Si è tenuta martedì al Ministero degli Affari Esteri la conferenza “Women for peace: the Afghan challenge”, un incontro che fa parte di una serie di eventi dedicati alla partecipazione delle donne al processo di pace e stabilizzazione dell’Afghanistan.
L’evento, sviluppato da Women In International Security (WIIS) Italia con il supporto della Farnesina, ha visto la partecipazione di numerose attiviste del Paese asiatico: da Fatima Gailani — già presidente della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa a Kabul e poi negoziatrice con i Talebani negli incontri collaterali all’Accordo di Doha con gli USA del 2020 — a Frozan Nawabi — ex direttrice generale per i Diritti Umani e gli Affari Internazionali delle Donne del Ministero degli Esteri di Kabul — passando per Mahmouba Seraj, giornalista ed attivista che vive a Kabul e che si batte quotidianamente per i diritti delle donne.
“In Afghanistan siamo ormai prossimi alla catastrofe. Urge un nuovo approccio che non continui a mettere sotto accusa i Talebani, ma che sappia ricondurli dentro un percorso negoziale già tracciato negli incontri internazionali, sfruttando anche la loro ambizione di vedere riconosciuto l’Emirato islamico, ma chiedendo loro di rispettare gli impegni assunti”, ha spiegato Fatima Gailani.
“La priorità deve essere quella di evitare a tutti i costi la disintegrazione dell’Afghanistan. I Pashtun, i Tagiki, gli Hazara, gli Aimaq, i Saryk e tutte le altre minoranze etniche fanno parte dell’Afghanistan e devono essere integrate nell’ambito di un processo di pacificazione nazionale. Non si può continua a far prevalere le differenze”, ha aggiunto Mahbouba Seraj.
“Bisogna assolutamente trovare strumenti per costringere i Talebani a dare conto delle loro azioni ed a riconoscere le donne afghane come attori politici, iniziando da quelle che vivono nel Paese”, mette in evidenza Nilofar Ayoubi.
La posizione ufficiale della diplomazia italiana è stata invece espressa dall’ambasciatrice in Afghanistan, Natalia Quintavalle, intervenuta in collegamento video. Secondo la diplomatica “va comunque mantenuta la posizione del non riconoscimento dell’Emirato, senza naturalmente rinunciare al dialogo con i Talebani”. Dello stesso avviso è anche l’inviato speciale dell’UE Tomas Niklasson: “niente riconoscimento, ma cerchiamo di evitare l’ulteriore isolamento del Paese”.