Il Consiglio di Sicurezza (CdS) dell’ONU è stato istituito il 24 giugno 1945 e in base all’articolo 24 della Carta delle Nazioni Unite gli viene conferita la responsabilità principale del mantenimento della pace e della sicurezza internazionale. Il CdS si compone di 5 membri permanenti e 10 membri non permanenti eletti fra i paesi che fanno parte dell’ONU. Quanto ai membri permanenti del Consiglio, essi sono le cinque potenze uscite vincitrici dalla Seconda Guerra Mondiale ovvero: Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia e Cina. Ma altri paesi da almeno venti anni stanno bussando alla porta del Consiglio per farne parte come membri permanenti senza diritto di veto.
I seggi permanenti non sono mai cambiati dalla nascita del CdS, mentre quelli non permanenti sono passati da 6 a 10 nel 1965 mentre in meno di 70 anni si è passati da 50 paesi membri dell’ONU a ben 193 con la creazione e l’ingresso del Sud Sudan.
L'ex segretario generale Kofi Annan fu tra i primi ad occuparsi ad esporre delle raccomandazioni in merito ad una riforma del CdS, proprio perché negli ultimi decenni gli equilibri e i rapporti di forza sono mutati. Una delle soluzioni proposte fu quella di ampliare il numero di membri permanenti.
Dal settembre 2004, infatti, il cosiddetto gruppo G4 (Brasile, India, Giappone e Germania) ha concordato di appoggiarsi reciprocamente per ottenere un allargamento dei seggi permanenti e non. Inoltre bisogna sottolineare che tra i paesi che hanno fatto richiesta di divenire membri permanenti, il Giappone e la Germania sono rispettivamente il secondo e il terzo paese finanziatore delle Nazioni Unite, un dato da non trascurare (l'Italia risulta settimo contributore finanziario ai bilanci obbligatori dell'Onu).
L’Italia ha un ruolo importante in questa discussione da quando, nel 1995, il nostro Rappresentante Permanente all’ONU, l'ambasciatore Francesco Paolo Fulci, ha formato lo “Uniting for Consensus Group”, e fa sentire la propria voce opponendosi soprattutto al tentativo del G4 di prendersi un seggio permanente facendo di conseguenza "retrocedere" l'importanza all'Onu di paesi come appunto l'Italia.

Il Segretario Generale dell’ONU, Ban Ki-moon e il Rappresentate Permanente d’Italia all’ONU, Amb. Sebastiano Cardi
Giovedì, il nostro attuale Rappresentante Permanente, l'ambasciatore Sebastiano Cardi (che alla missione italiana all'Onu aveva già lavorato proprio ai tempi di Fulci) in occasione del 10° turno di negoziati intergovernativi sulla riforma del Consiglio di Sicurezza, rivolgendosi all’Assemblea Generale dell’ONU e parlando a nome di Uniting for Consensus (UFC), ha voluto ribadire l’impegno e il sostegno del gruppo su tale riforma auspicando che essa soddisfi gli interessi di tutti gli Stati membri (e non di alcuni soltanto), ricordando infine che le discussioni devono essere organizzati in base al consenso. Cardi ha così voluto volgere l’attenzione sul famoso non-paper, documento redatto da un gruppo consultivo di cinque (Belgio, Liechtenstein, San Marino, Sierra Leone e Papua Nuova Guinea) su richiesta del presidente dell'Assemblea Generale John Ashe lo scorso novembre. Infatti già allora una maggioranza di paesi (il gruppo Uniting for Consensus, molti paesi africani, il Gruppo Arabo, Russia e Cina) si era pronunciata contro la metodologia e i contenuti di quel documento di sintesi delle categorie di appartenenza “membership”.
La discussione di ieri, era dedicata proprio alle categorie di appartenenza, e comprendeva soprattutto: l’allargamento di entrambe le categorie permanenti e non permanenti di appartenenza; l’allargamento nella sola categoria non-permanente di appartenenza e allargamento attraverso la creazione di una nuova categoria di appartenenza, rendendo immediatamente i termini d’iscrizione rinnovabili.
L’Amb. Cardi ha poi affermato: “Il Consiglio di Sicurezza deve essere più rappresentativo, efficace, trasparente e responsabile. Penso che sia giusto dire che tutti i membri concordino su questi principi. Ma non basta, perché c'è un problema cruciale da risolvere: vale a dire, come raggiungere questi quattro obiettivi”.
