ONU: il terribile circolo vizioso del traffico di esseri umani e la difficile reintegrazione delle vittime
Il traffico di esseri umani rappresenta una delle piaghe moderne che la società civile e internazionale non ha purtroppo ancora sconfitto.
Il 13 maggio scorso, in seno alla 68esima Assemblea Generale delle Nazioni Unite, discutendo sul piano di azione globale per combattere il traffico di persone, il Segretario Generale dell’Onu definì il traffico di esseri umani come “una catena viziosa che lega le vittime ai criminali”. Dobbiamo spezzare questa catena con la forza della solidarietà umana, esortò Ban Ki-moon. È cruciale ascoltare la voce delle vittime poiché i trafficanti prendono come bersaglio proprio le persone più indifese e vulnerabili.
Il rapporto pubblicato in questi ultimi giorni – intitolato “Dopo il traffico: esperienze e sfide della (re) – integrazione delle persone trafficate della sub-regione del Gran Mekong – è stato preparato dal NEXUS Institute, un'organizzazione indipendente di ricerca internazionale sui diritti umani in collaborazione con le Nazioni Unite e alcuni partner della società civile che si occupano della questione del traffico di esseri umani.
Secondo questo rapporto congiunto, la piaga della tratta è riconosciuta come la schiavitù moderna e la maggior parte delle vittime – che tra l’altro non ricevono adeguata assistenza per la loro reintegrazione nelle comunità – si trova nel sud-est asiatico precisamente nella sub-regione del grande Mekong (Birmania, Cambogia, Cina, Laos, Tailandia e Vietnam) la quale prende il suo nome dal fiume più grande dell’Indocina.
Mentre le stime sul numero di persone coinvolte in questo traffico variano notevolmente, è ampiamente accettato che coloro raggiunti e assistiti sono soltanto una piccola frazione del totale. La regione del Mekong rispetto a molte altre parti del mondo, contiene svariate tipologie di traffico di esseri umani: interno e transfrontaliero; altamente organizzato o su piccola scala; per sesso e per lavoro; e infine sia attraverso meccanismi di reclutamento formali che informali.
Ma chi sono le vittime e in quali tipi di tratta sono coinvolti?
Gli esempi vanno da uomini, donne, bambini e famiglie vittime di tratta provenienti dalla Birmania, Cambogia e Laos e diretti in Tailandia a tali scopi: prostituzione forzata, servitù domestica o lavoro forzato nelle fabbriche, pescherecci, cantieri, piantagioni o fattorie. Le ragazze vietnamite e le giovani donne vittime di traffico di esseri umani invece vengono utilizzate per lo sfruttamento sessuale e la vendita di verginità in Cambogia. Bambini cambogiani o provenienti da zone di confine con la Birmania oppure aree rurali del Vietnam o della Cina sono sfruttati per chiedere l'elemosina o vendere fiori per le strade delle grandi città, mentre le donne e le ragazze provenienti da Tailandia, Cambogia, Birmania e Vietnam sono sempre più spesso utilizzate nella prostituzione forzata o nella servitù domestica in Malesia. Moltissime sono le donne tailandesi impiegate per scopi sessuali nei seguenti paesi: Hong Kong , Taiwan, Giappone, Sud Africa, Medio Oriente, Stati Uniti e Europa occidentale.
" Il sostegno offerto alle vittime della tratta deve essere fornito in modo tale da restituire alle vittime un senso di controllo sulla propria vita ", questo quanto dichiarato dal Regional Project Manager per il Progetto Inter -agenzie delle Nazioni Unite sulla tratta di esseri umani ( UNIAP ), sullo studio, commissionato dai governi parte dell’Iniziativa Ministeriale Coordinata contro la Tratta nella sub-regione del Mekong ( COMMIT ), ovvero: Birmania, Cambogia, Cina , Laos, Tailandia e Vietnam.
Il rapporto – che ha raccolto dati sul campo grazie ad un gran numero di ricercatori impegnati nella suddetta sub-regione – è stato definito "un primo passo importante nella comprensione delle esperienze di reinserimento delle vittime della tratta ", e contribuirà a informare i fornitori di servizi e responsabili politici su come migliorare l'assistenza "per garantire che le vittime di tratta nella regione siano in grado di superare la loro traumatizzante esperienza e continuare a condurre una vita sana, produttiva e soprattutto felice". A tal fine, è fondamentale che il supporto sia fornito rispettando la volontà delle vittime, poiché a volte viene anche fornito contro la loro volontà e questo può determinare un ulteriore trauma e una continuazione della loro vittimizzazione.
Tutto appena descritto ci ricorda che questo flagello si sta abbattendo da anni su una bellissima isola italiana, una volta meta turistica rinomata – oggi meta di sbarchi, ovvero, Lampedusa. Ultimamente, proprio l’Italia è stata bacchettata dall’ONU, attraverso un rapporto speciale che ha denunciato come la tratta di esseri umani e lo sfruttamento sessuale sia in crescita nel Bel Paese. Tornando a Lampedusa, ai telegiornali e sulle testate italiane ed estere, l’isola è quasi settimanalmente la notizia principale per via dei continui sbarchi e purtroppo anche delle continue tragedie in mare. E’ bene tuttavia far comprendere che anche gli scafisti senza scrupoli rientrano tra i trafficanti di esseri umani sebbene bisogna anche ricordare che alcuni sono soltanto normali immigrati clandestini e non “scafisti di professione”, che cercano come gli altri opportunità e un futuro migliore.
Detto ciò, una delle caratteristiche chiavi comune e più dannose del traffico di esseri umani, indipendentemente da dove sia perpetrato (Italia, Asia, Africa, ecc.) è che deruba gli individui della loro libertà di volontà e di azione. La tratta ha un effetto devastante sulla vita delle sue vittime e delle loro famiglie, e spesso viene ulteriormente aggravata da numerosi fattori quali ad esempio la scarsa qualità del sostegno offerto oppure un’assistenza del tutto inefficace e talvolta impreparata.