Nonostante la sofferenza per le vigliacche stragi islamiste sofferte nell’anno, Parigi sta facendo con stile ed eleganza il suo Natale. Tutto vuole scorrere e accadere comme d’habitude. La gente si affolla nei grandi magazzini e si perde tra i grandiosi scenari consumistici. Alle Galeries Lafayette l’albero natalizio è più splendente che mai e le vetrine a tema cosmico in 3D sono una sorta di trionfo consumistico che la città e le famiglie sbattono in faccia agli stragisti. Così le luminarie del centro monumentale, in particolare quella della grande avenue Champs Élysées, arredata per ospitare, come negli anni scorsi, le vasche di parigini e turisti che l’affollano nelle sere di festa, facendo su e giù davanti all’Arco di Trionfo, per diventare un fiume in piena la notte di Capodanno.
Come cantava sessant’anni fa George Brassens in Les amoureux des bancs publics, a Parigi ci si bacia in pubblico seduti sulle panchine, o camminando in metro e in strada: peggio per puritani e beghine se hanno da ridire! La notte di capodanno, a Champs Élysées, ci sarà la consueta grande abbuffata di baci di tutti con tutti, e al Bonne Année si sommeranno stavolta speranza e solidarietà. Non mancano, ovvio!, le sirene delle auto di sicurezza che vanno e vengono, gli uomini armati a vigilare quanto e come possono. I giorni di Gesù Maria e Giuseppe, vanno protetti dai rischi del tempo: tutto può ancora accadere, ma si eviti quanto è possibile evitare.
Parigi, e l’intera Francia, stanno dando al mondo un esempio che, in occasioni simili, altri non hanno saputo dare. Niente isterie, compostezza persino nelle ali estreme dello schieramento politico che si tengono basse nella polemica verso governo e forze dell’ordine, mettendo al primo posto il senso della comunità nazionale e il rispetto per quei morti ammazzati che nessuno può rimuovere dalla memoria collettiva. Si sono appena tenuti i turni elettorali per le amministrative e, nonostante la temuta accelerata della destra estrema lepenista, tutto ha tenuto e funzionato nella calma.
Per capire questi comportamenti, basta fermarsi a Place de la République per mettere il proprio fiore accanto agli altri, o per guardare i mille mazzi di fiori lasciati lì da cittadini, parenti e amici delle vittime di novembre, con i tanti lumini e candele, i bigliettini scritti dai ragazzi che da un mese vanno e tornano nella piazza per “stare” con chi fu assassinato senza colpa, o per declinare in modi e idee diversi la convinzione che lo “spirito” della Francia repubblicana e libera non si farà battere dalla masnada di terroristi così stupidamente feroci.
Parlando con la gente, si percepisce, tuttavia, che dietro le luci del Natale e la volitiva presenza in Place de la République, vive la consapevolezza che la Francia, con l’Europa intera, è dentro un intenso e doloroso percorso dalle conseguenze imprevedibili. Questa sporca e miserabile guerra, profittando delle esistenti condizioni di libertà, si avvantaggia di un fronte così mobile da stare dentro le nostre società, ramificare tra insospettati colleghi di lavoro e vicini di casa. Sotto attacco è un modello di civiltà fondato, negli anni del dopoguerra, su principi inclusivi di tipo sociale e culturale, sul rifiuto della guerra, la cancellazione del nazionalismo, la rispettosa tolleranza verso ogni manifestazione di fede e pensiero. Sono valori ai quali, in Francia, ma nell’intero vecchio continente, nessuno vuole rinunciare, insieme ai principi di giustizia e tolleranza sui quali l’Europa contemporanea si è formata. Manca purtroppo, oggi, la forte e convinta risposta comune della politica: anche per questo, nonostante le luci e le vetrine, il pensiero resta intrappolato nel timore del futuro.