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September 10, 2013
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Obama con Power all’Onu vince (finora)la scommessa

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
L'ambasciatrice Samantha Power con il Presidente Barack Obama

L'ambasciatrice Samantha Power con il Presidente Barack Obama

Time: 3 mins read

Barack Obama ha giocato d’azzardo sul futuro del Consiglio di Sicurezza Onu e così è riuscito a costringere Putin a cedere sulla Siria. Per capire come Mosca sia stata spinta finalmente e in fretta a trovare la soluzione per evitare in extremis (per ora) l'intervento militare degli Stati Uniti in Siria,  bisogna “cerchez” Samantha Power, l’ambasciatrice di Obama al Palazzo di Vetro. E’ stata lei l’incaricata, giovedì scorso, il giorno prima dell’incontro a quattrocchi tra Putin e Obama durante i lavori del G20, a rendere pubblico quel messaggio diretto ai russi (e ai cinesi) e che nessuno avrebbe potuto ignorare. Power ha detto al mondo che gli USA cominciavano a considerare oramai inservibile un Consiglio di Sicurezza ostaggio dei russi, che restava bloccato anche dopo l' uso di armi di distruzione di massa.  Inequivocabile l'ultimatum di Obama rivolto alla Russia sul futuro dell’Onu e trasmesso da Power: “Il sistema che fu concepito nel 1945 precisamente per confrontarsi con minacce di questa natura, non ha funzionato come avrebbe dovuto….proprio mentre c’erano a Damasco gli ispettori Onu… il Consiglio di Sirezza è stato tenuto in ostaggio dalla Russia….  Quello che abbiamo imparato… è che il Consiglio di Sicurezza di cui il mondo ha bisogno per confrontarsi con questa crisi non è il Consiglio di Sicurezza che abbiamo ora”.

In Russia hanno capito che con un imminente lancio di missili Usa su Damasco, non avrebbero rischiato di “perdere” solo la Siria. Avrebbero perso, definitivamente, la partecipazione americana a quel tavolo dove uno non vale uno e cinque membri permanenti con il potere di veto possono ancora bloccare la qualunque per chiunque.  E’ toccato a Power, dopo che Mosca aveva bloccato persino le più blande risoluzioni di condanna per l’uso di armi proibite, l’ncarico di sparare l’avvertimento che gli americani all’Onu con i russi non avrebbero giocato più alle potenze vincitrici della Seconda guerra mondiale. 

Siamo convinti che questo sia stato uno dei motivi capaci di forzare Mosca,  in fretta e furia, d’incanto ad accettare e forse proporre lei stessa la soluzione durante il G20. E lo stratagemma della “battuta” del Segretario di Stato John  Kerry di lunedì, sarebbe servito a non far “perdere la faccia” a Putin.  La proposta sarebbe dovuta partire dagli americani, con una battuta che il Cremlino avrebbe preso al volo e poi obbligato i siriani ad accettarla.

Al Pazzo di Vetro lunedì mattina c’era un raggiante Ban Ki-moon che poteva già comunicare che l’Onu era pronta ad assumere il ruolo centrale che gli spettava per l' organizzazione dei controlli e delle ispezioni necessarie per lo smantellamento delle armi chimiche siriane.

No, non era in realtà solo Obama quello finito nei guai. Non sarebbe stato quindi salvato dai russi dato che il Congresso avrebbe bocciato la sua risoluzione sull’uso militare per punire Assad.  Al contrario Putin sapeva che, almeno fino a venerdì, quel Congresso non avrebbe indebolito con Obama anche gli Stati Uniti. Certo, in due giorni tutto è cambiato, e dopo che dalla Russia arriva la notizia che il disarmo siriano sulle armi chimiche diventa un compromesso possibile, il Congresso non può certo più dare il via libera all’intervento militare proprio mentre si apre la soluzione diplomatica, per giunta la più isperata. Infatti se funzionerà, toglierebbe l’arsenale chimico a disposizione non solo del clan di Assad, ma anche da una possibile conquista di assatanati quaedisti che lo scaglierebbe contro Israele e chiunque non sia un islamista fanatico.

Era già successo qualcosa di simile. Quando sulla Libia, alla minaccia del veto russo e cinese, l’allora Presidente francese Sarkozy inviò un messaggio al Consiglio di Sicurezza con cui avvertiva che la Francia, per “la responsabilità di proteggere” sarebbe intervenuta ugualmente  e anche da sola contro Gheddafi. Cosa che ovviamente gli americani non avrebbero lasciato accadere. E per questo Mosca e Pechino, per mantenere intatte le prerogative del Consiglio di Sicurezza,  lasciarono passare la risoluzione che consentì l’attacco NATO alla Libia sotto l’ombrello legale dell’ONU.

Ora, Obama sulla Siria ha ripresentato la minaccia con una diretta e inequivocabile dichiarazione, comunicata ai media dalla Prof. di Harvard Samantha Power, che avverte che quel Consiglio nato nel 1945 non serve più. Ma per i russi Damasco non vale una messa di requiem per il Consiglio di Sicurezza e far sprofondare un imperfetto ma comunque ancora ordine mondiale che, bene o male, è rimasto sotto il suo controllo.

Stasera Obama pronuncia il suo discorso sulla Siria continuando a dare una chance alla soluzione diplomatica portata avanti dalla Russia. Questo grazie anche al gioco d’azzardo con Power al Palazzo di Vetro, che gli ha fatto vincere la scommessa: pur di non veder scomparire il ruolo del Consiglio di sicurezza, i russi hanno finalmente risposto. 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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