Per un visitatore disincantato in arrivo dall’Italia, le questioni che occupano prime pagine dei giornali e aperture dei telegiornali in Canada, risultano lontane da quelle che agitano l’opinione pubblica in Europa. Superato, per ora, lo scoglio della convivenza tra francofoni del Quebec e maggioranza anglofona, con l’economia che tira a sufficienza, diritti civili e umani garantiti dal generale consenso, minacce globali come terrorismo e grandi ondate d’immigrazione clandestina inesistenti, ci si rapporta a issues da paese “normale”.
La Corte Suprema, con l’unanimità dei nove giudici, ha revocato le leggi anti-prostituzione, esprimendosi a favore di case chiuse e sfruttamento legale della professione. La compattezza del collegio giudicante riflette il consenso della gente, convinta che le leggi sulla prostituzione in vigore da 35 anni siano contro il diritto di ognuno a “vita, libertà, sicurezza". D’altronde in Ontario la Corte d'Appello aveva di fatto anticipato la sentenza, cancellando, a tutela delle salute delle prostitute, il divieto contro le case chiuse. Il parlamento dispone ora di un anno di tempo per aggiornare la normativa vigente.
Altra decisione che sta a cuore alla gente comune, in particolare ai cinque milioni di famiglie che ne subiranno le conseguenze dirette, è quella assunta da “Canada Post” con la cancellazione, entro cinque anni, della consegna a domicilio della posta in città e loro periferie. E’ il tentativo di armonizzare, in un territorio enorme e a scarsa popolazione, due esigenze conflittuali: il declino della quantità di posta spedita, i costi salariali e pensionistici crescenti. Difatti, alla cancellazione del servizio si accompagnerà l’eliminazione di ottomila posti di lavoro. Va a capire se i canadesi, che in quanto a capacità di lotta per i diritti somigliano più agli europei che ai vicini statunitensi, accetteranno di recarsi a ritirare la posta nei cosiddetti “community mailboxes”, collocati in punti strategici delle grandi città, magari mettendosi disciplinatamente in fila nel gelo di inverni come quello che stanno vivendo quest’anno. I sindacati stanno già protestando, forti dell’aumento del francobollo “normale” da 63 a 83 centesimi. Justin Trudeau, figlio dell’indimenticabile Primo ministro Pierre, impegnato nel rivitalizzare il moribondo partito Liberale, esprime riserve strizzando l’occhio a chi vive in appartamento. Si vedrà: intanto prendiamo nota che il Canada è il primo dei Sette più industrializzati a sopprimere un servizio considerato parte della funzione statale in nord America da quando, nel 1753, Benjamin Franklin lo istituì per il Canada e le tredici colonie allora sotto dominio britannico.
Nel nome delle loro libertà, i canadesi non hanno storto la bocca davanti allo stile trionfale del corteo funebre, bara in oro con nove limousine e centinaia di adepti, che ha accompagnato nella chiesa di Notre Dame de la Défense, Little Italy di Montreal, il capo mafioso don Vito Rizzuto, carcerato per tre omicidi risalenti al 1981. Al contrario, hanno alzato un vespaio su stampa e tv di Toronto, quando hanno scoperto che, in barba alla sentenza della Corte Suprema del 2001, la polizia locale ha continuato a denudare con regolarità centinaia di persone per effettuare ispezioni corporali in controlli di routine. In una Toronto eletta a città preferita dai giovani di questa generazione (seconda è Berlino), e pronta ad ospitare dieci giorni di WorldPride dal 20 giugno, la notizia non ha certo fatto piacere.
Nelle contraddizioni di un paese tuttora in formazione e che comincia appena a decidere cosa fare da grande, spicca il cambio di politica su ambiente e clima. Un tempo campione mondiale ambientalista, Ottawa si sta convertendo a posizioni di retroguardia, facendo compagnia al vicino statunitense, primo responsabile dell’inquinamento globale. Così con l’uso di tecnologie invasive nello sfruttamento di shale gas e tar sands, gli idrocarburi non convenzionali che promettono autonomia energetica al nord America. Così col freno al rinnovamento del percorso di salvaguardia avviato dal protocollo di Kyoto. Il destino della Keystone XL pipeline, il cui futuro balla tra Washington e Ottawa, dirà al mondo sin dove le grandi democrazie del nord America vorranno spingersi con comportamenti di aggressione ambientale che molti commentatori rilevano incomprensibili.
Questo articolo viene pubblicato anche da Oggi7-America Oggi