Negli ultimi dieci anni l’aumento costante di “migranti forzati” nel mondo, ovvero di quelle persone costrette per varie ragioni – guerre, violenze, persecuzioni, abusi umanitari, catastrofi naturali – a lasciare le loro case e i loro paesi, è stato tale da superare gli effetti delle soluzioni messe finora in atto per questi rifugiati. Ad annunciare le drammatiche statistiche durante una conferenza stampa tenuta a Ginevra, è stato Filippo Grandi, l’Alto Commissario dell’Agenzia ONU per i Rifugiati (UNHCR).
Il “Global Trends Report” annuale dell’UNHCR presentato ha fornito numeri ufficiali che si fermano al dicembre 2021, con 89,3 milioni di persone ancora in fuga, un aumento dell’8% dall’anno precedente e che raddoppia la cifra dei profughi rispetto a quella di dieci anni prima. Ma con la crisi in Ucraina scatenata dall’invasione russa quest’anno, l’accelerazione nel numero di sfollati ha avuto un ulteriore impennata, arrivando oggi a oltrepassare la drammatica cifra mai toccata finora: 100 milioni di persone. Nella prima parte del 2022 sono infatti 7.3 milioni gli ucraini fuggiti all’estero, mentre gli sfollati interni sono 7 milioni.

“Ogni anno di questa ultima decade, il numero dei profughi è cresciuto”, ha detto Grandi, aggiungendo: “O la comunità internazionale si organizza per un’azione comune per confrontarsi con questa tragedia umana, o il terribile trend continuerà”.
L’anno scorso sono stati 23 i paesi, con una popolazione totale di 850 milioni, in cui ci sono stati conflitti di media e alta intensità. Allo stesso tempo, la scarsità di cibo, l’inflazione, la crisi climatica hanno aumentato le difficoltà per queste popolazioni mentre i finanziamenti degli aiuti umanitari tendono a diminuire.

Il numero dei rifugiati è cresciuto nel 2021 a 27,1 milioni, con arrivi soprattutto in Uganda, Chad e Sudan. La maggioranza dei rifugiati, ancora una volta, sono ospitati dai paesi confinanti e con meno risorse.
Anche lo scorso anno c’è stato un aumento, come per gli ultimi 15 anni, degli sfollati dentro ai confini dei loro paesi, che alla fine del 2021 erano 53,2 milioni. Il numero è aumentato a causa dell’intensità dei conflitti in certi paesi, come in Myanmar e Etiopia. Anche nella zona del Sahel, in particolare nel Burkina Faso e Chad. Grandi ha sottolineato che l’aumento delle persone in fuga oltrepassa la disponibilità delle soluzioni a disposizione per gli sfollati, per farli rientrare nelle loro case o reinserirli in altre comunità.

Nelle statistiche fornite dalla UNHCR ci sono anche dei segnali di speranza. Il numero di rifugiati e IDP (Internally Displaced Person) tornati nelle loro case è aumentato nel 2021, tornando a livelli pre Covid-19, con i rimpatri volontari cresciuti del 71%, anche se i numeri restano modesti. “Mentre assistiamo a delle spaventose nuove situazioni con i rifugiati e quelle esistenti restano irrisolte, ci sono anche esempi di paesi e comunità che lavorano insieme per perseguire soluzioni per i profughi”, ha detto Grandi per poi aggiungere: “Accade in alcuni paesi – per esempio la cooperazione regionale per rimpatriare gli ivoriani – ma queste importanti decisioni hanno bisogno di essere replicate e aumentate altrove”.
Durante la conferenza stampa, come altro esempio positivo, Grandi ha ricordato la situazione dei venezuelani e il comportamento virtuoso della Colombia, che ne ha praticamente ospitato 1,8 milioni e di altri paesi dell’America Latina a riceverne il resto del grande flusso,per un totale di 4,4 milioni di profughi venezuelani. Grandi ha anche ricordato come sia cambiata la politica degli Stati Uniti, che dall’accoglienza ai rifugiati scesa al numero minimo di 18,000 sotto l’amministrazione Trump, nel 2021 sono passati a ricevere 125 mila rifugiati con Biden. Gli USA sono anche il paese che ha ricevuto il più alto numero di domande d’asilo (188,900), seguito dalla Germania (148,200), Messico (132,700), Costa Rica (108, 500) e Francia (90,200).
Il paese che ha accolto il più alto numero di profughi resta la Turchia, con 3,8 milioni di rifugiati (quasi tutti siriani), seguito da Colombia (1,8 milioni), Uganda (1,5 milioni), Pakistan (1, 5 milioni) e la Germania (1,3 milioni).
Grandi ha usato toni diplomatici nel tentativo di scuotere i paesi più ricchi a trovare delle soluzioni possibili per alleviare la crisi dei profughi, come quando ha accennato alla situazione in Libia. Ma quando una giornalista della Bbc gli ha chiesto cosa pensasse della soluzione voluta dal premier britannico Boris Johnson, che “appalta” al Rwanda la gestione di migliaia di profughi che in questi mesi sono giunti nel Regno Unito dalla Francia, utilizzando un ponte aereo che trasporterà nel paese africano i richiedenti asilo già giunti in UK dando alle autorità di Kigali la gestione delle pratiche – ricevendo da Londra un compenso per questo “lavoro”-, i toni concilianti di Grandi sono spariti, diventando di colpo fermi e diretti nella risposta di condanna nei confronti delle decisioni del governo britannico: “Questo accordo non funziona affatto e per tanti motivi diversi”, ha detto Grandi.

Sottolineando il fatto che l’UK è tra i paesi firmatari della Convenzione internazionale sui Rifugiati (1951), Grandi ha sostenuto che provare ad “esportare” le proprie responsabilità va contro gli impegni presi. “Se si trattasse del contrario, magari se ne potrebbe discutere, ma qui stiamo parlando di un paese, il Regno Unito, che ha delle strutture adeguate e che decide di esportare le sue responsabilità ad un altro paese, il Ruanda. E se altri paesi che hanno le strutture per ricevere rifugiati, decidessero di fare lo stesso?”. Poi l’alto commissario dell’Onu ha replicato a certe giustificazioni del governo britannico che starebbe così “salvando la gente” dai trafficanti e la scoraggerebbe dall’intraprendere le pericolose traversate della Manica. “Salvare la gente da viaggi pericolosi è un bene, certamente che lo è”, ha detto Grandi, “ma è questo il giusto modo per farlo? E’ questa la reale motivazione per fare questo accordo (con il Ruanda)? Non lo penso proprio”.
Grandi ha ammesso che la situazione resta complicata, ma ha anche ricordato che ci sono altre strade legali per i rifugiati e i richiedenti asilo per potersi riunire con i familiari che sono già nel Regno Unito o in altri paesi dell’UE. “La questione può essere risolta bilateralmente tra l’UK e i rispettivi paesi dell’UE; noi ci siamo messi a disposizione molte volte per dare consigli, questo è il modo corretto di procedere”, ha concluso Grandi.