Ogni volta che il Segretario Generale dell’ONU Antonio Guterres deve intervenire sulle disastrose conseguenze del cambiamento climatico, sembra che debba alzare l’asticella nella scelta del suo “tempestoso” vocabolario. Ma non ci sembra che il Palazzo di Vetro cominci a tremare di fronte a questi proclami, anzi i maggiori paesi membri dell’ONU – e quindi anche le opinioni pubbliche mondiali – sembrano ormai abituarsi agli annunci dai toni “apocalittici”. È come fossimo tutti precipitati nella favola di “al lupo al lupo”, senza che nessuno ricordi più come andò a finire.
Proprio lunedì il Segretario Generale dell’ONU aveva avvertito l’Assemblea Generale che molti tra gli Obiettivi dello sviluppo sostenibile erano finiti “fuori strada”, quindi incluso il numero 13, quello sul “Climate Change”.
Neanche 24 ore da quel discorso, e Guterres era atteso al Consiglio di Sicurezza per la riunione, voluta dalla presidenza di turno maltese, sull’innalzamento dei mari, questione ovviamente legata al cambiamento climatico perché causata dallo scioglimento dei ghiacciai. L’innalzamento dei mari infatti porrebbe rischi “impensabili” a miliardi di persone in tutto il mondo, con profonde implicazioni per la sicurezza, il diritto internazionale, i diritti umani e il tessuto stesso delle società, e per questo martedì il Consiglio di sicurezza ha tenuto il primo dibattito in assoluto sulle implicazioni globali del fenomeno.

Seduto per l’occasione nel seggio della presidenza di Malta, nazione “isolana” e quindi “a rischio”, c’era il ministro degli Esteri maltese Ian Borg, con dietro l’ambasciatrice Vanessa Frazier.
Così Guterres, che come di consueto ha aperto la riunione, ha iniziato dicendo che ”l’impatto dell’innalzamento del mare sta già creando nuove fonti di instabilità e conflitto”, notando che le coste di alcune nazioni hanno già visto il triplo del tasso medio di innalzamento del livello del mare. Quindi il Segretario dell’ONU ha avvertito che, nei prossimi decenni, alcune comunità – e interi paesi – potrebbero scomparire per sempre.
“Assisteremmo a un esodo di massa di intere popolazioni su scala biblica e vedremmo una competizione sempre più agguerrita per l’acqua dolce, la terra e altre risorse”, ha avvertito Guterres. Dichiarazioni da apocalisse, ma non crediamo che i telegiornali della sera occidentali apriranno con le parole del Segretario Generale, e chissà se troveranno posto in coda alle notizie.
Descrivendo l’innalzamento del livello del mare come un moltiplicatore di minacce, il Segretario generale ha insistito, affermando che il fenomeno mette a rischio anche l’accesso all’acqua, al cibo e all’assistenza sanitaria. Nel frattempo, l’intrusione di acqua salata può decimare posti di lavoro e intere economie in settori come l’agricoltura, la pesca e il turismo, e può danneggiare o distruggere infrastrutture vitali, come sistemi di trasporto, ospedali e scuole.
Secondo i dati recentemente rilasciati dall’Organizzazione meteorologica mondiale (WMO), i livelli medi globali del mare sono aumentati più rapidamente dal 1900 rispetto a qualsiasi secolo precedente negli ultimi 3000 anni. Per il WMO, anche se il riscaldamento globale è “miracolosamente” limitato a 1,5 gradi, il pianeta vedrà comunque un aumento considerevole del livello dell’acqua marina.
Guterres ha quindi avvertito il Consiglio di sicurezza che, in qualsiasi scenario di aumento della temperatura, i paesi dal Bangladesh alla Cina, all’India e ai Paesi Bassi saranno tutti a rischio. E forse, per far fischiare le orecchie a chi finora è rimasto poco scosso da certi appelli, Guterres ha poi indicato la lista delle megalopoli di ogni continente che andranno a finire sotto il mare, così oltre a rimbombare in sala i nomi de il Cairo, Lagos, Bangkok, Mumbai, Shanghai, Londra, Buenos Aires… ecco che ad un certo punto spunta anche New York!
Tra mezzo secolo vedremo spuntare dal mare solo il braccio e la corona della Statua della Libertà?

