New York. Dal Palazzo di Vetro dell’ONU – La linea rossa tracciata da Obama sull’uso delle armi chimiche e sul possibile intervento Americano in Siria è stata già oltrepassata da Assad? Gli inglesi e i francesi da almeno un mese dicono di si, da martedi scorso lo dicono anche le forze armate israeliane, mentre fino a mercoledi la Casa Bianca aveva cercato di sviare sull’argomento. Ma da da giovedi anche l’amministrazione Obama, con un messaggio scritto al Congresso, afferma che anche le sue agenzie di intelligence ora credono “seppur con una certa variazione nel grado di certezza” che il governo siriano ha usato armi chimiche, pur ammettendo che ha ancora bisogno di prove conclusive prima che il Presidente Obama possa decidere il da farsi. Quindi la linea rossa è stata superata o no?
Calma. Barack Obama disse la scorsa estate che gli Stati Uniti avrebbero reagito contro la Siria se avessero avuto la certezza che armi chimiche fossero state usate durante la Guerra civile in corso, e questa “certezza” ancora non c’è. La lettera al Congresso, firmata da Miguel Rodriguez, direttore degli affari legislativi della Casa Bianca, afferma infatti che “dato gli interessi in gioco” gli Stati Uniti hanno ancora bisogno di “fatti credibili e confermati” prima di poter decidere l’azione da intraprendere. E sempre nella lettera della Casa Bianca, veniva specificato che gli Stati Uniti spingono per una “completa indagine ad opera delle Nazioni Unite che possa credibilmente valutare le prove e stabilire cosa è successo”.
E anche se l’amministrazione Obama dice che non può ancora confermare le circostanze in cui le vittime sono state esposte alle armi chimiche, ha detto di credere che sia stato utilizzato l’agente chimico del sarin. E se questo attacco fosse effettivamente avvenuto, la Casa Bianca è convinta che allora sia stato opera del regime di Assad. Improvvisamente, quindi, sembra che l’amministrazione Obama sia stata costretta a cambiare il suo atteggiamento ritenuto troppo “prudente e attendista” e che l’avevano lasciata praticamente in silenzio, rispetto ai suoi maggiori alleati che intanto da settimane dichiaravano di avere raggiunto quasi la certezza che ci sarebbe stato l’uso di armi chimiche da parte del regime di Assad. Ma allo stesso tempo la Casa Bianca mette anche le mani avanti, e proprio nel giorno in cui Obama era a Dallas per partecipare all’inaugurazione della libreria museo dedicata al suo predecessore George W Bush, cosciente delle enormi conseguenze che ebbero le errate valutazioni sulle armi di distruzione di massa che invece portarono proprio la Casa Bianca di GW Bush all’invasione dell’Iraq e ad una guerra che poteva essere evitata, afferma ora che continua a mettere l’accertamento dei fatti tutto in mano alle Nazioni Unite che hanno la responsabilità di verificare se le armi siano state in effetti utilizzate. Non si sa allora con sicurezza non solo chi le abbia usate queste armi proibite, ma se effettivamente in Siria siano mai state usate? Facciamo un passo indietro di qualche giorno.
Al briefing di mercoledì 24 aprile al Palazzo di Vetro con il portavoce del Segretario Generale dell’ONU, Martin Nesirsky, è stata proprio Radio Radicale-lavocedinewyork.com a chiedere delucidazioni riguardo alla missione Onu di esperti che resta ancora in attesa di poter entrare in Siria per portare a termine la sua investigazione, attesa che ricordiamo si prolunga ormai da due mesi … Ecco che subito il portavoce ci ha interrotto nel mezzo della nostra domanda per specificare: “No Stefano, si deve precisare che la missione ONU non va per stabilire chi ha fatto uso delle armi chimiche in Siria, ma per stabilire se in effetti queste armi siano state utilizzate o meno”. Cioè la missione ONU, che ancora non riesce ad avere accesso in Siria nonostante la stessa missione fosse stata richiesta originariamente dal governo di Assad che accusava i ribelli di aver fatto uso di armi chimiche, una volta dovesse riuscire ad entrare, non andrebbe a caccia dei responsabili ma andrebbe solo a verificare se in effetti è stato fatto uso delle armi proibite.
