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August 30, 2014
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Il mondo trema e Barack Obama dorme? Si rilassi pure, ma non dimentichi i “link”

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Il Presidente Barack Obama parla ai giornalisti il 28 agosto nella Briefing Room della Casa Bianca. (White House Photo by Amanda Lucidon)

Il Presidente Barack Obama parla ai giornalisti il 28 agosto nella Briefing Room della Casa Bianca. (White House Photo by Amanda Lucidon)

Time: 6 mins read

 

Questa settimana, durante uno dei press briefing al Palazzo di Vetro dell'ONU, ho chiesto al portavoce del Segretario Generale quale fosse tra le due maggiori crisi internazionali – quella ai confini tra Ucraina e Russia e l'ennesima in Medio Oriente con l'espansione dell'Isis tra Siria e Iraq –  quella che tenesse più sveglio di notte Ban Ki-moon. (Qui il video, min. 21:10). Prevedibile la risposta. Dopo aver avvertito che "anche l'epidemia Ebola" preoccupa il Segretario Generale, il portavoce Stéphane Dujarric ha ricordato che  sono tante le crisi nel mondo che fanno dormire poco Ban Ki-moon, quindi fare una classifica di pericolosità non è mai opportuno perché tutte minacciano e fanno soffrire le popolazioni coinvolte in ognuna di queste crisi.

Nel porre al Palazzo di Vetro la mia domanda ero cosciente del fatto che al mondo importa sempre meno cosa non faccia dormire il sempre più debole segretario dell'ONU Ban Ki-moon. Ma, se solo avessi avuto la possibilità, la stessa domanda questa settimana sarebbe stata perfetta per il Presidente Barack Obama: e già Mr. President, ma tra l'Ucraina a rischio invasione russa e l'espansione dell'Islamic State of Iraq and Syria, quale delle due minacce non la fa dormire di notte?

A quanto pare, nessuna di queste due crisi internazionali sembra causare l'insonnia all'inquilino della Casa Bianca. Forse Barack, come per Ban, soffre gli incubi pensando a Ebola che presto, secondo l'ONU, potrebbe contagiare altri 20 mila in Africa? Ma quando mai, a quanto pare alla Casa Bianca si dorme pesante.

Lo ha praticamente fatto capire lo stesso Obama, venerdì, mentre attraversava la ricca contea di Westchester dello Stato di New York per raccogliere fondi e venire in soccorso delle campagne elettorali di alcuni democratici traballanti per la rielezione in Congresso, dichiarando che solo dai media appare che "il mondo stia andando in pezzi", ma il presidente non la pensa affatto così e per questo, ci dice, gli americani dovrebbero restare calmi e fiduciosi: "Passeremo questi tempi difficili come abbiamo fatto già in passato" ha detto Obama,  aggiungendo che dopotutto questo periodo "non è equiparabile alle sfide che abbiamo dovuto affrontare durante la Guerra Fredda".

Ma le teste mozzate e le crocifissioni dell'ISIS? I carri armati russi che sconfinano in Ucraina? Per Obama nel Medio Oriente le cose stanno andando male e preoccupano da tanto tempo, ma secondo il Commander-in-Chief la vera differenza è che rispetto al passato gli americani ora prestano maggiore attenzione grazie all'avvento di nuove tecnologie: "La verità è che il mondo è stato sempre un casino" (Obama ha usato la parola "messy", disordinato, ma in italiano la parola rende poco e allora preferisco tradurre con "incasinato"). Il presidente quindi spiega che la differenza col passato è che oggi "lo notiamo di più per via dei social media e la nostra capacità di vedere nei dettagli più intimi le sofferenze che certe popolazioni stanno  affrontando". Insomma, niente paura, ci dice Barack, nel mondo si sono sempre scannati, è tutta colpa di internet che adesso tanto sangue ci cola addosso.

Obama ha forse usato questi toni per tranquillizzare gli americani dopo che appena il giorno prima se ne era uscito con una tanto infelice quanto sincera frase: la Casa Bianca non aveva ancora una "strategia" per affrontare il problema dell'ISIS in Siria. Come per respingere la valanga di accuse di impreparazione della sua amministrazione a confrontarsi con questo "mondo che cade a pezzi", Obama quindi il giorno dopo replicava: il mondo è stato sempre pieno di crisi e anzi durante la Guerra Fredda i pericoli erano maggiori…

Ha ragione Barack? O fa malissimo il presidente, che secondo molti critici repubblicani potrebbe salvare il mondo dall'ISIS o dalla Russia di Putin – che, ricordiamo,  la sua ex segretario di Stato e prossima candidata alla Casa Bianca Hillary Clinton equiparò alla Germania di Hitler –  a dormire sonni tranquilli? E' giusto lasciar solo nell'insonnia il già impotente Segretario Generale dell'ONU?

