Il 20 gennaio, proprio nel giorno in cui negli Stati Uniti si celebra il Martin Luther King Day, alle Nazioni Unite l’Italia ha organizzato una conferenza con il premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz, che insieme ad altri esperti tra politologi, economisti, giuristi, storici e diplomatici, ha dibattuto sul tema “la minaccia della crescente ineguaglianza”.
La conferenza è stata organizzata nella grande sala dell'ECOSOC, il Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite, dalla missione italiana all'ONU guidata dall’Ambasciatore Sebastiano Cardi, in collaborazione con il direttore dell’Istituto italiano di Cultura, Riccardo Viale. Al centro del dibattito, come riuscire a sostenere crescita e sviluppo sostenibile e rispettare i "post" obiettivi del Millennio, quindi per il periodo 2015-2030, i cosiddetti Sustainable Development Goals. Per riuscire a raggiungere questi obiettivi del Millennio bisogna capire e affrontare le cause alla radice dei conflitti e delle crisi economiche e, quindi, prima di tutto l'ineguaglianza crescente in tutto il mondo.

La sala dell’ECOSOC durante la conferenza (Foto di Jessica Karcz)
Nel suo intervento di apertura, l'ambasciatore italiano Sebastiano Cardi ha affermato che "questo è l'unico modo per assicurarsi che il nuovo piano per lo sviluppo rifletta pienamente le priorità della comunità internazionale per garantire non solo la crescita, ma una più bilanciata distribuzione dei benefici che derivano dalla crescita".
Dopo l’intervento del direttore dell'IIC, Riccardo Viale, che ha ribadito come "l'estrema ineguaglianza non può essere più accettata, mette in pericolo la democrazia", è arrivato il turno del moderatore del dibattito, il docente di relazioni internazionali della Columbia University Michael Doyle che ha ricordato come per Martin Luther King, il rispetto dei diritti civili non poteva essere slegato dal miglioramento delle condizioni economiche delle popolazioni più povere e quindi dalla riduzione dell’ineguaglianza.
Poi è arrivato il momento per la lecture del Premio Nobel e docente alla Columbia Joseph Stiglitz. L'autore del bestseller The Price of Inequality non ha certo usato toni diplomatici nell'elencare i danni che l'estrema ineguaglianza sta arrecando allo sviluppo sostenibile nel pianeta. Nel suo intervento, Stiglitz ha ribadito come le ineguaglianze nel mondo, a partire dagli Stati Uniti, siano in aumento, e ha attaccato soprattutto le banche e i loro banchieri, "predatrici del prestito", che pur essendo stati gli artefici del crollo finanziario del 2008, “non ci hanno perso mai nulla per le loro tasche continuando a guadagnare a discapito di chi ha sempre di meno”. Per Stiglits, l'indebitamento dei cittadini ha portato all'allargamento di questa ineguaglianza e il primo immediato provvedimento dovrebbe essere l'aumento dei salari minimi.
Stiglitz ha ribadito che il costante aumento del GDP non è un buona misura del successo ma semmai del fallimento. Infatti, secondo Stiglitz con il GDP è continuata a crescere anche la distanza tra il top 1% e il resto della popolazione. Quindi per il professore della Columbia tocca proprio alla politica ridurre l'ineguaglianza estrema.
Eppure secondo Stiglitz qualcosa di tendenzialmente diverso ormai si muove. Tutto ha inizio quando le Nazioni Unite con i loro otto Millennium Goals annunciati nel settembre del 2000, hanno praticamente cominciato a mettere le persone invece che gli stati al centro della loro agenda. Ma dopo 14 anni, solo alcuni obiettivi fissati per il 2015 saranno raggiunti, come quello di diminuire la popolazione a livello mondiale che vive in povertà estrema, anche se rimangono ancora paesi dove questa è rimasta la stessa o è aumentata. Altri obiettivi, come per esempio l'accesso all'istruzione, non riusciranno a realizzarsi per il 2015.
Ma la ragione per cui proprio il professor Stiglitz si rivela l'economista più adatto a tenere questo discorso all'ONU, sta nel ribadire che nei "post goals" del Millennio, quelli da raggiungere per il 2030, bisogna appunto inserire il nono: quello dell'eliminazione dell'ineguaglianza estrema. Stiglitz ha ribadito che l'ineguaglianza estrema, che mette in pericolo la stabilità di qualunque paese, non è determinata da forze economiche ma è formata dalla politica e dalle scelte politiche dei governi. Stiglits ha chiarito che la completa uguaglianza non può essere l'obiettivo, dato che una certa ineguaglianza economica resta in funzione di un buon andamento della crescita economica. Ma è l'estrema ineguaglianza che deve essere attaccata perché mette in pericolo l'uguaglianza politica e la stabilità sociale di qualunque paese.
