Cari lettori, scrivere un articolo nell'ultimo giorno dell'anno, a poche ore da quello nuovo che arriva, ci fa esitare davanti allo scontato dilemma: ci concentriamo di più sugli eventi dell'anno che se ne va o sulle aspettative di quello che verrà?
Il compito di un giornale, anche di uno appena nato come il nostro, è quello di essere per i suoi lettori come una bussola. Nel mare tempestoso degli eventi che si abbattono durante il viaggio della vita, bisogna sapersi orientare mentre arrivano le onde più alte. Quelle più pericolose non le dimentica nessuno, che per poco ci facevano tutti quanti rovesciare. Ma bisogna riconoscere anche quelle che potrebbero sollevare il barcone-società su cui ci aggrappiamo oltre gli ostacoli che, fino all'arrivo di quell'onda lunga, ci sembravano insormontabili.
Cari lettori, La VOCE di New York, per il fatto di essere nata nel mezzo del cammin del 2013, non potrà mai considerarlo questo un anno da dimenticare. Ma poi, esistono forse anni da gettare via? Per chi scrive neanche il 2001, l'anno dell'11 settembre, può essere considerato un anno da buttare. Infatti solo nei giorni dopo l'attacco alle Twin Towers, mi resi conto e dopo anni che ci vivevo, che stavo lavorando e crescendo i figli nella città più coraggiosa, tenace e indomita che sia mai esistita nella faccia della terra. Già, forse l'anno da dimenticare non esiste, fanno tutti parte del tragitto della vita. E quando ci portano il male, servono almeno a scuoterci dentro. Gli anni difficili servono a migliorarci per riprendere più forti la navigazione verso il progresso.
Troppi sono gli eventi, i fatti, le notizie che andrebbero ricordate dell' anno che se ne va. Per rendere leggibile quello che resta solo un articolo di un giornalista così fortunato e felice di poter scrivere nella lingua più bella del mondo dalla città che parla tutte le lingue del mondo, ci concentriamo solo su alcuni specifici eventi accaduti nel 2013 ma che crediamo, nell'ordine, segneranno il 2014 di New York, degli Stati Uniti, dell'Italia e, crediamo, anche del Mondo.
IL PAISA' VENUTO DA BROOKLYN. Nel 2013 New York, dopo 12 anni, ha

Il giuramento del nuovo sindaco di New York Bill De Blasio, alla mezzanotte del 31 dicembre, con la sua famiglia davanti casa sua a Park Slope, Brooklyn
eletto un nuovo sindaco. E, con Bill de Blasio, torna a guidare la città un democratico dopo venti anni ininterrotti di vittorie di candidati presentati sotto le insegne del Partito repubblicano. Capita che de Blasio, oltre che ad essere un democratico, sia anche un italoamericano. Lo è da parte di madre, della quale volle prendere il cognome della famiglia che veniva dalla Campania. de Blasio sarà quel sindaco che ci voleva per New York nel 2014 e gli anni a venire? Non abbiamo la sfera di cristallo (ci stiamo attrezzando…), ma la vittoria dell'outsider de Blasio, fino a non tanto tempo fa sconosciuto consigliere comunale eletto nel mio quartiere di Brooklyn, ci conferma che in America l'imprevedibilità delle elezioni politiche continuano a dar vigore alla sua democrazia. Così se nel 2008, a sostituire per la Casa Bianca il figlio di un presidente ci finì un afro americano di nome Barack Obama, nella città più importante del mondo accade che possa essere eletto un nipote di emigranti campani sposato con una signora afroamericana. Ma dopo le elezioni, non conta più la sorpresa dell'elezione di de Blasio, ma il perché sia stato scelto dai suoi cittadini: se Bill saprà rispettare il carattere di New York, una città un tempo strutturata per essere vivibile per tutti e non solo per ricchi e famosi, avrà mantenuto il patto per cui è stato eletto. Far tornare New York vivibile per tutti coloro che ci lavorano, è l'obiettivo principale per de Blasio che deve essere raggiunto, se non già nel 2014, sicuramente entro il suo primo mandato. Altrimenti il nostro paisà, nel 2018, lo rivedremo con le borse della spesa nella Quinta Avenue di Park Slope.