Il pericolo quindi, secondo il rapporto di Guterres, si presenta già oggi e con tutta la sua gravità per circa 900 milioni di persone che vivono nelle zone costiere a bassa quota, una persona su dieci sulla terra. La devastazione è già evidente in molte parti del mondo, ha affermato il Segretario Generale, osservando che l’innalzamento dei mari ha già decimato i mezzi di sussistenza nel turismo e nell’agricoltura nei Caraibi.
L’innalzamento del livello del mare e altri impatti climatici stanno già costringendo le persone a trasferirsi dalle Fiji, Vanuatu, nelle Isole Salomone e altrove. In tale contesto, Guterres ha chiesto un’azione su più fronti, tra cui l’ampliamento della comprensione da parte della comunità globale delle cause profonde dell’insicurezza e l’affrontare gli impatti dell’innalzamento del mare attraverso i quadri legali e dei diritti umani. “I diritti umani delle persone non scompaiono perché lo fanno le loro case”, ha sottolineato Guterres.
Subito dopo, è intervenuto anche l’ungherese Csaba Kőrösi, l’attuale Presidente dell’Assemblea Generale, ricordando che il cambiamento climatico è”la più grande sfida della nostra generazione”.
Addressed the Security Council on the security implications of sea-level rise.
We know the risks, & we see the instabilities that we are going to face.
It is critical to invest in prevention today, rather than address the implications of food scarcity & mass migration tomorrow. pic.twitter.com/2S7mR9PgQW
— UN GA President (@UN_PGA) February 14, 2023
Citando le proiezioni secondo cui tra 250 e 400 milioni di persone probabilmente avranno bisogno di nuove case in nuove località in meno di 80 anni, Kőrösi ha anche avvertito di impatti devastanti per i “cestini del pane” del mondo, in particolare i fertili delta lungo il Nilo, il Mekong e altri fiumi. Nel frattempo, l’innalzamento del livello del mare indotto dal clima sta anche provocando nuove questioni legali che sono al centro stesso dell’identità nazionale e statale.
Il Presidente dell’Assemblea Generale ha esortato il Consiglio di Sicurezza a riconoscere l’importanza dell’azione per il clima come strumento chiave per la costruzione della pace, sottolineando che i dati e le strutture per difendersi dalla minaccia a livello del mare esistono già. “Ciò che è necessario ora – come sempre – è la volontà politica di agire”, ha affermato il presidente dell’UNGA77.
Bogdan Aurescu, ministro degli Esteri della Romania e copresidente del gruppo di studio sull’innalzamento del livello del mare nella Commissione di diritto internazionale, ha convenuto che il livello del mare legato ai cambiamenti climatici rappresenta un rischio reale per oltre i due terzi degli Stati membri delle Nazioni Unite. Delineando una serie di implicazioni per l’innalzamento del livello del mare, Aurescu ha affermato che le coste vengono “spinte” verso l’interno, influenzando le linee di base da cui vengono misurate le zone marittime dei paesi e quindi minacciando l’accesso dei paesi alle risorse.
Sebbene siano disponibili diverse azioni per proteggere le coste dei paesi, comprese le barriere fisiche, i loro costi rimangono fuori portata per molti dei paesi più colpiti. Aurescu ha sottolineato la necessità di sfruttare meglio il diritto internazionale per sostenere i paesi più a rischio dall’innalzamento del livello del mare, sottolineando che la Commissione di diritto internazionale ha recentemente aggiunto il tema “Innalzamento del livello del mare in relazione al diritto internazionale” nella sua agenda.

Tra le altre minacce, Aurescu ha affermato che sono necessari sforzi urgenti per evitare possibili situazioni di “apolidia de facto”, anche preservando i diritti fondamentali e le identità delle persone costrette a fuggire dai loro paesi d’origine a causa del cambiamento climatico.
Al Consiglio di sicurezza è intervenuta anche Coral Pasisi, direttrice per i cambiamenti climatici della Comunità del Pacifico e presidente dell’organizzazione non governativa Tofia Niue, avvertendo che, entro il 2050 – “durante la vita dei nostri figli e nipoti” – l’innalzamento del livello del mare avrà superato almeno un metro per la maggior parte dei piccoli Stati insulari in via di sviluppo, uno spostamento che durerà per migliaia di anni. Pasisi ha anche espresso la speranza che l’Assemblea generale adotti presto una risoluzione, proposta da Vanuatu, che richieda un parere consultivo della Corte internazionale di giustizia sugli obblighi degli Stati nei confronti del cambiamento climatico.
