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UNHCR, Filippo Grandi al Consiglio di Sicurezza: “Più aiuti per i rifugiati”

Con gli sfollati nel mondo che hanno superato il numero record di 103 milioni, l'Alto Commissario ONU indica, oltre che nei conflitti, nel clima la causa della crisi

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Time: 5 mins read

Dopo aver martedì informato il Terzo Comitato (Sociale, Umanitario e Culturale) dell’Assemblea Generale, Filippo Grandi, Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), si è presentato mercoledì davanti ai Quindici del Consiglio di Sicurezza per riaffermare che “sebbene il clima, gli effetti duraturi del COVID-19 e la crisi del costo della vita abbiano tutti gravi conseguenze sull’aumento dei rifugiati, l’incapacità della comunità internazionale prevenire o risolvere i conflitti continua a essere il principale motore dello sfollamento”.

Attualmente oltre 103 milioni di persone nel mondo sono sfollate, e per Grandi è l’invasione russa dell’Ucraina che ha portato a una delle crisi di rifugiati più gravi dalla Seconda guerra mondiale, sfollando 14 milioni di persone i pochi mesi.

Filippo Grandi durante la riunione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU (da youtube)

Grandi ha elogiato l’approccio dell’Europa ai rifugiati, aggiungendo che la sua risposta inclusiva dissipa le affermazioni dei politici secondo cui l’Europa è piena e non può accettare di più. Ma per Grandi ci sono altre crisi che non ricevono la stessa attenzione dell’Ucraina e ha messo in luce 850.000 persone sfollate a causa del conflitto nel Tigray, in Etiopia, e 500 mila persone sfollate in Myanmar negli ultimi mesi a causa delle persecuzioni del potere militare che si accumulano al milione di rifugiati rohingya al confine col Bangladesh. Affrontando gli sfollamenti causati dal clima, ha indicato la regione africana del Sahel, dove tre milioni di persone sono state sradicate dal cambiamento climatico, dalla povertà, dal governo debole e dalle attività dei gruppi armati, nonché “dalla reazione spesso brutale dei governi”. Le inondazioni in Pakistan, un paese che già ospita molti rifugiati afgani, così come altre regioni colpite, tra cui il Corno d’Africa, DRC, l’America Latina, il Sud-est asiatico e il Medio Oriente. Per quanto riguarda il budget della sua agenzia, ha affermato che normalmente riceve $ 5 miliardi da donatori bilaterali e multilaterali, ma questo deve aumentare, poiché la guerra in Ucraina ha aumentato la sua spesa di oltre $ 1 miliardo e gli attuali finanziamenti mancano di $ 700 milioni.

Per Grandi le risposte al cambiamento climatico devono anche considerare il suo legame sia con il conflitto che con lo sfollamento che provoca, esprimendo la speranza che queste dimensioni “saranno più chiaramente a fuoco” alla conferenza COP27 delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che si aprirà questo fine settimana in Egitto, e alla successiva conferenza tra un anno.

“Temo che senza maggiore attenzione e finanziamenti molto maggiori per prevenzione, adattamento e supporto allo sviluppo e alla governance – le tensioni, le frustrazioni, la concorrenza aumenteranno e accenderanno conflitti più ampi, con conseguenze mortali, incluso lo sfollamento”, ha affermato.

Il capo dei rifugiati delle Nazioni Unite è stato in Somalia la scorsa settimana dove ha incontrato donne, uomini e bambini emaciati colpiti dal conflitto e dalla storica siccità nel Corno d’Africa. I rifugiati dal paese sono stati spinti nelle aree colpite dalla siccità del vicino Kenya.

UN High Commissioner for Refugees, Filippo Grandi, interacts with an internally displaced family in South Galkayo in Somalia. (Photo UNHCR/Samuel Otieno )

“La confluenza tra cambiamento climatico e conflitto ha creato sfollamenti molto prolungati: quindi, l’inclusione e, ove possibile l’integrazione, sia nei contesti dei rifugiati che nelle situazioni di sfollamento interno, sono importanti misure di costruzione della pace che richiedono un maggiore riconoscimento e sostegno internazionale”, ha detto Grandi al Consiglio .

Grandi ha affermato di aver usato l’emergenza climatica e la sua connessione con il conflitto e lo sfollamento per trasmettere l'”enorme complessità” delle crisi dei rifugiati di oggi. Il personale dell’UNHCR ha risposto a 37 emergenze in tutto il mondo solo negli ultimi 12 mesi, in paesi come l’Afghanistan, la Repubblica Democratica del Congo, l’Etiopia, il Myanmar e la Siria.

Nel frattempo, l’invasione russa dell’Ucraina ha costretto circa 14 milioni di persone a fuggire dalle proprie case, innescando la più rapida e più grande crisi di sfollamenti degli ultimi decenni. “Gli ucraini stanno per affrontare uno degli inverni più rigidi del mondo in circostanze estremamente difficili. Le organizzazioni umanitarie hanno notevolmente intensificato la loro risposta, ma è necessario fare molto di più, a cominciare dalla fine di questa guerra insensata”, ha affermato Grandi. “Purtroppo vediamo il contrario e la distruzione causata dagli attacchi alle infrastrutture civili, che avviene mentre parliamo, sta rapidamente facendo sembrare la risposta umanitaria come una goccia nell’oceano dei bisogni”.

