Non basta che Caino venga messo a morte, non basta che venga ucciso con crudeltà, in Iran Caino non ha diritto nemmeno alle esequie. In Iran esistono casi di persone condannate a morte e giustiziate in segreto, senza che le famiglie possano avere alcuna notizia di loro e senza il diritto all'ultimo saluto.
Il lutto diventa una vergogna e i corpi delle vittime non vengono restituiti ai propri cari per una giusta sepoltura e per compieri i riti religiosi. Che l'estrema punizione di Stati come l'Iran nei confronti dei condannati a morte arrivi fino alla tomba lo testimonia l'ultimo rapporto sulla pena di morte in Iran presentato all'Assemblea Generale dalla Terza Commissione delle Nazioni Unite sui diritti umani.
A pochi giorni dall'ultima esecuzione della giovane Reyhaneh Jabbari, 26 anni, impiccata nella notte tra il 24 e il 25 ottobre, l'Iran torna sotto i riflettori degli esperti dei diritti umani.
Da cinque anni nel braccio della morte, la giovane iraniana condannata a morte nel 2009 per aver ucciso l’uomo, un ex funzionario dei servizi segreti, che avrebbe tentato di stuprarla, è l'ennesima vittima di un sistema che mette a morte i propri cittadini con sempre maggiore facilità. Il Rappresentante speciale per i diritti umani della Repubblica Islamica dell'Iran, Ahmed Shaheed, si è detto scioccato da questa ultima esecuzione capitale.
“Negli ultimi 12 – 15 mesi la situazione è peggiorata, ha detto lunedi ai giornalisti durante la presentazione del rapporto Shaheed – “Almeno 852 persone sono state giustiziate da luglio 2013 a giugno 2014, rappresentando un allarmante aumento del numero delle esecuzioni se messo in rapporto con i numeri già alti dell'anno scorso”.
Dall'inizio dell'anno fino a giugno del 2014 piu di 200 persone sono state giustiziate,principalmente per reati legati alla detenzione o al traffico di stupefacenti.
Il 70% delle esecuzioni sono state destinate a persone coinvolte in reati che hanno a che fare con le droghe. “Le autorità locali sostengono che l'aumento del numero delle esecuzioni è necessario per combattere il traffico di stupefacenti”, si legge nel rapporto.
“Continuo a ricevere continui e allarmanti rapporti sull'uso di persone in isolamento prolungato, tentativi di rapimento, esecuzioni, – ha detto in Terza Commissione il Rappresentante speciale – persone picchiate pesantemente, uso dell'eletroshock e di bruciature per spingere le persone a confessare. Tutto questo è il segno dell'uso sistematico e diffuso di queste pratiche”. Molte delle informazioni che le persone diffondono sono poi utilizzate come prove contro di loro durante il processo.
Nonostante nel nuovo codice penale islamico, entrato in vigore nel 2013, non ci siano più riferimenti all'apostasia, alla stregoneria e all'eresia, in Iran si continua a essere mandati a morire per detenzione e traffico di stupefacenti, ma anche per adulterio e alcolismo. Il Rappresentante speciale per i diritti umani ha inoltre sottolineato che c'è stato un aumento del tipo di reati per cui le persone sono messe a morte, inclusi reati economici e tutto ciò che è legato all'attività politica.
Dalle punizioni capitali non sono risparmiati nemmeno i più giovani. “Il governo continua a giustiziare trasgressori minorenni. Solo nel 2014 otto giovani che avevano commesso il reato quando erano ancora minorenni sono stati giustiziati”.
Se a decidere è la giustizia iraniana, anche la religione può diventare un reato. Nel paese degli Shah “almeno 300 persone che appartengono a minoranze religiose sono in carcere ”, ha detto Shaheed.
A gennaio di quest'anno circa 50 cristiani sono stati messi in prigione, per essersi riuniti a pregare o per aver frequentato chiese fuori dall'Iran.
Secondo l'esperto indipendente delle Nazioni Unite “la condizione dei diritti umani in Iran continua a essere preoccupante, come lo sono il diritto alla vita, il sistema giudiziario, i diritti degli avvocati, le persecuzioni religiose e le discriminazioni contro le donne”. La denuncia di Shaheed è precisa: “lo scorso fine settimana l'Iranian Bar Association ha annunciato la sospensione della licenza di un avvocato, mettendo a repentaglio l'indipendenza già debole della categoria”. Anche la libertà on line è messa a dura prova. Facebook e Twitter sono illegali se gli utilizzatori sono semplici cittadini e non membri del governo. Centinaia di siti di arte, tematiche sociali e notizie sono stati bloccati.
La libertà d'informazione è oscurata dalla prigionia di 35 giornalisti e altri 36 tra filmmakers, autori vari e blogger sono stati arrestati per la loro attività giornalistica da maggio 2014.
Oltre a quelli che il Rappresentante chiama “i prigionieri della coscienza”, nelle carceri ci sono anche le prigionieri della morale, le donne.
Ventisette donne sono state giustiziate nel 2013. Quattro sono state uccise nella prima metà del 2014, di cui almeno una era vittima di un matrimonio precoce e forzato. Secondo quanto riportato nel rapporto, una giovane di nome Farzaneh Moradi era stata costretta a sposarsi a 15 anni e è stata impiccata il 4 marzo del 2014 nella prigione di Isfahan dopo aver provato a uccidere suo marito.
“I matrimoni precoci e forzati sono un altro serio problema”, ha detto il Rappresentante speciale.
L'età legale delle ragazze per sposarsi è di 13 anni, ma molte già a 9 anni possono sposarsi con il permesso di un tribunale. Secondo il rapporto, almeno circa 48 mila ragazze tra i 10 e 14 anni sono state costrette a sposarsi nel 2011, quasi tutte hanno fatto un figlio prima dei 15 anni.
Alcuni dei 40 mila matrimoni di ragazze al di sotto del 15 anni sono stati anche registrati tra il marzo del 2012 e il marzo del 2013, dei quali piu di 8 mila erano con uomini con almeno 10 anni di più.
Il rappresentante Onu ha detto che “il governo ha replicato dicendo che la legge proibisce i matrimoni forzati, e quindi dicendo che tutti i matrimoni che ci sono nel paese sono consensuali”.
“La preoccupazione sul peggioramento delle condizioni delle donne nel paese è crescente”, ha detto Shaheed sottolineando come il numero delle donne che frequentano l'università sia sceso dal 62 al 48 per cento in due anni.
Nonostante il 23 aprile scorso la Repubblica Islamica dell'Iran abbia ratificato la “Convenzione per l'eliminazione di ogni forma di discriminazione contro le donne”, la loro vita in Iran è ancora oggi segnata anche dalla mancanza di opportunità nei luoghi di lavoro e da una significativa disparità di trattamento economico.
I motivi per cui le donne vengono mandate a morire sono sintetizzati dall'associazione no profit Iran human rights documentary center, che spiega come a determinarne la morte sono le condizioni e le circostanze in cui vivono le donne nel paese. “La condizione sociale della donna, i pregiudizi di genere, e le discriminazioni nei loro confronti unite alle leggi penali e civili sono tutti elementi che preparano la strada alla pena di morte”.