Diciamo che fa benissimo a ricordarci, il nostro presidente, che le crisi internazionali ci sono sempre state e sempre ci saranno, e non è con l'isteria e la chiamata alle armi che si risolvono. Insomma lui non è e non vuol imitare il suo predecessore George W. Bush. 

Ma non rischia Obama di essere troppo prudente, "lento ad agire", una specie di Chamberlain del XXI secolo, come sembrano pronti ad accusarlo i senatori repubblicani John McCain e Lindsey Graham in un loro articolo appena pubblicato sul NYT? Bisogna incitare Obama a svegliarsi e confrontare subito l'ISIS e a fermare Putin? 

Lo stesso 29 agosto, sul New York Times, appare un intervento di John Kerry, segretario di Stato di Obama, in cui si afferma che il pericolo dell'ISIS lo si deve affrontare prima che sia troppo tardi, ma che lo si dovrà fare tutti insieme, creando una coalizione di nazioni volenterose che hanno tutte l'interesse a fermare gli scatenati jahdisti che non si fermerebbero alla conquista della Siria e dell'Iraq. Insomma l'ISIS si deve distruggere, ma senza la fretta o l'isteria dell'azione unilaterale. E costruire coalizioni durevoli ed efficaci non si fa in una notte insonne. 

Ricordate quando Obama l'anno scorso fermò le portaerei ormai pronte ad attaccare la Siria di Assad? Se invece fosse andato avanti e quell'intervento avesse fatto cadere quel regime? Beh, non solo la Siria avrebbe ancora gli arsenali pieni di armi chimiche (che invece adesso sono state eliminate del tutto e senza bisogno di bombardarla) ma probabilmente a spadroneggiare a Damasco e anche a saccheggiare gli arsenali di armi chimiche, ci sarebbero oggi i tagliatori di teste dell'ISIS… Uno a zero per Obama, quindi, che con lo stratagemma di chiedere al Congresso l'autorizzazione dell'intervento militare prese tempo e quei giorni preziosi consentirono l'accordo con la Russia di Vladimir non più così "terribile" che portò al disarmo chimico monitorato dall'ONU.

Già, la Russia di Putin. Quella che si è poi annessa la Crimea. E che ora "invade" l'Ucraina. E allora, Obama, non lo vedi che le sanzioni non bastano per punire la Russia? La prudenza della Casa Bianca anche qui ci sembra invece essere ampiamente giustificata. Infatti "i cattivi", in politica internazionale, quasi mai stanno solo da una parte e il presidente americano sembra averlo inteso anche per questa crisi russo-ucraina: con quella sua frase di venerdì, quando dice che dopotutto "non siamo davanti alle crisi della Guerra Fredda", Barack sembra voler lanciare un segnale al Cremlino. 

Proprio venerdì all'ONU, i russi, durante una riunione del Consiglio di Sicurezza dedicata al Kosovo, avrebbero potuto dire: scusate, ma perché quello che avete fatto voi per gli albanesi della ex Jugoslavia, non possiamo farlo noi per andare in soccorso dei ribelli russi bombardati dall'esercito di Kiev?

Adesso tutti conosciamo l'espressione "link", ma questa parola inglese, in politica internazionale, era usata molti anni prima che diventasse di uso comune nell'era di internet. A coniare "linkage" come formula di strategia internazionale fu infatti la strana coppia Nixon-Kissinger, per cercare di districare gli Stati Uniti dalle sabbie mobili del Vietnam. La formula del "linkage" servì a inaugurare una nuova politica nei confronti dell'URSS, che significava pressapoco questo: se tu non mi ostacoli in quella crisi dove io sono in difficoltà (per esempio non fornendo più armi ai vietnamiti), io ti do concessioni dove tu hai molte preoccupazioni, come nel trattato sugli armamenti… 

Anche in questo mondo che Obama ci dice non è più pericoloso di prima ma ci appare più sanguinario solo perché internet ce lo porta dentro casa, tutto si può "linkare". E allora, dai Obama, anche tu che hai studiato ad Harvard come fece Kissinger, qualcosa avrai imparato. Dopotutto, non saresti il solo a capirlo: la cancelliera Angela Merkel ha dichiarato recentemente che la crisi in Ucraina si risolve solo quando si terranno bene in conto tutti gli interessi russi.  E una volta "linkati" quelli con i tanti problemi da risolvere tra l'Iraq e la Siria… 

Già, non ci resta che sperare che anche questa volta abbia ragione Barack a continuare a farsi lunghe dormite, dopotutto queste crisi cosa sono in confronto a quelle della Guerra Fredda.

 

Qui sotto il video della conferenza stampa di Barack Obama alla Casa Bianca del 28 agosto

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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