Scoppia la pace tra Etiopia ed Eritrea. La Joint Declaration of Peace and Friendship (Dichiarazione congiunta di pace) firmata lunedì dal presidente eritreo, Isaias Afwerki, e il primo ministro dell’Etiopia, Abiy Ahmed, segnala la ripresa dei rapporti diplomatici per la prima volta in due decenni e apre un “nuovo capitolo di cooperazione e partenariato,” secondo la dichiarazione rilasciata a nome dei 15 membri del Consiglio.
Durante questo storico incontro fra i due capi di stato nella capitale eritrea, Asmara, alcune delle novità approvate più importanti sono state il restauro dei voli, l’apertura delle ambasciate, e la possibilità per l’Etiopia di utilizzare le strutture portuali in Eritrea. Inoltre, è stato revocato il blocco sulle telecomunicazioni, consentendo di conseguenza alle famiglie divise dalla guerra in corso presso il confine dei due paesi, che ha causato migliaia di morti, di telefonarsi l’una con l’altra.
Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU “ha riconosciuto l’invito nella dichiarazione congiunta per solidarietà e sostegno e ha incoraggiato tutti gli attori a offrire il loro sostegno al processo di pace”, ha detto la dichiarazione, aggiungendo che i membri “sono pronti a sostenere l’Eritrea e l’Etiopia nella loro attuazione Dichiarazione”.
I membri del Consiglio hanno inoltre preso atto della dichiarazione del Segretario generale delle Nazioni Unite, che sostiene il processo. Lunedì, il capo delle Nazioni Unite António Guterres ha detto ai giornalisti nella capitale etiopica, dove stava partecipando alla seconda conferenza annuale dell’Unione Africana, che la “recente evoluzione” delle relazioni nelle scorse settimane è stata “un segnale molto importante di speranza, non solo per questi due paesi, non solo per l’Africa, ma per il mondo intero.”
“Le Nazioni Unite sono pronte a fare qualsiasi cosa le due parti ci chiedono di fare … Le Nazioni Unite saranno interamente a loro disposizione per fare tutto il necessario per facilitare il successo di ciò che deve essere fatto”, ha aggiunto Guterres.

La guerra eritrea-etiopica, uno dei conflitti nel Corno d’Africa, si è svolta tra l’Etiopia e l’Eritrea da maggio 1998 a giugno 2000, con la pace finale accettata solo nel 2018, vent’anni dopo lo scontro iniziale. Mentre l’Eritrea e l’Etiopia – due dei paesi più poveri del mondo – hanno speso centinaia di milioni di dollari per la guerra e hanno subito decine di migliaia di vittime come conseguenza diretta del conflitto, ne sono risultati cambiamenti territoriali minimi.
Secondo una decisione di una commissione internazionale a L’Aia, l’Eritrea ha infranto la legge internazionale e innescato la guerra invadendo l’Etiopia. Alla fine della guerra, l’Etiopia deteneva tutto il territorio conteso ed era avanzata in Eritrea. Dopo la fine della guerra, la Commissione per i confini dell’Eritrea-Etiopia, un ente fondato dalle Nazioni Unite, stabilì che Badme, il territorio conteso nel cuore del conflitto, appartiene all’Eritrea. A partire dal 2018, l’Etiopia occupa ancora il territorio vicino a Badme, compresa la città di Badme. Il 5 giugno 2018, la coalizione di governo dell’Etiopia, guidata dal primo ministro Abiy Ahmed, ha accettato di attuare pienamente il trattato di pace firmato con l’Eritrea nel 2000, con la pace dichiarata da entrambe le parti nel luglio 2018.
Tra i due paesi, l’Eritrea è da sempre quella con il maggiore svantaggio: territorialmente molto più piccola, costantemente sanzionata dalle Nazioni Unite, un paese che si classifica come 179esimo, penultimo al mondo (seguito solo dalla Nord Corea) per quanto riguarda la libertà di stampa poiché tutti i media locali sono di proprietà statale, secondo il 2018 RSF World Ranking.
Secondo Human Rights Watch, il record dei diritti umani del governo eritreo è tra i peggiori al mondo. Il servizio militare obbligatorio richiede lunghi periodi di reclusione a tempo indeterminato, ed alcuni eritrei addirittura abbandonano il paese pur di evitare tale costrizione.
A capo del piccolo paese africano dell’Eritrea vi è Isaias Afwerki, di fatto dittatore dal 1993, anno dell’indipendenza. Nel giugno 2015 un gruppo delle Nazioni Unite ha accusato Afwerki di violazioni dei diritti umani affermando che “ha imposto un regno della paura attraverso abusi sistematici e risoluzioni estremi contro la popolazione che possono costituire crimini contro l’umanità.” Amnesty International ha stimato che il governo del presidente Isaias Afwerki abbia imprigionato almeno 10.000 prigionieri politici. Amnesty sostiene inoltre che la tortura – per punizione, interrogatori e coercizione – sia estremamente diffusa.

I confini dell’attuale stato nazione dell’Eritrea furono stabiliti durante la corsa nazionalista e colonialista alla fine del 20esimo secolo da parte delle grandi potenze europee. Fra il paese Africano e L’Italia vi è un legame particolare, che iniziò durante il regime fascista di Mussolini. Nel 1922, l’ascesa al potere di Benito Mussolini in Italia portò profondi cambiamenti al governo coloniale nell’Eritrea italiana. Dopo che il Duce del Fascismo dichiarò la nascita dell’Impero italiano nel maggio 1936, l’Eritrea italiana (allargata con le regioni settentrionali dell’Etiopia) e la Somalia italiano furono fuse con l’Etiopia appena conquistata nel nuovo territorio amministrativo dell’Africa Orientale Italiana. L’Eritrea fu scelta dal governo italiano come centro industriale dell’Africa orientale italiana.
Una comunità di italiani ancora vive nella piccola regione africana, e corre un legame molto sentito fra l’Eritrea e l’Italia. L’Italia, dunque, si è espressa riguardo i recenti avvenimenti ed ha confermato il suo “pieno sostegno” e “accoglie con favore la firma della Dichiarazione per mettere fine allo stato di guerra” tra i due Paesi del Corno d’Africa.