A breve potrebbe aprirsi il processo per Liliene Murekatete, meglio conosciuta come lady Soumahoro, moglie del deputato Aboubakar.
Quest’ultima, infatti, resta indagata insieme alla madre, Marie Mukamitsindo, ed ai fratelli Michel Rukundi e Richard Mutangana, nell’ambito dell’inchiesta riguardante la gestione delle cooperative sociali, specializzate nell’accoglienza per i migranti giunti in Italia. I pm che hanno lavorato al caso, Andrea D’Angeli e Giuseppe Miliano, hanno ora richiesto il rinvio a giudizio per i protagonisti di questa vicenda.
Nel mirino degli inquirenti, naturalmente, oltre alle fatture fasulle emesse tra il 2015 ed il 2016, sono finite le spese effettuate da lady Soumahoro e company con i soldi pubblici, gli stessi che, invece di essere investiti nelle cooperative, sarebbero stati spesi per l’acquisto di beni presso negozi di lusso, come quello di Ferragamo a Roma.
Alla fine, dunque, quell’ormai celebre «Diritto all’eleganza» tanto decantato dallo stesso Soumahoro, intervenuto tempo fa in difesa della consorte nel corso di una trasmissione televisiva, rischia di tornare indietro sotto forma di boomerang. Dopo aver portato a termine le indagini, infatti, gli inquirenti hanno spiegato: «La condotta in contestazione, oltre ad essere indicativa di una certa spregiudicatezza, si inserisce in un sistema connotato da importanti opacità nella gestione degli ingenti fondi assegnati alla cooperativa sociale ed agli altri enti coinvolti, in parte non rendicontati, in parte utilizzati per altri scopi apparentemente estranei a quello sociale e destinati ad utilizzi non ancora chiariti all’estero».
Nelle prossime settimane, dunque, conosceremo gli eventuali sviluppi di una vicenda che ad oggi resta alquanto complessa. Lo scandalo legato alle attività sospette di Liliene Murekatete e dei suoi familiari, venuto alla luce circa cinque mesi fa, ha naturalmente messo a dura prova la stessa credibilità del deputato Aboubakar Soumahoro, eletto lo scorso settembre.
Dopo essere arrivato in Italia nel lontano 1999, il quarantaduenne di origini ivoriane è diventato negli anni uno dei volti principali della lotta al capolarato ed allo sfruttamento dei braccianti agricoli. Proprio per questo motivo, sebbene il suo nome non compaia in alcun modo nella lista degli indagati, le vicissitudini che stanno coinvolgendo i propri familiari non hanno fatto altro che gettare ombra anche sul suo profilo.
Dopo i numerosi attacchi ricevuti nelle ultime settimane, nella giornata di ieri, tramite i propri profili social, il deputato ha dichiarato: «Come ribadito fin dall’inizio, io con le indagini, concluse dalla Procura di Latina non c’entravo e non c’entro nulla. Parlare di “Caso Soumahoro” vuole dire negare l’evidenza della magistratura, con il chiaro intento di diffamare. Confido che la mia compagna, solamente accusata di omessa vigilanza che ha causato un danno erariale di 13.368 euro, dimostrerà la sua innocenza. Vorrei ringraziare tutti coloro che, nonostante la violenta e vergognosa campagna di fango, hanno continuato a credere in me. Andiamo avanti con le attività con umiltà e determinazione, dentro e fuori dal Parlamento».