La triste storia di Giulia Cecchettin, 22 anni, laureanda in ingegneria, è andata esattamente come tutti avevano immaginato fin dall’inizio, e come tutti in Italia speravano non fosse: l’ennesimo femminicidio, almeno 102 quest’anno, almeno 85 donne uccise da un uomo che conoscevano, ex fidanzato amante o pretendente.
Il corpo della ragazza è stato ritrovato in un canalone vicino al lago di Barcis, in provincia di Pordenone, che i sommozzatori avevano setacciato; invece Giulia era lì vicino, fatta rotolare in fondo alla scarpata.
Il solito, tragico copione. Giulia aveva lasciato da un po’ l’ex ragazzo Filippo Turetta, arrestato domenica mattina in Germania vicino a Lipsia dopo giorni di ricerche e ora indagato per omicidio. Amici e familiari parlano di un ragazzo possessivo e geloso, che le controllava anche il telefono.
Filippo non aveva accettato la separazione, era molto depresso secondo gli amici. La notte fra sabato 11 e domenica 12 novembre sono scomparsi tutti e due dalla provincia di Venezia. Implausibile da subito l’idea che fossero scappati insieme: Giulia oltretutto avrebbe dovuto laurearsi giovedì 16. Filippo, anche lui studente di ingegneria, non voleva: temeva che una volta laureata si sarebbe allontanata.
Due giorni fa, la notizia che le forze dell’ordine hanno un filmato – per fortuna non diffuso – ripreso dalle telecamere di una zona industriale vicino Venezia: sei minuti di botte e tentativo di fuga della ragazza che poi viene caricata in macchina. La sua sorte è apparsa allora segnata. In base ai risultati dell’autopsia, è morta accoltellata mentre cercava di sottrarsi.
In Italia viene uccisa una donna ogni tre giorni, circa; una statistica che cambia poco di anno in anno e rispecchia la media europea – è però parecchio più bassa di quella degli Stati Uniti, dove si calcola che – forse per la diffusione delle armi da fuoco – tre donne al giorno muoiano per mano di un uomo che conoscevano bene, cioè 2,6 femminicidi per 100.000 donne. In Italia sono, anno più anno meno, circa 0,50 donne ogni 100.000 (1 donna ogni 200.000). Il problema è che i reati violenti in Italia sono in costante decrescita da dieci anni (in grandissima maggioranza commessi da uomini), mentre i femminicidi restano grossomodo uguali. Anche se la consapevolezza è aumentata: dieci anni fa la parola non era usata (e cercare di introdurla nelle redazioni dei giornali era una vera lotta), ogni omicidio da parte dell’ex era trattato dai media come un caso a se stante di follia.
La fine di Giulia Cecchettin, coi suoi particolari strazianti, la lunga attesa, il suo profilo instagram “bisc0ttoalcioccolato” con l’ultima foto con la sorella Elena, la rabbia di Elena che scrive sul social “è stato il vostro bravo ragazzo” rivolta alla famiglia di lui in mezzo a una serie di post sul dramma simile di altre donne; il padre che dice ai cronisti “l’amore non è violenza”. Tutto contribuisce a fare di questo femminicidio una storia (un po’) più risonante delle altre, una storia di cui tutti parlano in un coro da tragedia greca da nord a sud.
Un tempo le donne non avevano risorse per andarsene. Oggi, lo fanno e alcuni uomini non riescono a elaborare la separazione, uomini che in genere hanno già degli evidenti disturbi affettivi, sono già stati violenti o iperpossessivi – e questa è spesso la causa dell’abbandono. Trovare una soluzione è una sfida per tutti i paesi dove le donne sono libere. Reprimere, educare, o entrambe le cose, e come?
In Italia ci sono due donne a capo dei due maggiori partiti, destra al governo, sinistra all’opposizione. Non potrebbero essere più diverse per formazione, storia e proposte per il paese. Ma su questo tema, forse, un punto d’incontro c’è. “Il ritrovamento del corpo senza vita di Giulia è una notizia straziante” ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni: un “dramma inconcepibile”, e si augura che venga fatta piena luce. Un lungo comunicato arriva dalla segretaria del Partito Democratico Elly Schlein: “almeno sul contrasto a questa mattanza di donne e ragazze lasciamo da parte lo scontro politico”. “Approviamo subito in Parlamento una legge che introduca l’educazione al rispetto e all’affettività in tutte le scuole d’Italia”.
Le risponde a stretto giro il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, assicurando che il governo ci ha già pensato: “Apprezzo che l’onorevole Schlein condivida con noi l’idea di educare al rispetto nelle scuole contro la violenza e la cultura maschilista. Già ci stiamo lavorando. Dopo aver consultato associazioni studentesche, associazioni dei genitori, sindacati, ordine degli psicologi la proposta è pronta e verrà nei prossimi giorni presentata ufficialmente”. Si potrebbe andare a scuola bipartisan d’amore e di rispetto: succederà?