Edward Snowden
DALLE STALLE ALLE STELLE. Per gli Stati Uniti, riteniamo che l'evento del 2013 che si ripercuoterà ancora e forte nel 2014, sia stato scatenato da un giovane "matto": Edward Snowden. Proprio così, bisogna avere lo spirito del fuori di senno per poter combinare quello che è riuscito a fare l'ex programmatore-analista a contratto della NSA. Lo ripetiamo: che la National Security Agency spiasse i leader stranieri, anche alleati, e tutto il possibile immaginabile di quello che riusciva a carpire dei loro "segreti", è la scoperta dell'acqua calda. Ma che l'NSA ficcasse anche orecchie e occhi di analisti nelle email e nelle telefonate di noi cittadini americani o residenti negli USA, ecco che qui entra su un campo minato. Chi crede ancora nella Costituzione, scusate l'espressione, ecco che s'incazza. Snowden, che fino a due tre mesi fa veniva considerato un traditore, persino un terrorista ladro di segreti da svendere al miglior nemico offerente, adesso può cominciare a sperare di essere creduto quando ripeteva: "Quello che ho fatto, l'ho fatto per difendere la libertà in America". Alcune sentenze di giudici americani, che hanno riconosciuto che certi limiti dettati dalla Costituzione sono stati calpestati dalla NSA, e alcune mosse della stessa Casa Bianca che già dalla scorsa estate ha dato segnali di voler "ristrutturare" ruolo e funzioni della NSA, fanno prevedere che il "picchiatello" Snowden dopotutto non fosse così "matto". I precedenti non mancano, il più famoso quello di Daniel Ellsberg sulla rivelazione dei Pentagon Papers durante la guerra del Viet Nam. Vedremo come andrà a finire nel 2014, ma prevediamo che per Snowden l'esilio forse durerà meno del previsto. E se la privacy di tutti noi verrà meglio protetta, sapremo chi dovremo ringraziare.
LE CINQUE STELLE E IL PD SECONDO MATTEO. Per l'Italia, abbiamo avuto nel 2013 due

Beppe Grillo e Matteo Renzi
grandi terremoti politici scatenati da due protagonisti, apparentemente molto diversi l'uno dalll'altro ma, nella sostanza, forse indispensabili l'uno all'altro. Parliamo di Beppe Grilllo e dell'affermazione elettorale del M5S; e di Matteo Renzi e della sua conquista per via elettorale della leadership del PD, il maggior partito italiano. Di queste due figure sicure protagoniste della politica italiana anche nel 2014, ne abbiamo letto e sentito di tutti i colori. Infatti Grillo e il Movimento Cinque Stelle alla grande stampa e media italiani non sono mai scesi giù. Comprensibile, essendo anche l'informazione italiana, un fortino ora impaurito dalla possibilità' di perdere i suoi privilegi. Una casta che si sente in questo momento assediata perché ha, come dire, "il carbone bruciato" per quei troppi stretti legami che ha avuto con gli affari e la politica italiana degli ultimi anni. E quindi, come scrivevamo già da New York nel lontano 2007, consigliamo ai nostri lettori che per informarsi su Beppe Grillo e il M5S si deve cercare nella rete, si legga direttamente dalle fonti del movimento e poi si giudichi. Lo stile con cui Grillo ha organizzato il suo movimento politico alle volte lascia perplessi e certi toni possono risultare inaccettabili, ma la trasparenza di certi dibattiti e proposte del M5S a noi sembrano ancora incredibilmente accessibili. La trasparenza in politica e' un valore nuovo e che sarà sempre più presente nel futuro, e questo anticipo sui tempi al M5S va riconosciuto.
Per Matteo Renzi vale lo stesso discorso fatto riguardo all'informazione nei suoi confronti, ma fino ad un certo punto: cioè anche il sindaco di Firenze, mentre cercava di scalare in questi anni la leadership del maggior partito italiano, e' stato osteggiato dalla grande nformazione italiana di sinistra, che lo ha dipinto praticamente come un Berlusconi Tuscan Style. Ora pero' che e' arrivato dove voleva arrivare, le grandi corazzate dell'informazione italiana si sono, come dire, adeguate al nuovo "padrone". Quindi, attenzione quando si legge di Matteo il terribile di colpo diventato Santo.
Per noi che osserviamo da New York, questi due "gianburrasca" della politica italiana hanno finora rappresentato uno scossone necessario al Palazzo ibernato dalla partitocrazia, che era rimasto finora incapace di occuparsi dei reali problemi dei cittadini italiani. Noi della VOCE, fin quando questi nuovi leader politici non avranno avuto la responsabilità di governare, non ci sentiamo di giudicarli bocciandoli o promuovendoli, come direbbe Totò, "a prescindere". Noi aspettiamo di vederli all'opera per capire. Prevediamo semmai, che nel 2014 potrebbe accadere un fatto nuovo: invece di continuare a considerarsi nemici, il nuovo PD e l'M5S potrebbero trasformare insieme la politica italiana e cancellare una volta per tutte il regime della partitocrazia. Fantapolitica? Chissà, ma l'alternativa a questo accordo potrebbe essere un altro scenario, per nulla impossibile: l'ennesima rivincita di Silvio Berlusconi con il resuscitato partito-slogan Forza Italia. Sarebbe un incubo? Cari lettori, per qualcuno l'incubo e' M5S, per qualcun altro e' il PD di Renzi… Alla fine quello che conta e' la scelta degli italiani e nel 2014, nonostante Enrico Letta continui a non essere d'accordo, crediamo sarà inevitabile. Giorgio Napolitano permettendo.

