Lunedì il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha detto che Israele continuerà a costruire nuovi insediamenti in tutta Gerusalemme, poche ore dopo che il suo governo aveva reso noto il piano per costruire 1.000 nuove abitazioni a Est della città, circa 400 a Har Homa e 600 a Ramat Shlomo. Quest’ultima operazione segue la decisione di Israele di accellerare il processo di costruzione di oltre 2.600 unità residenziali a Givat Hamatos, sempre a Gerusalemme Est.
La decisione israeliana è solo l’ultimo atto di un dramma già visto. Nei giorni precedenti segnali di tensione erano stati registrati nella zona della West Bank. “Il 24 ottobre militari israeliani sparavano e uccidevano un ragazzo palestinese di origini americane vicino Ramallah, che secondo quanto riportato stava lanciando pietre e molotov durante una manifestazione. Il 27 ottobre l’esercito israeliano arrestava 14 palestinesi per presunti lanci di pietre. Il 28 ottobre, quattro palestinesi venivano uccisi a colpi di arma da fuoco e feriti dalla sicurezza israeliana a Jenin”. Cronache di ordinario conflitto israelo-palestinese raccontate dal sottosegretario generale per gli Affari politici dell’ONU Jeffrey Feltman, durante una riunione del Consiglio di Sicurezza sulla situazione dei territori occupati a Gerusalemme Est, riunitosi sotto la sollecitazione della Giordania, rappresentante in Consiglio il mondo arabo.

Consiglio di sicurezza sulla situazione insediamenti israeliani a Gerusalemme Est
Lo scorso 21 ottobre il segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon aveva espresso la sua preoccupazione per i continui insediamenti fatti da Israele, occupando Gerusalemme Est. Aveva anche chiesto al governo israeliano di bloccare queste attività. Tutti al Consiglio di Sicurezza hanno concordato sul fatto che la politica degli insediamenti mina il processo di costruzione della pace e della creazione di “due popoli, due stati”.
“Come è stato detto dal Consiglio e dall Corte internazionale di giustizia, la politica di Israele e le operazioni di insediamento della sua popolazione e nuovi immigrati nei territoti occupati, inclusa Gerusalemme Est, sono in violazione della legge internazionale”, ha detto Jeffrey Feltman. L’ONU ritiene che gli insediamenti di Israele in Palestina sono illegittimi come lo sono anche per gli Stati Uniti, il cui ambasciatore ha parlato di “occupazione illegale”.
Il Rappresentante Permanente per gli Stati Uniti all’ONU, David Pressman, ha detto chiaramente che “gli Stati Uniti considerano le operazione di insediamento illegali. LA nostra opposizione è ovviamente chiara alle decisioni unilaterali prese da Israele e che posso pregiudicare il futuro di Gerusalemme, cosiccome ci opponiamo a ogni tentativo unilaterale di interrompere il duro lavoro fatto finora con I negoziati”.
Stessa posizione è stata espressa dall’osservatore permanente dello Stato di Palestina, Riyad Mansour, che ha denunciato lo stato di “assedio” in cui si trova Gerusalemme. “Israele continua senza sosta a tentare di cambiare l’identità di Gerusalemme, falsificarne la storia, alterare la sua demografia e negare i diritti dei palestinesi e il loro legame con Gerusalemme”.
La decisione di Israele di creare nuovi insediamenti a Gerusalemme Est per l’osservatore dello Stato di Palestina avrà conseguenze drammatiche sullo stato del conflitto israelo-palestinese. Queste operazioni “infiammeranno ulteriormente una situazione già esplosiva, peggiorando il sentimento religioso, aumentando la diffidenza e innescando un altro ciclo di violenze, inclusa l’istigazione al conflitto religioso”.
Riyad Mansour ha chiesto al Consiglio di sicurezza di sostenere e adottare una risoluzione che riaffermi la necessità della soluzione dei “due popoli due stati”, stabilendo una tempistica per la fine dell’occupazione israeliana, determinando così le condizioni per l’indipendenza e la difesa dei diritti dei palestinesi.
Nel frattempo Mansour ritiene che Israele faccia esattamente il contrario: “Mentre noi cerchiamo di porre fine a un’occupazione militare che dura da 50 anni, difendendo la soluzione dei due stati sulla base dei confini precedenti al 1967, Israele continua a espandersi e a controllare in maniera illegittima Gerusalemme Est e il resto dei territori occupati”.
