Almeno 70 cadaveri ancora per le strade, più di 130 feriti e un numero imprecisato di dispersi è il bilancio ancora provvisorio dell’attacco aereo che la coalizione guidata dall’Arabia Saudita ha sferrato contro la prigione di al-Dhakhira, nella città di Sa’da, in Yemen.
Il bombardamento è avvenuto intorno alle 2:30 di venerdì 21 gennaio, e nella stessa notte l’aviazione saudita ha sferrato ripetuti raid aerei anche sulla città di al-Hudayda, il porto yemenita del Mar Rosso, causando un blackout totale di Internet in tutto il Paese. Secondo Save the Children, tre bambini sarebbero morti.
Medici Senza Frontiere ha donato forniture mediche all’ospedale di al-Hudayda ed è pronta a trasferire alcuni feriti nelle sue strutture. “Sfortunatamente – però – il bilancio è destinato ad aumentare”, ha detto Basheer Omar, portavoce del Comitato Internazionale della Croce Rossa in Yemen.
Il canale televisivo Al Masirah, gestito dai ribelli yemeniti Houthi, ha affermato che decine di persone sono decedute e ha mostrato i filmati di uomini che cercavano di rimuovere le macerie usando le mani per raggiungere le persone rimaste intrappolate.
La coalizione al-Saud continua ad intensificare la sua offensiva contro i ribelli Houthi, sostenitori dell’Iran, che controllano gran parte dello Yemen, e che il 17 gennaio hanno colpito 3 cisterne di petrolio negli Emirati Arabi Uniti.
Un’escalation militare già preannunciata il 12 gennaio scorso dall’inviato speciale delle Nazioni Unite, Hans Grundberg, che aveva espresso grande preoccupazione: “Dopo sette anni di guerra, sembra che tutte le parti belligeranti siano convinte che infliggere danni all’avversario lo costringerà a sottomettersi”.
L’attacco saudita avviene proprio nel giorno in cui i quindici del Consiglio di Sicurezza ONU hanno condannato i bombardamenti dei ribelli yemeniti ad Abu Dhabi, riaffermando “qualsiasi atto di terrorismo è criminale e ingiustificato, indipendentemente dalla sua motivazione”.