Papa e santo non è un binomio frequente. Anzi. In duemila anni di storia, ce ne sono fin qui stati solo 80, su 266 Papi. Ma, negli ultimi novecento anni, ne troviamo solo due. So che “ultimi novecento anni” è frase che risuona di spiazzante ironia, ma la Chiesa cattolica ha un altro passo rispetto al timing che regola le nostre giornate. Per essere più precisi, più di metà di questi Papi-santi (49) sono concentrati nei primi cinque secoli del cristianesimo, tempi di catacombe e persecuzioni, ma anche di eresie e di estirpatori di eresie, sommo fra questi, Sant’Agostino (che non fu Papa). Altri 22 si ebbero fino a poco oltre Carlo Magno. Dopo la prima fase eroica, e quella successiva della fondazione temporale, la santificazione dei pontefici si è andata diradando. Dei nove restanti, sette si distribuiscono in circa sei secoli, fino a San Pio V, che fu Papa dal 1566 al 1572. Poi San Pio X, sommo pontefice dal 1903 al 1914.
Pertanto, che domani Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II saranno proclamati santi, nello stesso giorno, è evento (è il caso di ricorrere alla parola, oggi usata anche per un cocktail) eccezionale, pure in seno ad un momento già eccezionale di suo, qual è certo la santificazione di un Papa; giacchè, rispetto alla totalità dei santi riconosciuti nel Martirologio romano- l’elenco ufficiale dei santi e di beati della Chiesa cattolica, circa 10.000- il numero di 80 quantifica evidentemente un’eccezione. Fine dei numeri.
Riconoscere ufficialmente la santità di qualcuno è un atto eminentemente pubblico, dunque politico, dunque, visto di chi stiamo parlando, teologico-politico. Per rendersene conto basti brevemente soffermarsi sugli ultimi due Papi-santi, i citati Pio V e Pio X.
Il primo ascese al soglio tre anni dopo la chiusura del Concilio di Trento, vale a dire la Controriforma. Lutero aveva sollevato obiezioni serie e, perciò, fu preso sul serio. Nel frattempo, caduto nel 1453 l’Impero Romano d’Oriente, era ormai in piena espansione l’imperialismo ottomano, cioè musulmano. Guerre di religione e ripresa del tema amico-nemico sull’asse Occidente-Oriente furono le due correnti che confluirono verso Pio V il quale, domenicano e inquisitore piemontese qual’era, agì con la complessità necessaria: sostenne Maria Stuarda contro l’anglicana Elisabetta I, che scomunicò, (quello fu anche il tumulto di Shakespeare), ma tenne ferme le prerogative papali pure rispetto al cattolico Filippo II, il quale, tra l’altro, aveva tentato di impedire proprio quella scomunica; ed infine uscì vincitore, anzi trionfatore, dalla battaglia di Lepanto, a capo della Lega Santa che aveva costituito (successo più simbolico che politico, ma, trattandosi di religione, i simboli pesano). Concesse il titolo di Dottore della Chiesa a san Tommaso d’Aquino, che, con la sua filigrana aristotelica, è sempre apparso un’arma a doppio taglio agli occhi della conservazione dottrinale più retriva, e si rese inviso a molti promuovendo una rigorosissima “spending review” (diceva che un Papa poteva considerarsi sufficientemente ricco se non conosceva la miseria).
Pio X veniva dal mondo contadino, come Giovanni XXIII e, come Giovanni XXIII, fu eletto Papa da Patriarca di Venezia. Negli undici anni che precedettero l’esplosione della Prima Guerra mondiale distese i toni rispetto alla Questione Romana, divenendo al contempo artefice di un’intelligente lettura del Moderno e dei suoi vessilliferi politico-sociali: il liberalismo e il socialismo. S’intende che non fu né liberale né socialista, tuttavia si mosse con attente distinzioni. Con l’enciclica “Il Fermo proposito”, scritta in italiano, attenuò il non expedit (per cui ai cattolici era fatto divieto, sotto pena di scomunica, di partecipare alla vita politica nello stato italiano liberale e laico) e, istituendo l’Azione Cattolica, promosse proprio quella partecipazione alla società politica (e, quindi, il suo riconoscimento) che avrebbe fattivamente connotato la presenza dei cattolici nell’Italia moderna. D’altra parte, alla Francia della Terza Repubblica, mossa da certa laicità fanaticamente irreligiosa e statolatrica che aveva condotto il governo del radical-socialista Combès ad abrogare unilateralmente il concordato, oppose due encicliche, una più dura dell’altra. Promosse l’introduzione di un nuovo Codice di Diritto Canonico e di un nuovo Catechismo e fu sempre molto attento alle ragioni di chi lavorava “sotto padrone”. Non un Concilio ecumenico, ma nel contesto in cui operò (già abbastanza segnato dal protagonismo dal basso, rispetto ai passati secoli “verticistici”), cambiare Codice e Catechismo, insieme all’inedita “socialità” rappresentata dall’Azione Cattolica, avviò efficacemente un Novus Ordo.
Domani Francesco santificherà i due Papi più vistosi e popolari, forse, di sempre: dal momento che la “società affluente” prima non esisteva. La Chiesa cattolica parla con i secoli e per i secoli. Cogliere il senso, o i sensi di questa scelta non è certo facile. Però un aiutino potrebbe venire proprio dal profilo degli ultimi due pontefici ad essere investiti di questa corona teologico-politica.
Pio V, militante sul fronte interno e su quello esterno, nonché pubblicamente riconoscente verso il genio filosofico al servizio della fede, come Karol Wojtyla; e Pio X, vigile ma non ostile esploratore della società di massa, realistico interlocutore della sua dimensione laica, ma pronto a precisare confini e priorità, come Giovanni Roncalli. Perché no?