ai membri del Consiglio. “Questa è più di una semplice pistola fumante che i detective adorano nei successi di Hollywood. È un principio fondamentale di giustizia; tutto è nelle vostre mani e possiamo risolverlo oggi”.
L’ambasciatore statunitense John Kelley, che sedeva al posto della titolare Linda Thomas Greenfield, ha replicato affermando che “l’incontro di oggi è un palese tentativo di distrarre” dall’imminente riunione di emergenza dell’Assemblea generale che segnerà un anno dall’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca il 24 febbraio 2022. “Questo è ciò su cui dovremmo concentrarci”, ha detto il rappresentante degli USA, “la Russia sta cercando disperatamente di cambiare argomento”. Poi il diplomatico statunitense ha accusato la Russia di “abusare della sua posizione di membro del Consiglio” per aver utilizzato questa piattaforma per trasmettere teorie del complotto scritte su internet (l’articolo di Hersh è stato pubblicato sul blog del giornalista).

Poi il diplomatico americano ha ribadito che le accuse secondo cui gli Stati Uniti sarebbero stati coinvolti in atti di sabotaggio “sono completamente false”, sottolineando che le risorse per le indagini delle Nazioni Unite dovrebbero essere preservate quando gli Stati non vogliono o non sono in grado di indagare, a differenza delle attuali indagini in corso, riferendosi ai lavori che stanno svolgendo Danimarca, Svezia e Germania.
Quando la riunione è finita, nessuno degli ambasciatori è venuto ai microfoni dello stake out, così seguiamo l’ambasciatore russo Nebenzia nei corridoi dell’ONU per porgli delle domande.

Ambasciatore, è soddisfatto di come è andata oggi la riunione al Consiglio di Sicurezza?
“Dalla riunione si è visto che non hanno nulla da dire. Sono loro che provano a cambiare l’argomento su altre questioni, facendo finta che quella dei gasdotti non sia una cosa seria. Invece è serissima, ed è diventata molto più seria di quella che si pensava fosse all’inizio”.
Come l’è sembrato l’intervento di Rosemary DiCarlo?
“Quando vogliono, si affrettano a fare le indagini, anche su questioni che sono al di fuori delle prerogative delle Nazioni Unite. Qui noi vogliamo avere i risultati delle investigazioni, di cui finora non sappiamo nulla. Perché i paesi che stanno conducendo queste indagini non ci informano di nulla. Soltanto Seymour Hersh, che ha scritto delle informazioni, le ha condivise con il pubblico. Invece non sappiamo nulla di cosa Danimarca, Germania e Svezia stanno facendo con le indagini. Rifiutano di cooperare con noi”.
Ambasciatore ha avuto contatti con Hersh?
“No, e poi quando noi invitiamo qualcuno al Consiglio di Sicurezza, alla fine resta una loro decisione se venire o meno. Noi non gli diciamo mai cosa dire. Non l’abbiamo fatto con Jeffrey Sachs né con Raymond McGovern. La scelta di venire e di cosa parlare è stata la loro. Noi gli abbiamo chiesto di venire perché volevamo che dessero valore con il loro contributo a quello di cui si stava discutendo”.
McGovern, l’ex analista della Cia, ha parlato anche di altro. Ha fatto intendere che se non si cambierà atteggiamento si rischia il conflitto nucleare…
“Mi ha impressionato. Mi ha colpito”.

Incontriamo anche l’ambasciatore Ronaldo Costa Filho, “titolare” del Brasile, uno dei pochi che ha partecipato alla riunione, dove quasi tutti i capi missione erano sostituiti da vice o anche da diplomatici mai visti prima (alla presidenza di Malta non c’era neanche l’ambasciatrice Vanessa Frazier, sostituita dal vice Darren Camilleri). All’ambasciatore brasiliano chiediamo se la riunione è stata una perdita di tempo o se la questione per il suo paese fosse importante. “Sì lo era. Le persone parlavano tra di loro, e questo non è mai una perdita di tempo. Per il Brasile tutto quello che si discute al Consiglio di Sicurezza è importante. Per questo vogliamo anche una riforma del Consiglio di Sicurezza, perché ha dei problemi. Noi vogliamo una riforma perché attribuiamo molta importanza a questo organo dell’Onu”.