La difesa di Israele è affidata al rappresentante permanente all’ONU, Ron Prosor che esordisce dicendo al Consiglio di Sicurezza: “Sono qui per esprimere una semplice verità. Il popolo di Israele non è un occupante e un colonizzatore. Israele è la nostra casa e Gerusalemme è l’eterna capitale del nostro stato sovrano”. Ron Prosor parla in maniera diretta agli altri rappresentanti accusandoli di ipocrisia, perchè ad esempio parlano solo delle “nuove costruzioni a Gerusalemme e non degli ebrei uccisi nella città santa”. La città simbolo della religiosità diventa per il rappresentante di Israele “la capitale di un popolo e un solo popolo, quello ebraico”. Prosor legge la bibbia di fronte al Consiglio di sicurezza per spiegare quali sono le ragioni dell’appartenenza ebraica della città di Gerusalemme: è scritto nel libro sacro.
Per il rappresentante palestinese Mansour invece Gerusalemme è la città delle tre religioni monoteiste, è ebraica, cristiana e musulmana, “il cuore della storia palestinese e mantiene un’identità araba e musulmana”. Il rischio, secondo l’ambasciatore palestinese, è che oltre al conflitto in corso si inneschi a Gerusalemme anche una guerra di religione.
Critico con le politiche di Israele anche il rappresentante speciale per le Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967, Makarim Wibisono.
Tuttavia, durante il suo incontro con la stampa al Palazzo di Vetro, Wibisono ha sottolineato l’importanza della recente apertura di Israele nei confronti delle Nazioni Unite che costituirebbe una novità significativa, poichè il governo di Tel Aviv aveva chiuso ogni rapporto con il precedente rappresentante speciale per sei anni.
Durante la sua visita alla sede dell’ONU di Ginevra lo scorso giugno, Wibisono ha avuto modo di incontrare i rappresentanti permanenti di Israele e Palestina. Tale occasione gli ha aperto le porte per la prossima visita del rappresentante speciale nei territori occupati. L’obiettivo è indagare sulle violazioni fatte da Israele in quell’area dei diritti umani, della legge internazionale e della Convenzione relativa alla protezione dei civili in contesti di guerra del 1949.
La visita è prevista per la fine del 2014 e sarà alla base del nuovo rapporto che sarà presentato al Consiglio dei diritti umani durante la sua ventottesima sessione, a Marzo del 2015.
L’attuale situazione di Gerusalemme Est preoccupa anche Wibisono. I problemi dell’area sono numerosi. Pensare agli insediamenti di Israele da una prospettiva legale è difficile. “Sono personalmente preoccupato dalla situazione in quell’area. Il recente annuncio di nuovi insediamenti non fa altro che aumentare la tensione. È una zona in cui sono violati tutti i diritti da quello all’istruzione a quello alla libertà di movimento”.
Impossibile per il rappresentante speciale non parlare della situazione di Gaza, tornata nel cuore della guerra la scorsa estate a seguito dell’operazione israeliana Protective Edge, iniziata durante la notte del 7 luglio, a seguito di ripetuti lanci di missili da Gaza, e terminata con un debole cessate il fuoco alla fine dell’estate. “A settembre ho incontrato alcune delle vittime della terribile escalation di Gaza – ha raccontato Makarim Wibisono – e ascoltato storie molto toccanti come quella di una ragazza di 14 anni che ha perso tutte e due le gambe, la madre e i fratelli. Per non parlare delle tante persone che continuano a soffrire per il trauma psicologico riportato”. La ragazza avrebbe espresso il desiderio di tornare a scuola e di ricominciare una vita normale, per questo, ha detto Wibisono, “è necessario ricostruire scuole, ospedali e case. Si può ricostruire solo dopo aver fermato questa violenza”.

Makarim Wibisono, Rappresentante Speciale per le Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967
Le violazioni che il rappresentante dice di aver potuto verificare da lontano, con interviste in video conferenza e rapporti, sono di ogni tipo. A partire dal diritto al cibo, negato dalle limitazioni che i pescatori di Gaza hanno nel navigare le acque che li circondano. L’embargo su Gaza, in vigore anche se attenuato dal giugno del 2007, farebbe il resto, negando alla popolazione beni di prima necessità come le medicine.
“Non ci sarà soluzione al problema politico fino a che ci saranno violazioni dei diritti umani in Palestina”, ha detto Wibisono.