Dal canto nostro mercoledì abbiamo quindi proseguito facendo notare sempre al portavoce del Segretario Generale dell’ONU che la Gran Bretagna e la Francia avevano consegnato da circa un mese una lettera al segretario Generale Ban Ki-moon in cui praticamente sostenevano che non solo avevano già loro raccolto degli elementi che dimostrerebbero che le armi chimiche sarebbero state usate, ma anche che il sospettato numero uno fosse il regime di Assad. Inoltre a inglesi e francesi adesso anche le forze armate israeliane confermano l’uso di armi chimiche da parte del regime siriano. Ma mentre gli esperti ONU restano in attesa di poter entrare in Siria, forse il Segretario Generale Ban Ki Moon ha con loro già studiato del materiale e l’ONU potrebbe già rivelare pubblicamente a quali conclusioni sono arrivate sull’uso delle armi chimiche in Siria?
A questo punto il portavoce di Ban Ki Moon Nesirski ha replicato: “Certamente, mentre gli esperti sono rimasti in attesa di poter entrare nel paese, sono stati richiesti al governo siriano dei documenti specifici su certe loro accuse su chi abbia usato armi chimiche nel paese. Inoltre il Segretario Generale ha già detto pubblicamente di aver ricevuto quella lettera da parte del governo britannico in cui si riferiva di nuovi elementi. Quindi l’ONU sta cercando di venire ad una conclusione e non ha certo bisogno di dover entrare in Siria per poter continuare a procedere nelle sue indagini”.
La Gran Bretagna, nella lettera citava tre episodi in cui si sospettava l’uso di armi chimiche: in un villaggio ad ovest di Aleppo e poi nei dintorni di Damasco, questi episodi sarebbero avvenuti entrambi il 19 marzo, mentre un altro episodio sarebbe avvenuto a Homs lo scorso 24 dicembre. Ma invece, proprio giovedi scorso, il Segretario di Stato John Kerry, uscendo da una audizione del Congresso, ha detto che gli Stati Uniti credono che le armi chimiche siano state usate in Siria in due circostanze, senza specificare altri dettagli.
Il capo del Pentagono, Chuck Hagel, che la scorsa settimana si trovava ancora in Medio Oriente, ha detto che pur preparandosi ad ogni scenario possibile per il Pentagono, ha cercato di raccomandare prudenza affermando che ancora tutto rimane nell’incertezza riguardo alla possibilità il governo siriano abbia effettivamente fatto uso di armi chimiche. Quando gli è stato chiesto ad Hagel se il regime di Assad avesse superato la linea rossa tracciata da Obama, il capo del Pentagono ha risposto: “Abbiamo bisogno di tutti i fatti, abbiamo bisogno di tutte le informazioni” aggiungendo che l’incertezza rimane su “cosa è stato usato, quando è stato usato, e da chi è stato usato”.
Ma al Congresso, la lettera della Casa Bianca ha suscitato una reazione forte, soprattutto tra senatori come John McCain, l’ex candidato repubblicano alla Casa Bianca, che ha detto: “Penso che sia ovvio che la linea rossa sia stata oltrepassata” ricordando l’espressione usata da Obama la scorsa estate, che l’uso di queste armi chimiche era un “game changer”, avrebbe cambiato tutta la strategia degli Usa per la Siria.
Ma allo stesso tempo l’amministrazione Obama, nel dare la priorità alle conclusioni dell’ONU, che come abbiamo visto non riesce ancora a far entrare i suoi ispettori in Siria, sembra voler continuare a segnalare che non ha alcuna fretta a stabilire se Assad abbia in effetti oltrepassato quella linea rossa che costringerebbe il governo Usa ad un atteggiamento ben diverso nei confronti della Guerra civile siriano rispetto a quello avuto finora. Una fonte anonima del New York Times proveniente dalla Casa Bianca, avrebbe detto che “è precisamente perché c’è una linea rossa che dobbiamo stabilire con certezza assoluta se questo sia accaduto. Infatti l’asticella di questa certezza per gli Stati Uniti resta piu’ alta che per tutti gli altri” ha continuato la fonte del “New York Times”, “sia per le nostre capacità di reazione sia per la nostra storia in Iraq”. Il capo del Pentagono, Hagel, mercoledì scorso infatti aveva detto: “I sospetti sono una cosa, le prove un’altra”.
Ma molti analisti interpellati dai maggiori giornali Usa, in questi giorni dicono che se gli Stati Uniti restassero in attesa troppo a lungo, rischierebbero di rafforzare Assad, che potrebbe sentirsi legittimato ad aumentare l’uso di queste armi chimiche contro le forze di opposizione. Cioè il precedente uso limitato di queste armi chimiche, potrebbe essere stato per il regime di Assad un test di prova per sondare la reazione internazionale, che venendo a mancare potrebbe quindi favorire un uso a larga scala di queste armi. Ma nessuno ancora sembra poter dire con l’assoluta certezza della prova che il regime di Assad abbia usato armi chimiche contro la sua popolazione. Così lo stesso segretario di Stato Kerry, ha potuto riferire di una conversazione avuto con il Primo Ministro israeliano Netanyahu in cui il capo del governo israeliano non ha potuto confermare che le informazioni in possesso di Israele provassero al 100% l’uso di armi chimiche da parte di Assad.
