In questi giorni, la comunità internazionale è impegnata a scrivere una nuova agenda, post 2015, per i Millennium Development Goals. In occasione dell'ottava sessione dell'Open Working Group on Sustainable Development Goals, martedì 4 febbraio, le missioni permanenti alle Nazioni Unite di Italia e Repubblica di Palau, insieme al Global Partnerships Forum e alla Sustainable Oceans Alliance, hanno organizzato un forum dal titolo Healthy oceans and seas: a way forward, con la partecipazione, tra gli altri, del ministro dell'Ambiente, Andrea Orlando, del presidente della Repubblica di Palau, Tommy Remengesau Jr, e di David Miliband, presidente dell'International Rescue Committee. Scopo del forum è di portare all'attenzione del working group sui MDG il tema della salute degli oceani, perché diventi uno tra gli obiettivi di sviluppo.
Nel 2000 le Nazioni Unite hanno stabilito gli otto Millennium Development Goals (MDG) a seguito dell'adozione della United Nations Millennium Declaration. I 189 paesi al tempo membri dell'ONU (oggi sono 193), insieme a una ventina di organizzazioni internazionali, si sono impegnati a raggiungere questi obiettivi entro il 2015. L'ambiziosa agenda è riuscita a mettere insieme, per la prima volta, una serie di iniziative ed energie per lo sviluppo dei paesi più poveri. Tra gli obiettivi ci sono lo sradicamento della povertà, la riduzione della mortalità infantile, l'accesso universale all'istruzione, la lotta a malattie come l'HIV e la malaria, la sostenibilità ambientale dello sviluppo.

I Millennium Development Goals
Ed è su quest'ultimo punto che alcune nazioni oggi ritengono necessario entrare nello specifico correggendo un'omissione di quella prima agenda. Negli obiettivi fissati dai MDG non ci sono, infatti, riferimenti espliciti alla salute degli oceani e dei mari. Un punto che, con la crescente minaccia del riscaldamento globale e la drammatica riduzione della fauna ittica, oggi preoccupa molte nazioni che con il mare hanno tradizionalmente convissuto.
In prima linea l'Italia e la repubblica di Palau, un arcipelago di isole nell'Oceano Pacifico. A unire questi due paesi così lontani è, appunto, il mare e soprattutto gli effetti di una lunga serie di problemi legati alla sua cattiva gestione. Per questo motivo, i due paesi si sono fatti promotori del forum di martedì 4 febbraio.
Tante le questioni da mettere in agenda: dall'innalzamento del livello dei mari, all'inquinamento delle acque, fino alla regolamentazione della pesca. La chiave per affrontare con successo questi problemi è la cooperazione internazionale. Da qui la necessità di inserire il discorso sugli oceani all'interno del dibattito ONU, anche in vista dell'incontro, voluto dal segretario Ban Ki-moon, che si terrà a New York il prossimo settembre in preparazione della ventesima Conferenza delle Nazioni Unite sul climate change (COP20) che si spera riesca a riportare le nazioni su un fattivo percorso comune per la lotta ai cambiamenti climatici.
“Gli oceani e i mari – ha detto l'ambasciatore d'Italia all'ONU, Sebastiano Cardi, nel suo intervento durante il forum – sono stati trasformati da amici dell'umanità in quasi nemici da dannose attività umane come bruciare combustibili fossili, il trasporto di specie marine da un habitat all'altro, la pesca eccessiva e uno smaltimento dei rifiuti insostenibile e pericoloso. La catena alimentare dell'oceano è stata interrotta, le popolazioni ittiche si stanno riducendo, e il livello del mare sale”.
Problemi cui l'Italia non è certo immune e che, anzi, stanno dimostrando sempre più la loro drammatica realtà. “Circondata dai mari, l'Italia ha già subito perdite e distruzione causate dalla irosa risposta dei mari alle attività che ho appena elencato – ha proseguito Cardi – Stiamo investendo molto nel futuro delle nostre coste e delle isole attraverso una serie di iniziative per combattere l'inquinamento e l'erosione. Stiamo creando aree protette e santuari marini. Stiamo monitorando le specie invasive per ridurre il loro impatto negativo sugli ecosistemi marini”.
Cardi ha poi ricordato Venezia che, con la costante minaccia dell'acqua alta e dell'erosione, è uno dei più drammatici esempi dell'interruzione di quel rapporto simbiotico tra l'uomo e il mare.