Anche l’Italia è intervenuta al dibattito del Consiglio di Sicurezza, convinta che “dobbiamo aumentare la consapevolezza sulla minaccia esistenziale rappresentata dall’innalzamento del livello del mare, che può portare alla permanente sommersione della terraferma e alla scomparsa di intere aree costiere in tutto il mondo”. L’Italia, che era rappresentata dall’Ambasciatore Maurizio Massari, ritiene pertanto “che ogni organo delle Nazioni Unite, attraverso un’azione multilaterale coordinata, dovrebbe affrontare le implicazioni negative del cambiamento climatico. Ciò andrebbe a vantaggio sia degli Stati membri che delle organizzazioni regionali nel intensificare l’azione per il clima al fine di rispettare gli impegni internazionali. Allo stesso modo, il Consiglio di sicurezza dovrebbe affrontare le conseguenti implicazioni per la sicurezza, come quelle causate dall’innalzamento del livello del mare”. Secondo l’Italia si deve anche “continuare ad affrontare le implicazioni legali dell’innalzamento del livello del mare. L’Italia loda il lavoro del gruppo di studio della Commissione di diritto internazionale, ricordando la centralità del quadro normativo sancito dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare”.

L’ambasciatrice degli USA Linda Thomas-Greenfield ci ha provato a dare l’impressione ai giornalisti che attendevano fuori, che il suo paese si sta rimboccando le maniche e prende gli allarmi del Segretario Generale seriamente. Thomas-Greenfield ha detto ai microfoni dello “stake out” che “la scorsa settimana ho visitato il Langley Research Center della NASA, dove ho visto il lavoro dei nostri scienziati in prima linea nella ricerca sul clima. I satelliti della NASA forniscono dati open source e pubblicamente disponibili sulla terraferma, sulla temperatura dell’acqua, sul tempo e sul clima della Terra”. Quindi la diplomatica americana ha spiegato: “L’obiettivo è semplice: fornire le informazioni di cui tutti hanno bisogno per lavorare collettivamente e per proteggere il nostro ambiente…. ora oggi, ci incontriamo qui al Consiglio di sicurezza per discutere la minaccia alla pace e alla sicurezza che l’innalzamento del livello del mare pone a tutte le nostre comunità. Il mio punto è questo: la crisi climatica è in prima linea nella nostra agenda e rimarrà una delle nostre massime priorità nel 2023. È una questione su cui stiamo lavorando a tutti i livelli del nostro governo. E come hai visto durante i miei viaggi, è una priorità per me ovunque io vada”.
Thomas Greenfield ha continuato: “Questo sta accadendo in tutto il mondo, proprio in questo secondo. Le coste delle piccole nazioni insulari e le zone costiere basse sono inondate causando danni e dislocazioni su scala drammatica. Ciò ha il potenziale per interrompere la pace e la sicurezza e esacerbare l’insicurezza e i conflitti esistenti. Da parte nostra, gli Stati Uniti stanno lavorando con le comunità vulnerabili all’innalzamento del livello del mare in patria e coinvolgendo gli stati vulnerabili all’estero. Attraverso lo storico Inflation Reduction Act, il più grande investimento per il clima nella storia degli Stati Uniti, siamo sulla buona strada per rispettare gli impegni previsti dall’accordo di Parigi”.
Quindi ha assicurato che gli USA “a livello internazionale, stiamo esortando i principali emettitori ad aumentare le loro ambizioni e raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi. E il piano di emergenza per l’adattamento e la resilienza del presidente – PREPARE – sta anche aiutando i paesi in via di sviluppo vulnerabili ad adattarsi e gestire l’impatto dei cambiamenti climatici, compreso l’innalzamento del livello del mare. Ma dobbiamo fare di più. Dobbiamo fare di più. E dobbiamo fare di più insieme. Questo Consiglio deve prenderne atto e dobbiamo agire. Voglio ringraziare tutti voi. E con ciò non vedo l’ora di rispondere a un paio di domande”.
Ma le due domande concesse, invece, sono state entrambe sul terremoto e gli aiuti per la Siria e cosa farà il Consiglio di Sicurezza se continuano le difficoltà. E l’Apocalisse che sta arrivando dal mare? Per quella, almeno da quello che si percepisce tra i media al Palazzo di Vetro, ci sarà un’altra occasione per le domande…