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July 9, 2013
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Mali, che fare? L’intervista di Romano Prodi con l’ONU

Stefano De CupisbyStefano De Cupis
Romano Prodi il 26 giugno durante il suo rapporto sul Sahel al Consiglio di Sicurezza

Romano Prodi il 26 giugno durante il suo rapporto sul Sahel al Consiglio di Sicurezza

Time: 4 mins read

Nel mese di ottobre del 2012, il Segretario Generale dell’ONU, Ban Ki-moon ha nominato l'ex Primo Ministro italiano Romano Prodi come suo inviato speciale per l'Africa del Sahel, un’area che si estende dall'Oceano Atlantico fino al Mar Rosso e che comprende i seguenti stati:, Ciad, Mali, Mauritania, Niger e alcune parti del Sudan, del Camerun e della Nigeria. La regione si trova in un vortice di problemi molto complessi e seri che includono non solo l'instabilità politica, in particolare in Mali, ma anche la povertà endemica, la mancanza di risorse e infrastrutture, confini porosi che permettono qualsiasi tipo di traffico (es. armi e droga) e molteplici questioni relative ai diritti umani.

Al fine di aiutare la regione a vincere tali sfide, Prodi – che oltre a essere stato due volte Primo Ministro è stato anche Presidente della Commissione Europea dal 1999 al 2005 – ha collaborato a stretto contatto con il sistema delle Nazioni Unite per sviluppare una strategia regionale integrata per il Sahel oltre ad avere ampie consultazioni con i paesi della regione, gli enti regionali e sub-regionali e partner internazionali. Lo scorso mese Prodi ha anche presentato il suo primo rapporto al Consiglio di Sicurezza dell'ONU.

Ecco alcune delle domande principali poste a Prodi dall’incaricato dello UN News Center  (abbreviato UNNC per praticità).

UNNC: Per coloro i quali non hanno seguito la questione da vicino, perché è così importante affrontare in questo momento i problemi del Sahel?

Prodi: Poiché si tratta di una grande area, geograficamente enorme, e con i più poveri d'Africa ovvero con diversi paesi che non hanno sempre avuto relazioni tra loro, ma che presentano confini porosi – i  confini sono nel deserto – dove è facile far passare persone e merce di contrabbando. E’  tempo di creare un piano di cooperazione per tutti i paesi del Sahel. In caso contrario, non potranno mai riuscire a raggiungere buoni livelli socio-economici.

UNNC: Come possono essere adattati i problemi del Mali a quelli della regione?

Prodi: Si adattano, perché se non li risolviamo, l'intera regione sarà instabile. Sarà impossibile avere un solido sviluppo economico se c'è una guerra. I profughi sono ovunque, la paura è ovunque e i terroristi sono ovunque, perciò possiamo ben comprendere che non si tratta solo del Mali, ma bensì di tutta l’area più ampia.

UNNC: Ma realisticamente i vari problemi della regione (es. traffici illeciti, povertà endemica e terrorismo) sono superabili?

Prodi: Sì, lo sono perché ci sono persone brillanti là. Inoltre c'è acqua, se ben gestita con le più moderne tecnologie. Abbiamo avviato un piano per la distribuzione di energia elettrica a tutte le case sfruttando l'energia solare. Naturalmente, per tutto questo sono necessarie risorse internazionali. Il centro del nostro piano è per cosi dire una sorta di rivoluzione.

Ho viaggiato in tutto il mondo per chiedere questo impegno. Ci sono coloro i quali non sono stati apertamente impegnati, ma erano interessati e ho compreso che c'era una preferenza per l'impegno indiretto, diciamo. Per questo motivo abbiamo proposto al Consiglio di Sicurezza di cercare di istituire un fondo, un fondo speciale che non fosse soltanto collegato al denaro come sempre, ma anche a beni in natura.

Diciamo che se i cinesi si decidono – perché  hanno una sovrapproduzione di energia solare e di macchinari  –    ad assumersi la responsabilità di un ampio piano di energia solare per il Sahel, lo faranno. Se i tedeschi vogliono costruire sette ospedali, lo faranno. Così si crea una sorta di competizione virtuosa. Si riduce il costo di gestione di questi progetti e al contempo si accelera la loro realizzazione.

 

Prodi durante l’intervista ha anche dichiarato che l'ostacolo più grande per l’integrazione (sicurezza, diritti umani e sviluppo) è la guerra in questo momento. Dove c’è guerra c’è prima di tutto violenza. In secondo luogo, il lavoro svolto dal personale umanitario è sempre più difficile anche per via dell’aumento del numero di rifugiati da assistere e per permettere loro che le loro case siano ormai luoghi sicuri, bisogna prendere diversi accordi politici. Infine Prodi ha anche posto l’accento sul fatto che le risorse naturali non sono la chiave di volta per lo sviluppo di un paese, ovvero sono utili ma solo a breve termine, portando anche l’esempio dell’Etiopia che continua il suo percorso di sviluppo senza disporre di petrolio e risorse naturali. Le risorse naturali rappresentano un ottimo punto di partenza ma necessitano di riforme agrarie e industriali a lungo termine se si vuole garantire uno sviluppo sostenibile e duraturo.  Tuttavia si arriva a tutto questo solo con programmi scolastici e preparando le persone a tutto ciò.

Esattamente il 28 luglio in Mali si terranno le elezioni presidenziali, e a tal fine l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) sta rafforzando il proprio ruolo nell'assistenza ai paesi limitrofi mirata a gestire le operazioni di voto fuori del proprio paese da parte dei rifugiati maliani. La guerra in Mali si è originata a seguito del colpo di stato del marzo 2012 e dell'offensiva dei tuareg e degli islamisti nel dicembre 2012. Il 9 gennaio 2013 il Presidente maliano Dioncounda Traoré‚ in un discorso alla nazione, ha comunicato di aver chiesto e ottenuto un intervento aereo della Francia, in accordo con l'ECOWAS (Comunità Economica degli Stati dell'Africa Occidentale), contro i ribelli jihadisti che occupano il nord del Paese e pertanto una forza multinazionale capeggiata dalla Francia (operazione Serval) è intervenuta, su mandato ONU, per ristabilire la sovranità del Mali sui territori sahariani settentrionali.

Sono circa 175mila i maliani fuggiti dal proprio paese a causa del recente conflitto e che attualmente si trovano in Burkina Faso, Niger e Mauritania. Ci auguriamo che le prossime elezioni riescano a portare degli sviluppi migliori e stabilità sotto tutti i punti di vista in Mali e nella regione del Sahel.

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Stefano De Cupis

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