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October 27, 2022
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Dejà vu per i rapporti ONU sull’occupazione israeliana dei territori palestinesi

Quello presentato dalla commissione di Navi Pillay scatena l'ambasciatore d'Israele Gilad Erdan con l'accusa di antisemitismo; quindi l'indagine di Francesca Albanese

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Dejà vu per i rapporti ONU sull’occupazione israeliana dei territori palestinesi

Gilad Erdan, Permanent Representative of Israel to the United Nations, briefs reporters. (UN Photo/Mark Garten)

Time: 5 mins read

Se c’è un costante dejà vu al Palazzo di Vetro negli oltre 75 anni di storia delle Nazioni Unite, questo è il conflitto israelo-palestinese e la ripresentazione dell’accusa di “partigianeria” che il governo israeliano fa puntualmente alle commissioni create dall’ONU per investigare il conflitto. Invece di essere “equidistanti e obiettive”, per Israele queste vengano create solo per condannare lo stato israeliano, senza mai mettere in risalto gli attacchi terroristici di Hamas e di altre organizzazioni terroristiche palestinesi.

Giovedì il deja vu è iniziato di prima mattina, quando l’ambasciatore israeliano Gilad Erdan ha convocato i giornalisti al Palazzo di Vetro prima della presentazione del rapporto di una commissioni delle Nazioni Unite formata da tre esperti che il capo della missione diplomatica d’Israele, questa volta, ha bollato di “anti semitismo”.

Erdan ha condannato il rapporto, affermando che ha attribuito a Israele la responsabilità di ogni aspetto del conflitto. “Il rapporto, proprio come la commissione che lo ha scritto e il Consiglio (quello dei diritti umani, ndr) che lo ha nominato, è illegittimo”, ha affermato Erdan. Poi la stoccata finale: forse l’ONU potrebbe “imparare dall’Adidas quando si tratta di assumere sfacciati antisemiti”. Erdan qui si riferiva al gigante delle scarpe che ha lasciato cadere i prodotti Kanye West dopo i suoi recenti commenti antisemiti.

I tre componenti della Commissione, accusati di antisemitismo, sono la sudafricana  Navy Pillay, l’indiano Miloon Kothari e l’australiano Christopher Sidoti. Nominati dal Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU, il loro rapporto si concentra sui territori occupati da Israele dopo la guerra del 1967. Secondo il rapporto presentato oggi alla terza commissione dell’Assemblea Generale,  Israele sta violando il diritto internazionale rendendo permanente il suo controllo sulla Cisgiordania. Nel rapporto di 28 pagine della Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite, il gruppo di tre persone ha anche criticato Israele per aver annesso il territorio rivendicato dai palestinesi a Gerusalemme e in Cisgiordania e le alture del Golan siriane.

Navi Pillay (al centro) l’indiano Miloon Kothari (a destra) e l’australiano Christopher Sidoti. durante la conferenza stampa al Palazzo di Vetro (Foto VNY)

La commissione, che è stata istituita dopo la guerra durata 11 giorni dello scorso anno tra Israele e Hamas a Gaza, ha anche fatto appello alla Corte internazionale di giustizia per esprimere il suo parere sulla questione e ha invitato il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a porre fine all'”occupazione permanente” di Israele.

Navi Pillay, che presiede la Commissione d’inchiesta dell’ONU, durante un incontro con i giornalisti al Palazzo di Vetro ha affermato che nessuno dei tre era antisemita. “Ho 81 anni e questa è la mia prima accusa”, ha detto la Pillay, esperta legale sudafricana che è stata anche Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani. Pillay ha sostenuto che Israele si è rifiutata di collaborare con la commissione e non gli ha concesso l’ingresso in Israele o l’accesso alle aree controllate dai palestinesi in Cisgiordania e Gaza.

“È la nostra sincera speranza che la comunità internazionale ci dia l’attenzione urgente di cui ha bisogno”, ha detto Pillay. “Se la continua occupazione di Israele non viene affrontata dalla comunità internazionale, temiamo che il conflitto continuerà interminabilmente”.

A chi gli chiedeva se avesse incontrato l’ambasciatrice americana alle Nazioni Unite, Pillay ha espresso il suo disappunto dicendo che la missione statunitense all’ONU guidata dall’Ambasciatrice Linda Thomas-Greenfield non ha mai risposto alle richieste di un incontro. “Potrebbero avere paura di questo mandato”, ha detto Pillay.

Dal canto suo, l’australiano Christopher Sidoti, ai giornalisti ha detto che quello che lo ha colpito nella risposta israeliana, al di là della accuse di antisemitismo, “è stato tutto quello che non c’era nella loro replica. Non c’erano mai smentite ai fatti elencati nel nostro rapporto, sul fatto per esempio che l’occupazione dal 1967 dei territori palestinesi è illegale”.

