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March 29, 2011
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ANALISI/ L’Onu applaude l’Italia onesta

Stefano VaccarabyStefano Vaccara
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NEW YORK. La calorosa accoglienza che il Presidente Giorgio Napolitano ha avuto all’Onu è un buon segnale per le sorti dell’Italia e della sua politica estera. Anche al Palazzo di Vetro si erano avvertite per mesi le scosse dei vari scandali di natura sessuale e giudiziaria del Premier Berlusconi, e il discorso di Napolitano ha provocato un sussulto di credibilità internazionale, in un intervento pronunciato dove l’Italia resta protagonista, sia per contributi finanziari che soprattutto umani.

 

Il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha introdotto Napolitano definendolo “figura storica dell'Italia del dopoguerra… per decenni una delle principali voci morali del suo paese e non solo”. E ancora, Ban Ki-moon ha definito il presidente italiano “un campione dei principi pubblici, del buon governo, della trasparenza e dell’onestà, la democrazia ai massimi del bene”.

 

Anche dal presidente dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, lo svizzero Joseph Deiss, un caloroso saluto a Napolitano dicendo che l'Italia “gioca un ruolo fondamentale all'interno delle Nazioni Unite”.

 

Quando il Presidente Napolitano prende la parola, all’inizio la sua voce si incrina, è rauca, sembra che neanche un bicchiere d’acqua riesca a schiarirla. Ma è solo un momento. Napolitano si riprende e sfoggia l’ottima pronuncia inglese per rivolgersi al mondo “in un momento di grande sfida”.

 

Subito una critica contro chi non ha capito cosa stava per accadere: “Nessuno gradisce l’instabilità alla propria porta di casa. In alcuni casi tuttavia la stabilità era più fragile e precaria di quanto non apparisse e noi stessi avremmo dovuto essere maggiormente consapevoli delle possibili conseguenze di forme autoritarie di governo e della corruzione diffusa nei circoli ristretti al potere…. La democrazia avanzerà, dall’interno e senza essere imposta da fuori”.

 

Ma attenzione, di fronte al dramma libico per Napolitano “il mondo non poteva assistere senza reagire alle molte vittime e alle distruzioni massicce inflitte dal leader libico alla sua stessa popolazione”. Così Napolitano ricorda che “la Responsabilità di proteggere ricade sulle Nazioni Unite e del resto il capitolo 7 della Carta contempla specificatamente l'uso della forza per mantenere la pace e la sicurezza internazionale”.

 

Quindi il Presidente italiano non ha dubbi sulla legittimità e necessità dell’intervento: “In Libia siamo impegnati a proteggere la popolazione civile e a far rispettare la Carta delle Nazioni Unite, agendo nella piena legittimità internazionale conferita dalla Risoluzione 1973. Stiamo applicando lo statuto dell'Onu, stiamo agendo sotto l'egida dell'Onu”.

 

Napolitano pronunciava quelle parole all’Assemblea Generale mentre dalla Russia rimbalzavano le pesanti parole del governo russo contro l’intervento in Libia, considerato oltre i limiti stabiliti dalla risoluzione.

 

Ma Napolitano ha insistito: “Non sottovalutiamo nel modo più assoluto i costi umani e i rischi delle azioni militari… Tuttavia la protezione giuridica internazionale dei diritti umani è al centro del sistema delle Nazioni Unite come testimonia la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948. Essa è sempre più importante per tutti gli stati membri, senza eccezioni”. E quindi ecco la nozione che Napolitano ha chiamato “cruciale” e che si sta sempre più affermando come ha dimostrato la risoluzione 1973: “I diritti umani sono divenuti progressivamente una pietra angolare delle relazioni internazionali. Di conseguenza, violazioni massicce dei Diritti Umani rendono un regime illegittimo e lo pongono al di fuori della comunità degli Stati”.  Ma “questo non significa pretendere di esportare uno specifico modello di democrazia, bensì promuovere e proteggere i diritti fondamentali, civili e politici, e le libertà religiose, come precondizione per l'autonoma realizzazione di sistemi democratici”.

 

Napolitano ha ricordato le parole del presidente Usa, Barack Obama, pronunciate al Cairo nel giugno 2009: la Libia appartiene ad una regione che sta affrontando un profondo cambiamento, che ha preso origine  da “principi comuni, principi di giustizia e progresso, tolleranza e dignità per ogni essere umano”.  Valori che condivisi da tutti, sono stati “recentemente riaffermati dalla Lega Araba, essi sono divenuti un faro per la trsformazione in atto nel Mediterraneo”.

 

Napolitano ha ricordato come la nuova Repubblica italiana adottò la sua Costituzione in coincidenza con la fondazione delle Nazioni Unite. E qui Napolitano, è sembrato rispondere alle polemiche interne, quando ha ricordato che l’articolo 11 della Costituzione dice che l’Italia “ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Quindi il presidente ha commentato: “Questi ideali, fissati nei principi fondamentali della Repubblica, hanno ispirato l'azione internazionale del mio Paese nel corso di 60 anni di vita delle Nazioni Unite, e in particolare il nostro fattivo contributo alla costruzione delle istituzioni europee sovranazionali”.

 

Napolitano ha dedicato buona parte del suo discorso ai problemi economici in un mondo “sempre più complesso e ricco di contraddizioni”. Così dopo alcuni successi, la grave crisi economico finanziaria dal 2008 “ ha messo in luce i drammatici squilibri dell’economia e della finanza internazionali”.  Ma per Napolitano “non si tratta di un fallimento della globalizzazione, ma piuttosto del governo internazionale dell’economia” perché “la globalizzazione dei problemi richiede la globalizzazione delle soluzioni”.