Filippo Grandi in Ucraina (Photo UNHCR/Andrew McConnell)

Grandi ha concluso le sue osservazioni sottolineando la necessità di agire in quattro aree, a cominciare dalle risorse. Nonostante un livello record di reddito, l’UNHCR si trova ad affrontare una grave carenza di fondi in alcune aree cruciali, come l’aiuto alimentare ai rifugiati.

Ha anche chiesto di “rafforzare seriamente la costruzione della pace” nei paesi fragili, ad esempio rafforzando la capacità della polizia, della magistratura e del governo locale e lo stato di diritto generale. Questo è fondamentale sia per risolvere lo sfollamento, consentendo ai rifugiati di tornare a casa, sia per impedire il ripetersi di conflitti.

Per il suo terzo punto, Grandi ha sottolineato che l’azione umanitaria deve essere meglio salvaguardata, poiché le minacce sono in aumento, con conseguenze mortali. Le parti in guerra devono proteggere il lavoro umanitario e consentire l’accesso alle persone bisognose. “Inoltre, tutti devono sostenere il diritto umanitario internazionale e contribuire a preservare il carattere civile delle strutture per i rifugiati, una sfida crescente in molte parti del mondo. Gli elementi armati devono essere separati dai rifugiati e gli sfollati e coloro che necessitano di protezione non devono essere confusi con i combattenti”, ha affermato Grandi.

L’Alto Commissario dell’UNHCR Filippo Grandi risponde alle domande dei giornalisti fuori dal Consiglio di Sicurezza (UN Photo/Loey Felipe)

Filippo Grandi, alla fine della riunione del Consiglio di Sicurezza, è andato allo stake-out per riassumere ai giornalisti il suo rapporto e rispondere alle loro domande (video sopra). Noi gli abbiamo chiesto perché l’Europa fosse stata così pronta ad accogliere gli sfollati ucraini mentre non lo era stata affatto con altri rifugiati di altri paesi. Forse, nel fare i complimenti all’Europa per aver saputo accogliere in poco tempo così tanti ucraini,  c’era da parte di Grandi anche un sottofondo di critica per non aver fatto altrettanto con altri rifugiati? E quindi anche cosa il capo dell’UNHCR pensasse del memorandum Libia-Italia rinnovato automaticamente proprio oggi e che invece è stato contestato da oltre 40 ong.

Nelle sue risposte, Grandi ha cercato diplomaticamente di non alimentare le polemiche. (Vedi video sopra dal min 14:50). “Non ho mai detto che l’accoglienza dei rifugiati non sia un grande problema, anche per l’Europa. Un grande numero di rifugiati che arriva da qualche parte è sempre un problema. Quello che ho detto che rispetto all’ondata di sfollati ucraini, l’Europa ha saputo confrontarsi col problema molto bene. Questo prova il punto: quando c’è la volontà politica, e quell’unità in cui tutti fanno la loro parte, è possibile confrontarsi col problema. Che è quello che abbiamo detto per anni… E’ un buon modello da usare ancora. Io sono una persona positiva: non do colpe per quello che non è accaduto, questo è avvenuto, bene. Certo non tutti gli spostamenti sono gli stessi, lo ammetto, ma possiamo prendere delle lezioni da ciò che abbiamo imparato nella crisi ucraina.  L’Europa sta ancora attraversando una complicata discussione sul patto dell’emigrazione e asilo promosso dalla Commissione Europea. Ne ha parlato nel suo discorso Ursula Von der Leyden a settembre, facendo proprio la comparazione con quello che si è imparato dalla crisi ucraina”.

Ma perché questo successo adesso con l’Ucraina e non prima? “Credo perché l’Ucraina fosse molto vicina, una guerra in Europa, l’opinione pubblica molto favorevole all’accoglienza, che capiva bene lo stretto legame tra le bombe e la fuga, credo che questo abbia facilitato. Ma quello che ho sempre detto a tutti i paesi, è che il fatto che un’ondata di profughi sia più facile da accogliere, non vuol dire che non si debba fare lo stesso con le altre. Qualche volta sarà più complicato e difficile promuovere l’integrazione etc ma si hanno gli stessi obblighi di accoglienza per tutti coloro in fuga che bussano alla nostra porta”.

Per quanto riguarda l’accordo specifico Italia – Libia, dopo che alla precedente domanda di una collega aveva ribadito che la Libia non era un paese sicuro dove poter inviare migranti e rifugiati in fuga, Grandi ha risposto: “L’ho detto così tante volte: non c’è niente di male nel rafforzare una istituzione invece che un’altra dello stato della Libia.  La guardia costiera è una istituzione necessaria dello stato libico, ma il mio punto è che se solo ti concentri nel rafforzamento della guardia costiera e non costruisci le altre istituzione allora c’è uno sbilanciamento. Rischi di avere persone riportate indietro in Libia e che non possono beneficiare di un buon stato di diritto e altre istituzioni. Quindi l’approccio deve essere bilanciato”.

 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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