
È stata accompagnata da aspre polemiche la partecipazione di Davide Casaleggio, presidente della Casaleggio Associati e fondatore dell’Associazione Rousseau, all’evento sulla “Digital Citizenship”, la “cittadinanza digitale”, al Palazzo di Vetro. L’iniziativa si inscrive nell’ambito dei “side events” organizzati a margine della settimana dell’Assemblea Generale, ed è stata organizzata dalla Missione italiana all’ONU, con la collaborazione di quella finlandese, della Rappresentanza del Bangladesh, dell’Ue, dell’UNDP e del Department of Economic and Social Affairs delle Nazioni Unite. Evento a cui ha partecipato, peraltro, la ministra per l’Innovazione Tecnologica Paola Pisano, con un intervento introduttivo incentrato sulle strategie per superare il digital divide che caratterizza non solo il nostro Paese, ma anche il mondo nel suo complesso.
Ad ogni modo, quando si parla di Rousseau, le polemiche non mancano mai: la piattaforma, gestita dall’omonima associazione privata, è ciclicamente al centro del dibattito nazionale ogni volta che gli iscritti del Movimento Cinque Stelle vengono chiamati ad esprimersi sul destino politico del Paese, ed è spesso stata accusata di scarsa trasparenza. In questo caso, però, diversi esponenti di partiti politici – tra cui Pd, Forza Italia e Fratelli d’Italia – si sono chiesti a che titolo, e in rappresentanza di quale Governo, l’influente “guru” digital del M5S abbia partecipato all’iniziativa, e molti di loro hanno tuonato al “conflitto di interessi”. Non è un caso che Casaleggio abbia subito chiarito di viaggiare a proprie spese. Altro qui pro quo, da chi, esattamente, sia giunto l’invito. Pare che i Cinque Stelle abbiano inizialmente indicato l’ex ministro degli Esteri Moavero Milanesi, salvo poi essere smentiti da fonti della Farnesina, secondo cui fu Di Maio a spingere per l’organizzazione dell’evento.
In effetti, fonti della Rappresentanza italiana all’ONU ci hanno confermato che l’iniziativa era in programma da tempo, ancora prima, pare, del cambio di Governo. Nel plico di presentazione dell’evento, Casaleggio viene presentato come “presidente dell’Associazione Rousseau”, e solo nella sua biografia viene fatto cenno alla società “Casaleggio Associati” di cui è presidente. E se è vero che, tra i case studies presentati, quello di Rousseau era l’unico che riguardava un’associazione prettamente privata (gli altri due presentavano l’agenda digitale del Bangladesh e le attività di Zerde Holding, compagnia di stato in Kazakhstan per lo sviluppo di tecnologie ICT), non è affatto la prima volta che all’ONU intervengono, a vario titolo, rappresentanti di soggetti privati, regolarmente invitati dalla Missione del proprio Paese.
Polemiche a parte, l’intervento di Casaleggio, in perfetto inglese, si è focalizzato sul rapporto tra innovazioni tecnologiche e nascita di nuovi diritti nel corso della storia. Alcuni di questi sono, peraltro, incastonati nella Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo: come, per esempio, quello “di partecipare al governo del proprio Paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti” (art. 21), o alla libertà di riunione e di associazione pacifica (art. 20). Il caso della piattaforma Rousseau, di cui è stato messo in rilievo il “record” di partecipazione in un solo giorno (80mila persone) con il voto per la nascita del nuovo Governo, è stato inserito in una rosa più ampia di esempi: citati anche il voto online in Estonia e l’iniziativa di alcune donne in Nigeria che si sono ritrovate online per darsi supporto su FIN network, gruppo privato con 1,7 milioni di membri fondato da Lola Omolola nel 2014 in seguito a un rapimento di 300 bambine da una scuola per mano dei miliziani di Boko Haram. Casaleggio ha poi ricordato, nel 2007, la creazione del primo V-day, in cui, in un weekend, furono raccolte in rete oltre 300mila firme per una legge di iniziativa popolare per “un Parlamento pulito”. In rete c’è anche chi ha fatto notare che il primo dei tre diritti citati da Casaleggio, quello alla “digital identity”, non sia stato adeguatamente protetto dalla sua piattaforma, più volte hackerata e sanzionata dal Garante della Privacy.
Davide Casaleggio in questo preciso momento sta dicendo all’Onu che il primo dei tre nuovi “diritti fondamentali” portati da Internet è la “digital identity”.
[quella che la sua piattaforma non ha protetto, e per questo è stata sanzionata, dopo esser stata plurihackerata]
?— jacopo iacoboni (@jacopo_iacoboni) September 30, 2019
“Oggi siamo qua a parlare di cittadinanza digitale perché è sempre più chiaro come sia essenziale avere una cittadinanza digitale piena, per poter accedere a servizi che sono basilari”, ha detto alla stampa Casaleggio a margine dell’evento. Centrale, a suo avviso, il concetto di “identità digitale”, perché solo potendoci riconoscere online è possibile “accedere a singoli servizi e a singoli diritti presenti online”. Certo: il cosiddetto “digital divide”, per cui il 50% della popolazione mondiale non ha accesso a internet, è uno dei principali ostacoli da contrastare: eppure, il fatto che “non ci sia ancora una copertura globale dell’accesso a internet non vuol certo dire che non ci sono diritti che possono essere esercitati”. Un gap che va superato, insomma, ma che non mette in discussione le potenzialità della “democrazia diretta”. Quanto alle polemiche di questi giorni, Casaleggio ha ammesso di non aver seguito “più di tanto” perché “ero a San Francisco”, area all’avanguardia quando si parla degli “sviluppi tecnologici legati alla quarta rivoluzione industriale e alle tecnologie esponenziali”. “Penso che oggi abbiamo discusso di cittadinanza digitale, e tutte le persone che vogliono contribuire a questa discussione credo siano più che ben accette: se ci sono persone in Italia che vogliono contribuire, spero lo facciano nei prossimi giorni”, ha chiosato.