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September 27, 2013
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Italia-Iran, il vecchio amore non si scorda mai

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
Una immagine dello stanzone con al centro del tavolo Hassan Rouhani, Enrico Letta e Emma Bonino

Una immagine dello stanzone con al centro del tavolo Hassan Rouhani, Enrico Letta e Emma Bonino

Time: 5 mins read

Enrico Letta non l’aveva per nulla citato l’Iran nel suo discorso all’Assemblea Generale mercoledì e il presidente iraniano Hassan Rouhani deve aver gradito.  Così tanto che quando ha incontrato giovedì sera il premier italiano in uno stanzone nel basement delle Nazioni Unite, ci è rimasto a chiacchierare di affari molto di più di quanto l’agenda non prevedesse. I due leader si sono visti infatti per circa 45 minuti, durante i lavori della 68esima Assemblea Generale. Rouhani è arrivato quando gli italiani erano già dentro da dieci minuti, sorridente attraversando i corridoi dell’ONU come se fosse ben cosciente di essere la star dell’assemblea ministeriale di quest’anno. Nella delegazione di Rouhani non c’era il suo qui conosciutissimo ministro degli Esteri Zarif (è stato parecchi anni ambasciatore all’ONU) perché impegnato al piano di sopra all’incontro con il 5+1 e alla storica stretta di mano con il Segretario di Stato John Kerry in una sala adiacente al Consiglio di Sicurezza.

Il premier Letta, che ancora doveva sbollire la rabbia delle notizie provenienti da Roma, era accompagnato invece dal ministro degli Esteri Emma Bonino (che a Zarif lo aveva incontrato mercoledì per un bilaterale tra ministri degli Esteri) e dal Sottosegretario Lapo Pistelli.  Quando ci hanno fatto entrare nello stanzone, Rouhani e Letta si scambiavano ampi sorrisi, Bonino era un po’ più guardinga e ad un certo punto, maneggiando uno scialle nero abbiamo avuto per un secondo come l’impressione che se lo stesse per avvolgere sopra la testa. Falso allarme, il ministro degli Esteri si copre solo le spalle e finalmente anche lei sorride a Rouhani mentre Pistelli fa un saluto al presidente iraniano come se avessero già una vecchia intesa.

Si chiudono le porte e noi fuori ad aspettare. Ci avevano detto 20 minuti, invece dura il doppio. Non resistiamo e andiamo a mettere l’occhio tra lo spiraglio delle due porte. Vediamo che parlano e Bonino, che è seduta alla sinistra di Letta, si sporge sul tavolo come per dare più partecipazione alla conversazione. Staremmo a guardare tutto il tempo, ma una guardia ci fa capire ancora con le buone che abbiamo spiato già troppo. Comunque in quella stanza, c'è tanta eredità lasciara da Enrico Mattei, con l'Italia che con l'Iran va dove la porta il cuore degli affari, senza aspettare chi invece la esclude dai "grandi" che devono mediare con Teheran. Il primo e ricco amore in Medio Oriente della Repubblica stellata non si scorda mai, ed eccola l'Italia qui a cogliere l'attimo prima del disgelo delle sanzioni ONU. Non che in Iran fili già tutto liscio, e non solo sul nucleare, pensiamo per esempio ai diritti umani,  ma chi ultimo arriva male alloggia e allora….

Alla fine dell’incontro, il ministro degli Esteri deve fuggire subito perché ha un altro incontro ufficiale, mentre Letta resta un po’ nel corridoio, disponibile con i giornalisti. Ha un bel carattere questo premier italiano, non c’e dubbio. Non se la tira affatto, almeno nella disponibilità verso chi lo avvicina. Sembra più un professor di college americano che un capo di governo.  Una collega di una tv che se non ci sbagliamo appartiene alla famiglia Berlusconi, è sveltissima, cattura Letta prima degli altri e fa le domande tenendolo “ostaggio” del suo microfono. Noi restiamo accanto con il nostro magico i-phone. Il premier italiano ha detto di essersi accostato a questo appuntamento con il presidente dell’Iran “con cautela e curiosità”. “Cautela – precisa –  per via della complessa vicenda del nucleare, su cui andiamo con i piedi di piombo”.

Letta dice che in Rouhani, “abbiamo avvertito delle aperture. Che sono reali.  Passi importanti. Non si tratta solo di una questione di immagine, questa è l’impressione che ho avuto. Non si tratta di presentare una immagine diversa ma rifacendo le stesse cose, come per Ahmadinejad. Sembra che ci sia la volontà di un nuovo corso. Per noi come per l’Europa credo che sia utile e importante andare a vedere le carte di questo nuovo corso. D’altronde è in linea con le aperture che il Presidente Obama ha fatto nel suo discorso martedì mattina”.

Letta ci dice che nei colloqui con il collega iraniano ha anche parlato di interessi economici, soprattutto quelli legati all’energia e agli accordi industriali. Poi anche di Siria. “Un incontro che è stato più interessante di quello che potessimo sperare. Forse foriero di ulteriori sviluppi positivi”.

 Abbiamo detto che il ministro degli Esteri Zarif, proprio contemporaneamente,  si incontrava con il 5+1, il gruppo di paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (Usa, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna + la Germania) che per anni e invano hanno tentato, prima con le buone e poi con le “cattive” sanzioni Onu, di convincere Teheran a rispettare un accordo serio e  verificabile sulla questione nucleare.

Ora l’Italia, che in anticipo sugli altri aveva già con Bonino e Pistelli iniziato a verificare  “il nuovo corso,” potrebbe aver avuto ragione: dalla riunione del 5+1+Iran di ieri sera sono infatti poi usciti tutti con grandi sorrisi e tante speranze.  Il Segretario di Stato John Kerry ha usato parole ancora prudenti, ma senza dubbio ha anche lui marcato l'atmosfera di svolta. Le “parole e i gesti non bastano, ci vogliono i fatti “ ha ripetuto, ma adesso tutto è possibile.

C’è stato l’annuncio che il 5+1 si incontrerà di nuovo con l'Iran il 15 e 16 ottobre a Ginevra. A dirlo ai giornalisti la "responsabile" della politica estera europea Catherine Ashton, uscendo per prima per annunciare la bella novella dell'incontro avuto al Palazzo di Vetro a livello dei ministri degli esteri. Poi tutti gli altri ministri hanno marcato con le loro parole e i loro gesti la sensazione comune che qualcosa stia finalmente cambiando a Teheran. L’Italia, esclusa da quel circolo ristretto di mediatori,  si è fatta trovare pronta lo stesso incontrando praticamente nella stessa sera il presidente Rouhani.

Però, quel 5+1 mai diventato 5+2, con l’Italia rimasta sempre esclusa. Perché? Ridicoli Berlusconi e Frattini quando qui all'ONU cvenivano a raccontare che era meglio così…. Magari agli iraniani piacerebbe che l’Italia facesse di più nelle trattative con gli altri paesi per assicurare che l’Iran possa avere un nucleare per scopi pacifici? Quando lo abbiamo chiesto a Enrico Letta, se cioè nel suo vertice con il presidente iraniano si fosse discusso della possibilità di coinvolgere più l’Italia, il premier ha risposto che no, “di questo non ne abbiamo parlato”.

Sarà per la prossima volta. O, forse, per l’Italia e il futuro dei rapporti con l’Iran, va bene anche così.

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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