“Salvare la vita di qualcuno non è un crimine”. Si intitola così il rapporto presentato oggi al quartier generale delle Nazioni Unite da Agnes Callamard, relatrice speciale per la commissione dei diritti umani. Non è difficile, partendo da questo titolo, capire qual è il tema principale dell’ultimo resoconto dell’attivista sociale, inviata allo studio ravvicinato dei diritti umani in tutto il mondo. Apre, in chiave sia esperienziale che fattuale, una prolungata discussione riguardante gli sviluppi umanitari nel campo dell’immigrazione, settore che, oggi più che mai, si trova al centro di caldissimi dibattiti in Italia, negli Stati Uniti, e in tutto il resto del mondo.
Non possono dunque mancare, all’interno del suo loquace intervento, delle parole riguardanti le condizioni dei migranti nel mediterraneo, e le conseguenti azioni intraprese dalla nostra Italia. Il problema dei migranti, che negli ultimi anni è stato fondamentale nello sbilanciare e polarizzare la nostra scena politica, è ripreso pienamente dal rapporto odierno, al punto da dedicare una manciata di parole proprio alla nostra nazione. La Special Rapporteur, in fatti, punta i riflettori della sua luce umanitaria contro alcune tattiche intraprese negli ultimi mesi ai confini più problematici.
“Alcuni stati prendono di mira proprio coloro che si occupano della ricerca e salvataggio dei migranti, accusando le organizzazioni umanitarie di collusione con network di trafficanti di persone, come fatto più volte da prosecutors italiani”, racconta la Callamard, la quale sostiene inoltre che “non esiste alcun caso che provi questo tipo di collusione, anche se molti rappresentati politici sembrano voler aggredire questi volontari per farli smettere di lavorare”. L’ex Chef de Cabinet del segretario generale di Amnesty International condanna inoltre il blocco imposto da certi governi contro l’azione umanitaria ai confini, citando direttamente i molteplici episodi nei quali il nostro governo, come quello di Malta, ha rifiutato l’approdo di barconi umanitari nei porti della meridione. È importante capire immediatamente, che l’attivista francese non critica necessariamente la posizione politica del nostro governo riguardo l’immigrazione, criticando invece quelle azioni che impediscono ai servizi umanitari di svolgere il proprio dovere.
Proprio nelle ore che circondano il suo intervento alle Nazioni Unite, il Presidente Statunitense Trump pare però remare controcorrente. Attraverso la sua piattaforma preferita, infatti, loda la posizione presa dal governo Conte sulla questione, con i seguenti cinguetti:
…I agree with their stance 100%, and the United States is likewise taking a very hard line on illegal immigration. The Prime Minister is working very hard on the economy of Italy – he will be successful!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) October 25, 2018
La discrepanza tra questi comunicati e l’intervento odierno di Callamard è difficile da ignorare. Dove uno elogia le politiche di chiusura che marcano, finora, la crisi migranti italiana, l’altra ne critica le tattiche nel bel mezzo delle stesse Nazioni Unite che solo qualche settimana fa hanno sembrato deridere il 45esimo presidente Americano. In tempi di estrema polarizzazione politica e sociale, una discrepanza così spiccata tra i due messaggi umanitari rappresenta una forte rottura idealistica tra le parti.
Questo non significa, ovviamente, che Trump necessariamente condoni le tattiche descritte sopra dalla Callamard, né che alcuna delle due parti si trovi strettamente dalla parte della ragione. Illumina, d’altro canto, la complessità della questione, e la necessità di approcciarla con coerenza e comprensione. Illustra che, nonostante i 140 caratteri nei quali Trump ama perdersi, esiste un livello umanitario della questione che attraversa la superficialità politica e si tuffa nel profondo e nello specifico delle conseguenze. Quando, come oggi fa Trump, si loda o si promuove un ideale politico, bisogna rimanere coscienti delle riverberanti conseguenze umanitarie che la Callamard ci illustra nel suo rapporto.