L’elezione dell’Italia al Consiglio di Sicurezza, martedì è stata messa in serio pericolo dall’Olanda, dopo che alla quinta votazione in Assemblea Generale i due paesi europei erano ancora in stallo con 95 voti per ciascuno: alla fine con la soluzione minore dei mali, Olanda e Italia si divideranno il seggio non permanente: un anno a testa. E’ una soluzione che salva la faccia (soprattutto all’Italia), uno stratagemma che non era stato mai adottato prima, e che vede l’Italia per prima eletta dall’Assemblea Generale e che poi si dimetterà dopo un anno per far subentrare l’Olanda. L’accordo dovrà essere ancora vagliato e accettato dall’Assemblea generale, ma questo appare ormai una formalità.
Soluzione a sorpresa? Il vostro cronista dal Palazzo di Vetro, in un collegamento con Radio Radicale delle 20:30 in Italia, cioè ben tre ore prima della quarta e quinta votazione e quindi dello “stratagemma” inventato dalle diplomazie dei due paesi, l’aveva prefigurata come una soluzione estrema ma possibile in caso di stallo. (l’intervento dalle 20:31 sul palinsesto di Radio Radicale di martedi).

La lunga giornata diplomatica, iniziata la mattina, era partita per l’Italia malissimo. Nella prima votazione, la Svezia passa subito, raccogliendo all’Assemblea Generale ben 134 voti, superando quindi il quorum di 128 voti, 2 terzi del totale. L’Olanda lo sfiora, con 125. L’Italia invece resta a 113. Intanto con la Svezia, anche Bolivia ed Etiopia vengono elette al primo scrutinio per i posti riservati all’America latina e all’Africa, con 183 voti la prima e 185 la seconda.
Per l’Italia è uno smacco. Chi ci ha tradito? Contavamo soprattutto sull’appoggio dei paesi africani, del Medio Oriente e, ovviamente, dell’America Latina, dove paesi come Argentina, Brasile, Venezuela, Uruguay e altri hanno una gran parte di popolazione di origine italiana. Dall’Asia non ci aspettavamo granché, come dai paesi caraibici, dove si sa che l’Olanda è forte.
Dove mancavano allora i voti per l’Italia? Chi ha tradito la promessa del voto a favore dell’Italia nel segreto dell’urna? Dopo il primo scrutinio mancano almeno quindici voti tra quelli che alla vigilia la missione italiana all’ONU pensava di poter contare. Si capisce che l’Europa si è divisa, riversando più voti verso Svezia e Olanda. Dall’alto dei posti all’Assemblea generale riservati ai giornalisti, osserviamo il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni preoccupato, quasi sempre in piedi, che gira e parla con altri diplomatici, per cercare di rafforzare il voto per le prossime tornate.
Quando il presidente dell’Assemblea Generale, il danese Mogens Lykketoft, annuncia i risultati del secondo scrutinio, l’Olanda scende a 99, ma anche noi diminuiamo i voti, a 92. Almeno il distacco tra Italia e gli avversari olandesi si è ristretto. Intanto il Kazakhstan viene eletto nella sua regione asiatica, superando la Thailandia. Alla terza votazione Olanda scende a 96, Italia risale a 94, sempre più vicini ma anche lontani dal quorum di 128.
A questo punto, sono le 12:30, il presidente dell’Assemblea Lykketoft interrompe le votazioni per il pranzo. Si riprenderà alle tre del pomeriggio, e si prevede uno scrutinio ad oltranza fino a quando qualcuno non raggiungerà il quorum. Ma dalla quarta votazione in poi, il regolamento dice che potrebbe anche inserirsi un altro paese fuori dalle candidature annunciate. Insomma sia l’Olanda e l’Italia capiscono che entrambe rischierebbero il seggio del Consiglio di Sicurezza.
Gentiloni, i sottosegretari Mario Giro e Vincenzo Amendola, l’ambasciatore Sebastiano Cardi e il vice ambasciatore Inigo Lambertini, con tutto lo staff della missione all’ONU rinforzato in questi giorni frenetici anche da quello del consolato, sono mobilitati nei corridoi del Palazzo di Vetro per recuperare i voti perduti e confermare quelli avuti. Da Roma, alla Farnesina, intanto si danno da fare per capire quali capitali europee hanno tradito, i telefoni diventano bollenti, si cerca il modo di recuperare altri voti.
