Oggi 29 maggio si celebra l’International Day of United Nations Peacekeepers. Questa giornata ha due obiettivi principali: onorare i Peacekeeper che hanno perso la vita per la nobile causa della pace nel mondo e rendere omaggio a tutti coloro che con il loro coraggio, professionismo e dedizione hanno, continuano e continueranno ad adoperarsi nelle operazioni di Peacekeeping. Presso il Segretariato dell’ONU a New York, proprio per questa occorrenza, il Segretario Generale Ban Ki-moon presidierà una cerimonia in onore di tutti i peacekeepers caduti nel corso delle innumerevoli operazioni di mantenimento della pace. Sin dall’istituzione delle operazioni di Peacekeeping dell’ONU nel 1948 (nel 2008 infatti si è celebrato il 60° Anniversario) sono deceduti più di 3.100 persone tra personale civile e militare durante le varie missioni di pace. Inoltre verrà consegnata la Dag Hammarskjöld Medal, una medaglia (che porta il nome del secondo Segretario Generale delle Nazioni Unite per l’appunto Dag Hammarskjöld il quale morì per un incidente aereo mentre era in missione) per commemorare i caduti in servizio durante lo scorso anno.
Vogliamo però portare l’attenzione del lettore su alcuni termini e significati. Cosa significano veramente parole che sentiamo e leggiamo continuamente come ad esempio Peacekeeping? Chi sono questi Peacekeepers? Dove, quando e perchè entrano in gioco? Come agiscono nelle varie fasi di un conflitto?
Come ben sappiamo, il principale obiettivo delle Nazioni Unite consiste nel mantenere la pace e la sicurezza mondiale. Secondo quanto previsto dalla Carta dell’ONU, gli Stati Membri convengono di risolvere le proprie controversie con mezzi pacifici e di evitare di minacciare altri Stati o di usare la forza contro di loro. Purtroppo però a volte alcuni principi non vengono rispettati e si arriva a veri e propri conflitti internazionali di piccole, medie e grandi dimensioni. Quando purtroppo si arriva a tali eventi è qui che entrano in campo le Nazioni Unite con i loro strumenti diplomatici e soprattutto con il loro impegno concreto.
Alle varie forme di “operazioni per il sostegno alla pace” meglio note con l’acronimo inglese PSO -Peace Support Operations, sono riconducibili tutte le operazioni finalizzate allo ristabilimento della pace e che evitino, nei limiti del possibile, un approccio bellico. Le PSO sono infatti una border line tra l’attività diplomatica e gli interventi bellici classici. A tal fine, la Comunità Internazionale raggruppa nelle PSO svariate operazioni quali: prevenzione dei conflitti, peacekeeping (mantenimento della pace), peacebuilding (costruzione della pace), peacemaking (pacificazione), peace-enforcement (imposizione della pace), operazioni di disarmo e molte altre ancora.
Quelle che ci interessano sono le operazioni per il mantenimento della pace ovvero le operazioni di Peacekeeping. Con questo termine infatti si indica l’azioni intrapresa necessariamente con l’accordo preventivo delle parti, finalizzata a mantenere o ristabilire la pace mediante l’interposizione di forze neutrali i cosiddetti Peacekeepers noti anche come “caschi blu”, i quali hanno mandato di rispondere alla violenza solo per legittima difesa (con queste operazioni le parte terze raggiungono e eventualmente superano la soglia critica dell’uso della forza). Il Segretario Generale è colui che costituisce la forza militare neutrale e spetta a lui individuare gli Stati che vogliono fornire volontariamente i contingenti per tale forza. Tuttavia al fine di rendere più continua la partecipazione alle operazioni di peacekeeping sono stati istituiti due meccanismi ovvero gli Stand-by Arrangements (dove gli Stati membri mettono a disposizione dell’ONU dei contingenti addestrati per le operazioni di mantenimento della pace) e la Shirbrig acronimo per Stand-by Forces High Readiness Brigade (forza di intervento rapido). Il casco blu, che è diventato il simbolo dei soldati ONU, viene portato con sè dai soldati durante ogni operazione e utilizzato in caso di pericolo. I peacekeeper indossano le proprie uniformi nazionali.
Le operazioni per il mantenimento della pace possono avere una durata che va da pochi mesi a molti decenni. Dal primo dispiegamento degli operatori di pace dell’ONU avvenuto nel 1948, circa 130 Paesi hanno contribuito volontariamente con più di 1 milione di soldati, ufficiali di polizia e civili. Essi hanno prestato servizio, assieme a migliaia di civili, in circa 60 operazioni di mantenimento della pace. Dal febbraio del 2005, 103 Paesi hanno contribuito con circa 67.000 operatori in divisa – una cifra record. Attualmente ci sono 15 operazioni di peacekeeping attive e una missione politica speciale in Afghanistan condotte dal Department of Peacekeeping Operations (DPKO) – Dipartimento delle operazioni per il mantenimento della pace delle Nazioni Unite. Quest’ultimo è supportato anche dal Department of Field Support (DFS) – Dipartimento per il sostegno sul campo e dal Department of Political Affairs (DPA) – Dipartimento per gli affari politici.
Sebbene ci siano oltre a vittorie anche fallimenti come è avvenuto in Ruanda e in Bosnia, è grazie al settimo Segretario Generale dell’ONU, Kofi A. Annan, alla sua riforma del sistema ONU e soprattutto delle operazioni di Peacekeeping (Rapporto Brahimi), che oggi molte vite sono state tratte in salvo sotto la bandiera blu delle Nazioni Unite.
I conflitti locali, regionali e internazionali sono un fardello che ancora oggi ci portiamo sulle nostre spalle, ma poiché la guerra nasce nella mente degli uomini, è proprio in essa che le difese della pace si devono costruire, proprio come si citava in un manuale dell’UNESCO. Un augurio pertanto a tutti gli operatori di pace!