L'estrema ineguaglianza ha effetti negativi prima di tutto sull'economia stessa, dice Stiglits. Alla fine, produce anche l'ineguaglianza nelle opportunità che, di conseguenza, produce inefficienza economica e riduce lo sviluppo, perché un gran numero di individui non riesce a contribuire al massimo delle loro potenzialità. Più paesi con estrema ineguaglianza, tendono a investire meno nei beni pubblici, come le infrastrutture, la tecnologia, l'istruzione, che alla fine sono quelli che contribuiscono alla prosperità e crescita economica nel lungo termine. Per Stiglitz i paesi che ignorano la necessità di ridurre la loro ineguaglianza, non potranno più puntare alla crescita, perché soltanto con politiche che tendono a ridurre l'ineguaglianza, come quelle per aumentare l'occupazione e il livello di istruzione, si hanno quegli effetti positivi sul capitale umano di cui un'economia moderna ha oggi sempre più bisogno.
Stiglitz ha sottolineato come ormai il concetto che senza la riduzione della ineguaglianza

Una parte del panel dei partecipanti alla conferenza (Foto di Jessica Karcz)
estrema anche tutti gli altri obiettivi del millennio verrebbero messi in pericolo, sia stato accettato ben oltre le discussione tra accademici. Lo stesso presidente Barack Obama, nell'estate del 2013, ha sottolineato il ruolo dell'ineguaglianza nel creare bolle creditizie (come quella che portò alla Grande depressione) e una economia inefficiente in cui il talento di molti non può essere mobilizzato per il bene di tutti. Così come Papa Francesco col suo viaggio in Brasile, con quel discorso tenuto nei pressi delle favelas di Rio De Janeiro per la giornata della gioventù, in cui ha detto che la pace non può essere mantenuta in società ineguali composte da comunità marginalizzate. Ma poi Stiglitz ha anche attaccato la stessa amministrazione Obama colpevole di portare avanti degli accordi commerciali internazionali con paesi in via di sviluppo strutturati in un modo che non fanno altro che aumentare l’ineguaglianza economica tra le nazioni. E infine sui cambiamenti climatici, la situazione è per Stiglitz ancora peggio di quella che si potesse immaginare fino a qualche anno fa.
Per Stiglitz ci sono molti modi per misurare le forme diverse di ineguaglianza che possono cambiare da paese a paese. Ma una cosa è certa per il premio Nobel della Columbia University: lo sviluppo sostenibile non può essere raggiunto mentre si ignorano le estreme disparità. Quindi diventa imperativo che la post-MDG agenda delle Nazioni Unite abbia al centro e si focalizzi sul problema dell'ineguaglianza.
Tra i partecipanti alla tavola rotonda c’era anche l’economista Fabrizio Barca, ex ministro e attuale direttore generale del Ministero del Tesoro italiano, che nel suo intervento ha messo in risalto come le istituzioni politiche “perfette” non esistano e che quindi queste non possano essere in grado da sole di trovare le soluzioni ai problemi economici e sociali contemporanei. Per Barca queste istituzioni, invece di restare chiuse nella ricerca delle soluzioni, devono aprirsi e stabilire un contatto diretto e continuo col pubblico per trovare i metodi adatti ai problemi del momento senza ripetere gli errori del passato. Da Barca abbiamo raccolto, in questa breve intervista alla fine della conferenza, la seguente reazione:
Alla conferenza sono intervenuti anche Jose Antonio Ocampo, Chairman della UN Committee on Development Policy, Irene Khan, Direttore'Generale, IDLO, Eliot Harris, Direttore dell'UNEP e altri accademici e diplomatici.
In conclusione Stiglitz e Barca erano in sintonia il 20 gennaio alle Nazioni Unite. Per entrambi l'estrema ineguaglianza non è il risultato della "mano invisibile" dell'economia ma il risultato di precise scelte da parte dei governi, quindi solo l'intervento politico e una allargata partecipazione politica può determinare una inversione di tendenza negli squilibri economici e sociali per il raggiungimento di un benessere più equamente distribuito.