“I legittimi interessi degli Stati nel mettere in sicurezza le proprie frontiere e controllare l’immigrazione non possono minare il loro obbligo di rispettare, proteggere e applicare i diritti umani di ogni persona nei territori sotto la propria giurisdizione, indipendentemente dallo status migratorio dei singoli”. Così Felipe González Morales, Special Rapporteur on the Human Rights of Migrants, ha riassunto l’oggetto principale del suo ultimo report, presentato alcune ore fa all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e poi ai giornalisti corrispondenti (qui il video integrale). Il documento analizza lo stato dell’arte in materia di diritto dei migranti ad un equo accesso alla giustizia nei Paesi ospitanti, ma affronta anche altri temi caldi, connessi al principale, come il diritto ad avere una rappresentanza legale, un servizio di interpretariato e mediazione linguistica, l’accesso a una assistenza consolare e l’annosa questione della detenzione di migranti, adulti e bambini.
Tutti argomenti di grande attualità, specialmente in un periodo – ha ammesso lo Special Rapporteur – in cui, in varie parti del mondo, si assiste a una crescente retorica incentrata sulla xenofobia, che ha gravi conseguenze sulla dignità e la vita quotidiana dei migranti stessi. Nel report, Felipe González Morales sottolinea che diritti basilari come l’assistenza legale gratuita e l’accesso alla traduzione delle informazioni non sono sempre e del tutto garantiti neppure in Paesi europei come la Germania, la Francia, la Grecia, l’Ungheria e l’Italia. Non solo: spesso gli Stati non sembrano osservare il principio per cui “le autorità preposte al controllo dell’immigrazione non possono avere accesso alle informazioni sullo status migratorio di una persona che accede a servizi pubblici, e le istituzioni che garantiscono tali servizi non sono tenuti a condividere informazioni in merito allo status migratorio di chi ne usufruisce”. Situazioni di questo genere, ha spiegato lo Special Rapporteur, spesso scoraggiano i migranti ad accedere ai tribunali, ma anche agli ospedali, alle scuole e agli uffici pubblici per timore di essere segnalati alle autorità di frontiera. Il documento, in effetti, aggiunge che, in Paesi come Grecia e Italia dove non esiste alcuna norma che mette al riparo i migranti da questo genere di segnalazioni, è spesso la società civile a mettere in atto buone pratiche.
Diritti, questi, tutt’altro che scontati, anche in Paesi fortemente democratici. D’altra parte, proprio in merito a ciò, alcuni attivisti ed esperti contestarono al decreto Minniti-Orlando sulla sicurezza – approvato, dunque, dal precedente governo di centrosinistra – il fatto che andasse a limitare le opportunità di una piena difesa del richiedente asilo, comprimendo le sue possibilità di essere sentito dal giudice e sopprimendo un grado del giudizio. Le critiche riguardavano anche un altro elemento: il testo, infatti, prevede che, nel caso in cui la decisione venga impugnata e il giudice “rigetti integralmente il ricorso”, il gratuito patrocinio ammesso in via anticipata e provvisoria venga di fatto revocato, salvo che lo stesso giudice non indichi “le ragioni per cui non ritiene le pretese manifestamente infondate”.
Proprio a proposito dell’Italia, abbiamo chiesto allo Special Rapporteur se nutre qualche preoccupazione riguardo alle politiche migratorie dell’attuale Governo italiano – che ha fatto della stretta all’immigrazione una delle sue principali bandiere, anche arrivando a chiudere i porti –, e all’incessante propaganda sull’argomento che ha finito per identificare, agli occhi dell’opinione pubblica, la questione migratoria come una delle principali emergenze nel nostro Paese. “Sei giorni fa sono stato in Italia, a Palermo, a un festival della Cultura Mediterranea, il cui tema principale era la questione della migrazione”, ha risposto. “In particolare, ho partecipato a un panel incentrato sulla solidarietà con quelle Ong che salvano i migranti nel Mediterraneo”. Ong, è bene sottolineare, che negli ultimi mesi sono state spesso bersaglio di accuse infamanti (anche da parte di rappresentanti delle istituzioni), come quella di essere in qualche modo in combutta con i trafficanti di uomini. Felipe González Morales ha spiegato quindi di aver già in passato richiamato l’attenzione dell’Italia sui flussi migratori nel Mediterraneo e sulle terribili condizioni di vita dei migranti in Paesi come la Libia, dove vengono torturati, abusati, addirittura venduti come schiavi. “Nel caso dell’Italia e dell’Europa in generale”, ha aggiunto, sono sempre più importanti e necessari “accordi e impegni” volti al “rispetto dei diritti umani e del fondamentale principio di non respingimento”. Ma lo Special Rapporteur ha voluto anche mandare un messaggio al nostro Paese: “Ricordo che l’Italia è stata per molto tempo Paese di origine”, ha detto, sottolineando come spesso quelli che un tempo erano i punti di partenza di molti migranti, diventano poi le più ambite destinazioni di chi fugge da guerra e povertà o cerca una vita migliore. E ha chiosato: “È molto importante tenerlo a mente, come ho sottolineato nel caso di molti Paesi europei”.
Allo Special Rapporteur è stato quindi chiesto anche di commentare il flusso migratorio proveniente dall’Honduras che proprio in queste ore si sta avvicinando alla frontiera del Messico, puntando agli Stati Uniti. Negli scorsi giorni, il presidente Donald Trump ha minacciato di tagliare i fondi al Paese, nel caso in cui quei migranti non venissero fermati. Non a caso, il segretario di Stato Mike Pompeo si è recato oggi a Città del Messico con un messaggio ai leader locali: “Bloccateli prima che possano raggiungere gli USA”. In proposito, González Morales ha chiesto a Messico e Stati Uniti di considerare seriamente le diffuse preoccupazioni in merito al rispetto dei diritti umani di queste persone, soprattutto considerando che in quel fusso vi saranno richiedenti asilo. Lo Special Rapporteur ha peraltro rivelato di aver già chiesto, lo scorso marzo, agli Stati Uniti di poter effettuare una visita ufficiale nel Paese, senza ancora aver ottenuto risposta in merito. González Morales ha fatto presente che solo con una visita in veste di Special Rapporteur sarebbe possibile monitorare la situazione, e quindi compilare un rapporto nel merito, e si è augurato di poter ricevere presto una risposta da parte di Washington.