In questi giorni al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite si tengono le conferenze della Commissione dei diritti umani, dove vengono presentate le relazioni dei vari "Special Rapporteur" nominati dall'ONU.
Venerdì 23 ottobre è stata la volta della questione di cui, in questi ultimi mesi, si sente parlare da chiunque e ovunque: gli immigrati.
Abbiamo assistito alla conferenza stampa tenuta dal canadese Francois Crépeau, professore di diritto internazionale alla McGill University e delegato speciale dell'ONU sui diritti umani dei migranti, e dall’ecuadoriano Francisco Carrión Mena, anche lui professore universitario di diritto e presidente della commissione per la Protezione dei diritti dei migranti. Ai giornalisti è stato trasmesso un messaggio chiaro e deciso: ”Usare la forza non fermerà la crisi globale dell'immigrazione… Non è una questione di numeri, ma di leadership".
Entrambi hanno discusso dell’attuale crisi migratoria di persone in fuga dal Medio Oriente per l’Europa e l’America, e a tal proposito è stata anche fortemente criticata la recente risoluzione del Consiglio di Sicurezza sui flussi migratori nel Mediterraneo: "Unica risoluzione a cui si è giunti è quella di utilizzare la forza, la potenza militare di cui sono in possesso, per poter attaccare, e magari sequestrare, barconi sospetti. Ma con questa soluzione non si arresta il problema. I trafficanti cambierebbero soltanto i loro strumenti di lavoro".
La VOCE di New York ha così posto una domanda in cui si chiedeva, a proposito di diritti umani, se la risoluzione del Consiglio non fosse una condanna a morte per i migranti arrivati da paesi lontani dell'Africa e che cercano di raggiungere l'Europa dalla Libia, terra di nessuno. "Sono d'accordo con lei, è una questione di diritto alla dignità alla quale non possiamo rinunciare", risponde Crepeau.
La questione migrazione vien di solito affrontata con la domanda "quale è la soluzione?". Ma a questo quesito la risposta definitiva non c'è, e, probabilmente, non potrà mai esserci, ma non per questo bisogna arrendersi o ancora peggio spaventarsi.
Crepeau spiega che sono due le ragioni principali per aprire la migrazione. In primo luogo, "l'umanità è stata collegata grazie alla migrazione". Ciò significa che è nella nostra natura procedere verso ciò che è meglio. Tutti noi, compresi leader come Sarkozy e Obama – commentano gli esperti – siamo frutto di una mescolanza infinita di popoli diversi, migranti per l'appunto. Anche se oggi la situazione è cambiata rispetto a 10 anni fa, dobbiamo fare in modo che questo mix culturale non si fermi, proprio perché quello che sta avvenendo oggi si è sempre avuto nel passato. In secondo luogo, "i confini sono porosi." I confini che separano un paese da un altro assumono minor importanza se esiste una profonda disparita' di condizioni e di standard di vita tra l'uno e l'altro.
A causa di questi due istinti naturali, i migranti sono disposti a lasciare la propria casa rischiando inoltre la vita in cerca di sicurezza, posti di lavoro, e speranza per loro e per i loro cari.
“Bisogna organizzare l'emigrazione, è una illusione cercare di arrestarla”, sostiene Crepeau. C'è bisogno piuttosto di un programma ben strutturato che possa garantire la sicurezza e il futuro degli immigrati non solo per i prossimi mesi, ma per gli anni avvenire".

Francois Crepeau
Fin quando la disorganizzazione dei paesi riceventi i flussi migratori continua, si creano le condizioni per i trafficanti di poter trarre ingenti profitti. Ma se invece le migrazioni fossero regolate, automaticamente gli operatori del traffico illecito di esseri umani sarebbero messi fuori mercato e quindi anche queste ondate che calpestano i diritti umani e provocano morti inutili sarebbero finalmente interrotte.
Come cambiare le leggi in materia di immigrazione? L'ostacolo più grande da dover superare è l'ignoranza del popolo. I migranti cercano lavoro, e tutti i paesi sviluppati hanno lavoro da poter offrire loro, accanto ad una adeguata educazione, protezione e apertura mentale.
Il programma che oggigiorno si vuole portare avanti è composto da tre elementi principali che noi tutti dobbiamo garantire agli immigrati: trasporto aereo diretto al paese ospitante, visto d'immigrazione che garantisca la possibilità di lavorare, e infine una promessa di lavoro nel paese ospitante e istruzioni per i figli degli immigrati.
L’obiettivo sarà quello di garantire loro una sicurezza nel paese ospitante e un trattamento assolutamente equo, in salari come in diritti umani.
L'Europa potrebbe benissimo accogliere mezzo milione di immigranti all'anno se ad ogni Paese dell'Unione Europea ne fosse distribuito un numero a seconda della quantità di lavoro disponibile. "Alla Germania ne toccherebbero 50 mila, quando sappiamo già che ne accoglie 200 mila…". ha commentato Crepeau.
A questo punto la domanda in sala è sorta spontanea: "E paesi come l'America, l'Australia o lo stesso Canada, non pensate possano fare di più?" "Assolutamente sì, dovrebbero fare di più, come in realtà hanno sempre fatto nel passato". Infatti il nuovo governo canadese ha appena annunciato che vuole accogliere 50 mila rifugiati siriani entro dicembre. Possibile? "Non so se sarà possibile entro dicembre, ma non importa. Anche se ci riuscissero in 4-5 mesi, sarebbe un grande successo comunque", ha detto Crepeau.
Attraverso questa conferenza stampa al Palazzo di Vetro i due professori sono riusciti a farci vedere il grande fenomeno della migrazione dal punto di vista umano, non parlando più di “masse” ma di persone, ciascuna unica, con un proprio volto e una propria storia, tutte accumunate dalla stessa speranza verso un futuro migliore.