Un momento del forum Healthy oceans and seas: a way forward
Dall'altra parte del mondo gli stessi fenomeni stanno cambiando la vita degli abitanti di tante piccole isole del Pacifico. “A Palau uno dei criteri per scegliere un buon marito è che debba essere un buon pescatore. E io sono qui perché sono un pescatore – ha esordito il presidente della Repubblica di Palau, Tommy Remengesau Jr. – Ma mentre c'era un tempo in cui c'erano grosse riserve di pesce e io potevo scegliere quale prendere, oggi non è più così. Le riserve ittiche stanno diminuendo e i pesci sono più piccoli”. Ricordando che il suo paese è un paradiso terrestre, con paesaggi scenografici e un'enorme biodiversità (tra cui 1.300 specie di pesci e 700 specie di coralli), il presidente ha elencato una serie di iniziative messe in campo dalla Repubblica per la conservazione dell'ambiente, tra cui la creazione di una rete nazionale di aree protette, di un santuario degli squali e di un piano per la conservazione del 30% della fauna marittima e del 20% di quella terrestre.
“Ma quanto peso avranno gli sforzi di Palau se la comunità internazionale non va nella stessa direzione?” ha chiesto Remengesau all'aula ricordando che, negli ultimi anni, la sua isola è stata colpita da disastri naturali di sempre maggiore intensità e frequenza. “Se i nostri partner vogliono davvero aiutarci devono ridurre le loro emissioni di gas serra” ha sottolineato il presidente chiedendo, infine, alla comunità internazionale di produrre una convenzione quadro che dia limiti ben precisi allo sfruttamento delle acque. “Fino a quel momento – ha concluso Remengesau – io lavorerò per dichiarare le acque di Palau chiuse alla pesca commerciale e trasformare le nostre 200 miglia di costa in un santuario marino”.
Per parte sua, l'Italia si impegna a dare il proprio contributo perché la comunità internazionale intraprenda azioni concrete. In particolare, ha spiegato nel suo intervento il ministro Orlando, in riferimento al Mediterraneo dove l'Italia sta lavorando, insieme alle altre nazioni dell'area, per la conservazione dell'ambiente marittimo. “Consapevoli del nostro ruolo prominente nell'area del Mediterraneo, ci impegniamo per la salvaguardia dell'ambiente marino e costiero” ha detto Orlando.

Il ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando parla al forum Healthy oceans and seas: a way forward
Ricordando che nei prossimi mesi sono in programma alcuni appuntamenti importanti per i piani di sostenibilità ambientale all'interno della comunità internazionale, Orlando ha poi aggiunto: “Tra qualche mese il nostro paese assumerà la presidenza dell'Unione Europea e l'Italia è pronta a prendere la leadership per iniziative e azioni su questa linea”.
Nell'ottica di iniziare a intraprendere azioni concrete, Telespazio, società di Finmeccanica tra i principali operatori al mondo nel settore dei servizi spaziali, e la Repubblica di Palau, hanno firmato nella sede della Rappresentanza Permanente d’Italia all'ONU un Memorandum of Understanding allo scopo di avviare una collaborazione nel settore dell’osservazione della terra da satellite, con particolare attenzione agli effetti del climate change, la gestione delle emergenze causate da fenomeni climatici estremi, la sorveglianza marittima per garantire il rispetto delle attività di pesca.
Primi passi verso la definizione di una strategia complessiva che, tuttavia, come si è detto in molti degli interventi di martedì, non potrà essere messa in campo se non con il coinvolgimento della comunità internazionale e dell'ONU in primis. Il presidente dell'Assemblea generale, John Ashe (già ambasciatore all'ONU di Antigua e Barbud), ha messo il problema ambientale al centro della sua agenda e porta avanti gli interessi delle tante isole colpite drammaticamente dal climate change.
E tuttavia, nel modo in cui ha finora condotto la sua politica riguardo la possibile riforma del Consiglio di Sicurezza, sembra abbia avuto una tendenza a prestare orecchio alle ragioni delle nazioni, con Germania e Giappone in prima fila, che aspirano al seggio permanente: un cambiamento che l'Italia non vede con favore. Sarà anche per questo che il nostro paese, in sede ONU, ritiene fondamentale e strategico fare blocco comune con quei piccoli stati che potrebbero rivelarsi cruciali in caso di voto determinante dell'Assemblea Generale sulla riforma (Palau conta quanto la Cina, per intenderci). Una strategia avviata circa un ventennio fa dall'allora ambasciatore all'ONU Francesco Paolo Fulci e che oggi trova nell'emergenza ambientale e nel tema della salute di mari e oceani un ulteriore terreno comune per rafforzare questa alleanza.