Noi giornalisti cerchiamo intanto di capire dai diplomatici cosa succede, facce preoccupate, la tensione è alta, nessun diplomatico è autorizzato a parlare ma crediamo che nessuno ne abbia comunque voglia. L’unica cosa che ci dicono: dal quarto scrutinio, si potranno avere le candidature di altri paesi europei… Come dire: se continuiamo a pareggiare con l’Olanda, potrebbe approfittarne qualcuno e addio seggio.
Ma perché l’Europa non ci aiuta? Corre voce che potrebbe esserci stata una irritazione in ambito UE per la decisione italiana di voler presentare la candidatura anche se in ritardo rispetto a Svezia e Olanda (l’Europa occidentale ha diritto a due seggi) presentando quindi gli europei divisi tra tre candidature per due posti. Eppure le crisi del Mediterraneo dovrebbero far capire che in questo momento l’Italia è un paese geopoliticamente più importante dell’Olanda…
Al quarto scrutinio, dopo la pausa pranzo, la situazione è ancora più corta, Olanda 96 Italia 95. Alla Quinta votazione, pareggio: 95-95.
A questo punto ecco che le diplomazie olandesi e italiane devono aver soppesato il rischio di uno stallo pericoloso, dove altri paesi si sarebbero potuti inserire invogliando l’Assemblea Generale a rompere l’impasse convogliando i voti sul nuovo arrivato. Così la possibilità di perdere tutto fa trovare l’accordo tra Roma e l’Aja: un anno a testa, il seggio diviso per un anno ciascuno.
L’Ambasciatore Cardi e il suo staff possono tirare un sospiro di sollievo, con quel primo scrutinio, quando l’Italia si era fermata a 113 preferenze e l’Olanda invece sfiorava il quorum con 125 voti, ecco che la soluzione di compromesso alla fine appare come il minore dei mali. Anzi, da male si trasforma in bene, per l’idea di futura politica estera dell’UE. Ovviamente ad autorizzare la decisione finale sono i capi dei rispettivi governi, il premier Matteo Renzi e il collega olandese Mark Rutte. Eppure l’idea nasce dentro la grande sala dell’ONU, mentre la tensione era alle stelle. I due capi di governo, quando gliela sottopongono, devono aver pensato che fosse meglio il compromesso che far apparire l’Europa, a pochi giorni dal Brexit, ancora più divisa. L’Olanda si ritira quindi e all’Italia va il seggio per i primi 12 mesi dal gennaio del 2017. Dopo un anno Roma, dimettendosi, passa il seggio al Consiglio di Sicurezza all’Aja, l’elezione in Assemblea generale dell’Olanda, coma candidata unica, nel gennaio del 2018 sarà una formalità.
Alla fine i due ministri degli Esteri parlano all’Assemblea Generale annunciando il loro accordo e poi fuori con i giornalisti. Paolo Gentiloni e il collega olandese Albert Koenders, ripetono che questo accordo dimostra l’unità dell’Europa in un momento delicato. Qualcuno chiede se i due paesi si consulteranno nel prendere decisioni dentro al Consiglio di Sicurezza. Gentiloni dice che Italia e Olanda hanno idee simili, ma il seggio del Consiglio di Sicurezza non viene dato a due paesi ma ad uno. Il ministro olandese sembra essere d’accordo. E’ ancora troppo presto infatti per credere all’ ipotesi di politica estera comune della UE, ma questo accordo raggiunto in extremis tra Olanda e Italia potrebbe rappresentare, seppur accidentalmente, una accelerazione verso una politica di sostegno al raggiungimento dell’obiettivo ideale: un seggio unico per l’UE al Consiglio di Sicurezza.
Dal 1 gennaio quindi l’Italia entra a far parte dei Quindici paesi membri del Consiglio di Sicurezza anche se solo per 12 mesi. Riepilogando, con altri quattro nuovi membri non permanenti: Svezia, Etiopia, Bolivia, Kazhakistan, che sostituiranno gli uscenti Spagna, Nuova Zelanda, Angola, Venezuela e Malesia. Con loro ci saranno anche Egitto, Giappone, Ucraina, Senegal e Uruguay, (che usciranno nel 2018 con l’Italia quando entrerà l’Olanda). Ovviamente i cinque con un seggio permanente, Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia e Cina, continueranno ad essere, e chissà ancora per quanto, i paesi ONU “più membri” degli altri.