Children stand on a home demolished in Beit Sira, a Palestinian village in the central West Bank. (Photo UNOCHA)

Il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite con sede a Ginevra ha affidato all’organismo presieduto da Pillay il compito di indagare su “tutte le presunte violazioni del diritto internazionale umanitario e tutte le presunte violazioni e abusi del diritto internazionale dei diritti umani” in Israele, Gerusalemme est, Cisgiordania e Gaza. E’ importante notare che il mandato non ha scadenza e questo è stato anche un altro motivo di contestazione da parte d’Israele, perché tutte le altri commissioni Onu hanno un mandato con una data precisa di dover consegnare il loro rapporto, e il loro mandato può essere rinnovato o meno. Sidoti su questo punto ha voluto precisare: “Io sono stato già rapporteur dell’ONU per Myanmar, e devo dire che si lavora male quando si hanno tempi così limitati, 12 mesi e non sai mai se ne avrai di più. Invece così si lavora molto meglio, possiamo concentrarci a indagare su tutti gli aspetti necessari del conflitto israelo-palestinese, senza tralasciare nulla”. “Abbiate pazienza” ha detto ai giornalisti Sidoti a chi gli chiedeva perché mancassero accurate indagini sui crimini di Hamas nel rapporto appena presentato, “vedrete che nei prossimi rapporti ci sarà anche il resto”.

Ma giovedì, sempre al Palazzo di Vetro, c’era un’ altra relazione che condannava Israele, quella di Francesca Albanese, l’italiana esperta di diritto internazionale della Georgetown University diventata da sei mesi Relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi.

Francesca Albanese durante il suo intervento alla Terza Commissione dell’Assemblea Generale dell’ONU

“Per oltre 55 anni, l’occupazione militare israeliana ha impedito la realizzazione del diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese, violando ogni componente di tale diritto e perseguendo volontariamente la ‘depalestinianizzazione’ del territorio occupato”, ha affermato giovedì Albanese, nella sua relazione all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Secondo la relatrice dell’ONU l’occupazione di Israele è illegale e indistinguibile da una situazione “coloniale di coloni”, quindi deve finire, come precondizione affinché i palestinesi esercitino il loro diritto all’autodeterminazione.

Il rapporto afferma che l’occupazione israeliana viola la sovranità territoriale palestinese sequestrando, annettendo, frammentando e trasferendo la sua popolazione civile nel territorio occupato.

L’occupazione, inoltre, “mette in pericolo l’esistenza culturale del popolo palestinese”, cancellando o appropriandosi di simboli che esprimono l’identità palestinese e viola la capacità dei palestinesi di organizzarsi, liberi dal dominio e dal controllo alieni, mediante reprimere l’attività politica, l’advocacy e l’attivismo palestinesi.

“Questa è, in sostanza, la prova dell’intento di colonizzare il territorio occupato e manifesta le politiche di dominio di Israele attraverso la “frammentazione strategica” del territorio occupato”, ha affermato l’esperta italiana ora anche rapporteur dell’ONU.

Wikimedia

L’approccio politico, umanitario ed economico della comunità internazionale alla risoluzione del conflitto israelo-palestinese ha fallito senza eccezioni, osserva il rapporto di Albanese.

“Questi approcci confondono le cause profonde con i sintomi e servono a normalizzare l’occupazione illegale di Israele invece di metterla in discussione. Questo è immorale e rende futile la funzione normativa e correttiva del diritto internazionale”, ha continuato Albanese.

An excerpt of my intervention @UNGA today.

Ask Israel why…. https://t.co/wjCVmil9Yu

— Francesca Albanese, UN Special Rapporteur oPt (@FranceskAlbs) October 27, 2022

Il rapporto di Albanese chiede “un cambio di paradigma”, che implica l’allontanamento dalla narrativa del “conflitto” tra israeliani e palestinesi e il riconoscimento dell'”occupazione coloniale-coloniale intenzionalmente acquisitiva, segregazionista e repressiva di Israele”. Albanese ha esortato la comunità internazionale a riconoscere e condannare formalmente la natura coloniale dell’occupazione israeliana. Ha anche chiesto la fine immediata dell’occupazione illegale e ha chiesto a Israele di ritirare il suo personale militare e di sostenere i civili israeliani nelle colonie.

Albanese ha messo in guardia tutti gli Stati dal subordinare il ritiro israeliano ai negoziati tra Israele e Palestina. “Discussioni significative su una soluzione politica per la Palestina possono iniziare solo quando l’occupazione illegale sarà smantellata una volta per tutte”, ha  detto Albanese

 

Relatori speciali come la Prof. Albanese sono nominati dal Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite con sede a Ginevra per esaminare e riferire su uno specifico tema dei diritti umani o sulla situazione di un paese. Le posizioni sono onorarie e gli esperti non sono pagati per il loro lavoro.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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