L'ambasciatore italiano ha quindi evidenziato che per alcuni la soluzione ideale sia l’aumento dei singoli seggi permanenti, riferendosi proprio al gruppo G4, ma qui ha immediatamente chiarito che il gruppo UFC, ha forti riserve in merito. Tra i vari motivi, Cardi ha elencato i seguenti: incrementare il numero di seggi permanenti non rende il CdS più rappresentativo ma perpetua la logica di esclusione; più di un terzo di tutti i paesi appartenenti all’ONU non è stato ancora mai membro del CdS; l’incremento di seggi permanenti non servirà ad aumentare la trasparenza in seno al CdS e infine non vi è alcuna possibilità oggettiva di identificare un certo numero di paesi che, più di altri, può avanzare pretese superiori a un seggio permanente individuale.
Cardi ha poi fortemente rimarcato: “Abbiamo bisogno di una composizione dinamica e flessibile del Consiglio, in grado di adattarsi alle realtà mutevoli, e non invece una rigida disposizione che consolidi gli schemi disfunzionali del passato […] l’idea di allargare il CdS a nuovi singoli membri permanenti, insomma, non funziona”. “Per questo motivo oggettivo l'approccio che dobbiamo prendere non è quello di forzare la mano a favore di un modello rispetto ad un altro, ma piuttosto di trovare un nesso comune tra di loro”, ha poi aggiunto.
L’Ambasciatore Cardi sempre nel suo discorso ha anche voluto esortare tutti gli Stati membri a mostrare la flessibilità e l'apertura necessaria per far avanzare questo processo, ricordando che l’UFC è l'unico gruppo che ha dimostrato la flessibilità e la volontà di scendere a compromessi spostandosi dalla sua posizione originale e presentando due proposte concrete per la Riforma del Consiglio di Sicurezza, nel 2005 e nel 2009. Su tale punto Cardi ha così affermato: “Le nostre aperture non sono state ricambiate. E' tempo per gli altri di mostrare flessibilità e di aiutarci a esplorare un terreno comune. L'unica via d'uscita è il compromesso, una soluzione in grado di raccogliere il più vasto consenso politico possibile, una via di mezzo tra quelli che appoggiano un incremento dei singoli seggi permanenti e quelli che, come l'UFC, preferiscono l’istituzione di seggi non permanenti”.
Il diplomatico italiano ha in seguito spezzato una lancia a favore del continente africano ed ha anche esortato che si prendano in considerazione anche le aspirazioni di particolari categorie di Stati membri e tradizionali gruppi regionali delle Nazioni Unite, come ad esempio gli Stati appartenenti all'Organizzazione per la cooperazione islamica, la Lega Araba (in Africa e Asia) o Small States e gli Medium Size States o gli Small Islands Developing States (in Africa, Asia, GRULAC).
Per negoziare una via d'uscita da questo impasse, l'UFC ha proposto il Paper Italia-Colombia come terreno comune. Tale proposta prevede due punti chiavi: il primo riguarda l’istituzione di nuovi seggi a lungo termine – da assegnare a rotazione ai vari gruppi regionali (Africa, Asia, America Latina e Caraibi, Europa occidentale e Europa Orientale) in base alle modalità e alle due opzioni di distribuzione descritte nel Paper – mentre il secondo punto concerne dei nuovi seggi regolari non permanenti per un periodo di 2 anni da destinare agli Small States, Medium Size States, Africa, Asia, America Latina e Caraibi, e gruppo dell'Europa orientale, senza possibilità di rielezione immediata.
Cosi spiegando l’Ambasciatore Cardi ha concluso sostenendo: “La nostra proposta è un tentativo per cercare di salvaguardare gli interessi di piccoli, medi e grandi Stati/regioni”.
Insomma l’Italia ha ribadito la sua proposta e non ci resta che attendere l’esito di queste riunioni, augurandoci che vengano prese in considerazione le opinioni di tutti e che si trovi un modo per velocizzare le decisioni del CdS oltre ad avere una equa e giusta rappresentazione in seduta. La creazione dell’ONU nel 1945 fu un’ intuizione lungimirante ma come tutte le cose è giunta l’ora di un upgrade se si vuole restare al passo con i continui mutamenti geo e sociopolitici in corso.