Papa Francesco durante la sua visita a Lampedusa
FRANCESCO, UN NOME RIVOLUZIONARIO. Nel 2013, nella istituzione di potere più longeva sulla terra, la Chiesa Cattolica, si sono scatenati due terremoti. Prima le "dimissioni" di Benedetto XVI. Poi l'elezione del papa venuto dall'altro mondo. Quando fu eletto papa il cardinale di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio, c'erano due fatti che ci hanno subito fatto sospettare che era stato eletto non un pontefice di transizione ma uno "rivoluzionario" per la Chiesa. Il primo che Bergoglio fosse un gesuita, primo papa nella storia a provenire dall'ordine fondato da Santo Ignazio di Loyola. Ma, e per noi un segnale ancora più forte, la scelta voluta da Bergoglio per il nome da pontefice: Francesco. Mai nessun papa aveva scelto di chiamarsi col nome del santo di Assisi. Basta ricordarsi della vita di San Francesco per capire il perché. (rivedere per questo anche il bellissimo "Fratello Sole Sorella Luna" di Zeffirelli).
Francesco lo è stato subito di nome e di fatto. E non solo nelle forme, ma soprattutto nella sostanza che ha voluto dare al suo pontificato fin dai primi giorni. Noi, da New York, non dimenticheremo mai quel giorno che Papa Francesco andò nel'"Isola che non c'è," Lampedusa. Un viaggio inaspettato in un fazzoletto di terra fino a quel momento snobbata dai potenti del mondo. Chi scrive ha un ricordo personale. Nel settembre del 2012 organizzai al Palazzo di Vetro dell'ONU la presentazione di un libro sul dramma immigrazione che colpisce Lampedusa, un libro scritto dei bravissimi giornalisti Laura Bastianetto e Tommaso Della Longa, ora anche valorosi collaboratori de La VOCE. Ricordo che i corrispondenti stranieri dell'ONU, intervenuti con curiosità all'evento, non sapevano nulla di quello che accadeva da anni nelle acque del canale di Sicilia. Quel giorno tanti erano i giornalisti, ma non si videro diplomatici o funzionari dell'ONU all'evento. Qualche mese dopo, quando Francesco decise di andare a Lampedusa per diffondere la solidarietà cristiana nei confronti degli immigrati e di una popolazione di una piccola isola siciliana lasciata senza mezzi per accoglierli, non si limitò a confortare e dare carezze. Il papa urlò il suo sdegno per tutti quegli uomini di potere che non facevano abbastanza contro quella vergogna. Da quel momento, dal Segretario Generale dell'ONU Ban Ki-moon a tutti gli altri leader delle nazioni più ricche e potenti, è diventato più arduo girarsi dall'altra parte. Noi speriamo che nel 2013, Francesco abbia dato solo, come dire, un "antipasto" dell'impatto che un papa potrebbe avere ancora nel mondo. Ricordate Stalin? Domandò sprezzante a chi lo avvertiva degli appelli della Chiesa: "Quante divisioni ha il Papa?". Forse ai pontefici di una Chiesa del recente passato non ne era rimasta proprio nessuna. Ma Francesco, nel 2013, ha fatto capire di voler da Roma ridare alla Cristianità la forza del suo messaggio originario, di pace e solidarietà per i più deboli, un messaggio universale. Se Francesco insisterà con l'energia e la convinzione dimostrata finora, l'impatto nel mondo potrebbe essere enorme.
Anche per la VOCE di New York Francesco è l'uomo dell'anno. Ma nel 2014 da lui ci aspettiamo "miracoli". Proprio così, caro Francesco, se sei vero come crediamo e non una strategia di "marketing" per una istituzione di potere in decadenza come altri sospettano, se il tuo nome veramente ha il significato di onorare Francesco d'Assisi, patrono d'Italia, adesso non ti puoi più fermare.
A tutti i lettori della Voce di New York sparsi nel mondo, i migliori auguri per un anno di pace, salute, lavoro e amore.
moc.ynecoval @araccavs