 

Napolitano nel suo discorso ha dedicato un passaggio al Giappone, devastato dal terremoto, dallo tsunami e in piena crisi nucleare. Al popolo giapponese “la mia ammirazione per la sua forza d’animo. E’ tempo che la comunità internazionale ricambi la generosità che il Giappone non ha mai mancato di esprimere”.

 

Poi Napolitano è tornato interventista, parlando del tramonto “dell’era di regimi che nascondono la verità, limitano il movimento delle persone e fanno ricorso a menzogne, alla corruzione e a false rappresentazioni del mondo esterno. Non è più il tempo per riforme cosmetiche e limitate…. Il mondo ha una chiara responsabilità non solo nell’aiutare questa nuova alba a divenire una realtà ma anche nell’intervenire ovunque dittature, violenze e oscurantismo tentino di contrastare il nuovo. La comunità internazionale deve fare propria la domanda di libertà, giustizia, e più eque opportunità che sale da società così a lungo mantenute sotto il giogo della violenza e dell’oppressione”.

 

Ed ecco arrivare la frase chiave a sostegno della democrazia: “La stabilità e le libertà democratiche non sono tra loro alternative. Al contrario, esse si rafforzano a vicenda”.

 

Napolitano ha  auspicato una riforma del Consiglio di Sicurezza dell’Onu basata sullo spirito di compromesso e tolleranza, citando il Mahatma Gandhi: “Durante tutta la mia vita, l’insistere sulla verità mi ha portato ad aprezzare la bellezza del compromesso”. Per questo, in qualsiasi ipotesi di riforma del CdS, dice Napolitano, bisogna raggiungere un consenso che dovrebbe “permettere a quest’ultimo di divenire più rappresentativo, efficiente, e responsabile nei confronti degli Stati membri”.

 

Poi è stata la volta dell’Unione Europea e del suo ruolo negli affari internazionali: “Abbiamo bisogno oggi di più Europa…. Il rafforzamento della moneta unica richiede più integrazione; a sua volta esso costituirà il motore per ulteriori progressi verso l’affermazione di una voce europea unitaria negli affari mondiali, in particolar modo nella politica estera e di sicurezza comune”.

 

Alla fine del suo discorso, Napolitano ha voluto ricordare l'impegno dell'Italia all’Onu, non solo per i mezzi messi a disposizione nelle missioni dei caschi blu, ma anche per il suo impegno politico nell’avanzamento dei diritti umani. Coì ecco gli sforzi per  una universale abolizione della pena di morte.  Ricordando il filoso del Settecento Cesare Beccaria, Napolitano ha esortato a proseguire con le moratorie internazionali per una crescente condivisione degli Stati membri sull'abolizione della pena capitale. Ha poi ricordato come l’Italia si stia mobilitando per un progetto di addestramento per i caschi blu che dovranno occuparsi dei bambini nei conflitti armati. Poi Napolitano ha detto che l’Italia è impegnata “ad eliminar tutte le forme di volenza contro le donne e in particolare alla pratica della mutilazione genitale femminile”. Infine, concludendo il suo discorso in italiano, il presidente della Repubblica ha ribadito che l’Italia  “continuerà a chiedere alle Nazioni Unite di essere in prima linea nella prevenzione del genocidio, la lotta contro ogni forma di discriminazione, la difesa delle minoranze e la protezione delle minoranze religiose”.

 

L’applauso scrosciante dell’Assemblea è stato convinto e prolungato. E poi, la presenza di tanti ambasciatori nella sala adiacente per stringere la mano di Napolitano, un’altra testimonianza del rispetto nei confronti di quel vecchio presidente che dà un’immagine dell’Italia, come ha detto Ban Ki-moon, “trasparente e onesta”, per un campione di  democrazia all’altezza dei suoi valori.

 

 

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Stefano Vaccara

Stefano Vaccara

Sono nato e cresciuto in Sicilia, la chiave di tutto secondo un romantico tedesco. Infanzia rincorrendo un pallone dai Salesiani e liceo a Palermo, laurea a Siena, master a Boston. L'incontro col giornalismo avviene in America, per Il Giornale di Montanelli, poi tanti anni ad America Oggi e il mio weekly USItalia. Vivo a New York con la mia famiglia americana e dal Palazzo di Vetro ho raccontato l’ONU per Radio Radicale. Amo insegnare: prima downtown, alla New School, ora nel Bronx, al Lehman College della CUNY. Alle verità comode non ci credo e così ho scritto Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination (Enigma Books 2013 e 2015). Ho fondato e diretto (2013-gennaio 2023) La VOCE di New York, convinto che la chiave di tutto sia l’incontro fra "liberty & beauty" e con cui ho vinto il Premio Amerigo 2018. I’m Sicilian, born in Mazara del Vallo and raised in Palermo. I studied history in Siena and went to graduate school at Boston University. While in school, I started to write for Il Giornale di Montanelli. I then got a full-time job for America Oggi and moved to New York City. My dream was to create a totally independent Italian paper in New York to be read all over the world: I finally founded La VOCE di New York. In 2018 I won the "Amerigo Award". I’m a journalist, but I’m also a teacher. I love both. I cover the United Nations, and I correspond from the UN for Radio Radicale in Rome. I teach Media Studies and also a course on the Mafia, not Hollywood style but the real one, at Lehman College, CUNY. I don't believe in "comfortable truth" and so I wrote the book "Carlos Marcello: The Man Behind the JFK Assassination" (Enigma Books 2013 e 2015). I love cooking for my family. My favorite dish: spaghetti con le vongole.

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