E infatti il capo del Pentagono Hagel dall’Egitto aveva dichiarato che Washington non si farà spingere all’azione da dei rapporti di servizi segreti stranieri neanche se sono di paesi alleati. Prima di arrivare a delle conclusioni certe, lo farà solo basandosi sui rapporti messi insieme dall’intelligence Usa. Intanto però si è venuto a sapere che il Pentagono ha preparato un ricco menu di opzioni militari per il Presidente Obama, se alla fine si dovesse giungere ad una incontrovertibile conclusione che il regime siriano ha usato armi chimiche contro i ribelli. Quindi, anche l’affermazione che Obama aspetti l’ONU per sapere cosa fare sulla Siria, in realtà non si reggeva più già da ieri ma ovviamente serviva ancora alla Casa Bianca per guadagnare ancora tempo nelle decisioni che vorrà prendere nei confronti di un suo maggiore coinvolgimento nelle crisi siriana che potenzialmente potrebbe avere conseguenze devastanti nei già tenui equilibri del Medio Oriente.
Concludiamo questa lunga corrispondenza dall’ONU riferendovi dell’approvazione al Consiglio di Sicurezza della nuova missione di pace dell’ONU per il Mali. Il Consiglio ha approvato una forza di pace di 12600 caschi blu che prenderà il posto il primo luglio della missione attuale che è stata organizzata dai paesi africani, e la risoluzione autorizza i caschi blu ad usare “tutte le misure necessarie” nel cercare di ristabilire la sicurezza nel paese, proteggere i civili, ma anche il personale dell”ONU e i monumenti storici nel paese, e stabilire una protezione anche per gli aiuti umanitari.
Il Sottosegretario Generale per le Operazioni di Pace, Hervè Ladsous, all’uscita dal Consiglio di Sicurezza ha parlato ai giornalisti subito dopo l’approvazione della risoluzione 2100 che stabilisce la UN Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali (MINUSMA). “Questa non è una missione anti terrorismo” ha detto Ladsous. Lo scopo principale di MINUSMA è supportare il processo politico in Mali, in stretta coordinazione con l’Unione Africana e l’Economic Community of West African States (ECOWAS).
“La missione aiuterà le autorità maliane ad applicare una road map transitoria verso la piena restaurazione dell’ordine costituzionale, del governo democratico e dell’unità nazionale” ha detto Ladsous. “E questo include anche il tenere elezioni il luglio, e facilitare la riconciliazione a livello nazionale e locale”. Nei prossimi giorni si dovrà stabilire quanti paesi contribuiranno a questa nuova forza di pace per il Mali. Intanto l’ambasciatore francese all’ONU Gerard Arou ha fatto sapere che la Francia intende mantenere una forza di mille soldati fino alla fine dell’anno. Ricordiamo che le truppe francesi sono presenti in Mali dopo aver risposto alla chiamata di aiuto del governo maliano che stava per essere travolto dalle forze islamiste ribelli del nord che dopo aver spaccato in due il paese si preparavano a sconfinare anche nella parte sud del paese.
La risoluzione appena approvata dal Consiglio di Sicurezza autorizza il Segretario Generale Ban Ki Moon anche a nominare al più presto possibile uno Special Representative per il Mali che sarà anche a capo del MINUSMA e che sarà responsabile del coordinamento di tutte le agenzie dell’ONU in Mali. Quando è stato chiesto a Ladsous chi sarà il prescelto per guidare la missione Onu in Mali, il Sottosegretario alle operazione di pace è rimasto evasivo è ha solo detto che si sta ancora lavorando sulla scelta di Ban Ki Moon. Fino ad un paio di settimane fa, fonti diplomatiche all’ONU, avevano con insistenza fatto circolare il nome del sottosegretario agli Esteri del governo Monti, Staffan De Mistura, che è stato già inviato speciale dell’Onu in Iraq e Afghanistan, come candidato favorito per la missione in Mali. Ma negli ultimi giorni la sua nomina è apparsa meno probabile. Sicuramente il fatto che Romano Prodi non sia stato eletto Presidente della Repubblica e che quindi rimarrà come inviato speciale ONU per il Sahel, di certo non ha favorito più la candidatura di un altro italiano nella regione. Inoltre è circolata la voce che lo stesso De Mistura abbia mostrato meno interesse per la missione in Mali perché avrebbe delle possibilità per un incarico di rilievo anche nel prossimo governo italiano.