Si è concluso in meno di due ore ma senza sostanziali passi avanti il primo incontro diretto tra Russia e Ucraina dal marzo 2022, tenutosi nel palazzo Dolmabahçe di Beşiktaş, nella parte europea di Istanbul. Un colloquio che, secondo i primi resoconti, di diplomatico avrebbe avuto ben poco se non per ricalcare la distanza siderale tra le parti.
“Le richieste russe sono irrealistiche e scollegate da qualsiasi discussione precedente”, ha riferito una fonte ucraina menzionata da Reuters. “Pretendono il nostro ritiro da territori ucraini in cambio di un cessate il fuoco, insieme ad altre condizioni che non hanno nulla di costruttivo”.
Dalla parte russa, nessuna nota ufficiale. Il Cremlino sostiene da tempo che qualsiasi soluzione al conflitto non possa prescindere dalla considerazione delle proprie preoccupazioni di sicurezza. Vale a dire il riconoscimento della sovranità russa sulla Crimea e sulle quattro regioni dell’Ucraina orientale e meridionale annesse unilateralmente alla fine del 2022 (Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Cherson) – solo in parte occupate dalle truppe russe – ma anche la rinuncia formale alle ambizioni ucraine di adesione alla NATO e un sostanzioso ridimensionamento delle forze armate di Kyiv.
Durante la riunione di venerdì, secondo quanto riportato su X dal corrispondente dell’Economist Oliver Carroll, i delegati del Cremlino avrebbero alzato i toni minacciando persino l’annessione di nuove regioni: “Oltre ai quattro oblast già rivendicati, hanno parlato apertamente di voler prendere Kharkiv e Sumy”, spiega il corrispondente.
Carroll cita direttamente il capo delegazione russo, Vladimir Medinsky: “Non vogliamo la guerra, ma siamo pronti a combattere uno, due, tre anni, quanto servirà. Abbiamo combattuto contro la Svezia per 21 anni. E voi, quanto siete disposti a resistere?”. Con una chiosa tutt’altro che conciliatoria: “Forse qualcuno a questo tavolo perderà altri familiari. La Russia è pronta a combattere per sempre”.
L’Ucraina chiede invece garanzie di sicurezza vincolanti, soprattutto da Washington. E nel frattempo insiste su un cessate il fuoco immediato e totale, da usare come base negoziale.
Che le distanze fossero insanabili lo si poteva però presagire anche dal contesto: la delegazione russa si è presentata in giacca e cravatta, parlando russo; in contrasto, metà del team ucraino indossava mimetiche e rispondeva in ucraino (pur conoscendo fluentemente la lingua degli interlocutori). A poco o nulla è servito l’appello del ministro degli Esteri turco Hakan Fidan, chiamato a presiedere l’incontro-scontro: “Esistono due strade: una porta alla pace, l’altra alla distruzione. La scelta è nelle mani delle delegazioni”.
Come sede dei colloqui a porte chiuse è stato scelto lo storico palazzo ottocentesco affacciato sul Bosforo, ex centro amministrativo dell’Impero Ottomano e ultima dimora del padre della Repubblica turca Mustafa Kemal Atatürk. Una scelta simbolica, dato che lo stesso luogo nel 2022 aveva ospitato i primi negoziati dopo l’invasione russa. Ma il tentativo russo di legare idealmente i colloqui di Istanbul al precedente formato del 2022 è stato respinto dall’Ucraina.
“Le condizioni erano inaccettabili allora, lo sono ancor di più oggi”, ha detto Andriy Yermak, capo dello staff di Zelensky. All’epoca Mosca chiedeva infatti una drastica riduzione dell’esercito ucraino e la rinuncia formale all’adesione alla NATO. Ora, con circa un quinto del territorio in mano alle truppe di Mosca, l’agenda russa non cambia – e in cima rimangono la neutralità di Kyiv e il riconoscimento delle annessioni russe nel sud e nell’est del Paese.
Vladimir Putin, che nei giorni scorsi aveva rilanciato l’ipotesi di un dialogo, non solo ha dato forfait ma ha spinto a fare altrettanto anche il ministro degli Esteri Sergej Lavrov, delegando un gruppo di funzionari di secondo piano – a cui Kyiv ha risposto con una delegazione dello stesso livello. Né Zelensky né Putin hanno mai confermato la disponibilità a un vertice diretto, ma l’ipotesi — secondo il capo della delegazione ucraina, Rustem Umerov — è stata discussa: “Ci stiamo lavorando”.
Da parte statunitense, il segretario di Stato Marco Rubio aveva espresso scetticismo sin dalla vigilia: “Spero di sbagliarmi al 100%. Vorrei che domani si annunciasse un cessate il fuoco e l’avvio di veri negoziati. Ma, onestamente, non credo accadrà”. Donald Trump, reduce da un tour in Medio Oriente, ha dichiarato che “non ci sarà alcuna svolta finché non ci sarà un incontro tra me e Putin”.
Unico vero risultato concreto del vertice potrebbe essere uno scambio di prigionieri con la formula “1000 per 1000”, già confermato da entrambi i capi delegazione. “Conosciamo la data, ma non possiamo ancora comunicarla”, ha detto Umerov. “Tutte le modalità del cessate il fuoco sono state discusse. Ma al momento non c’è un’intesa”.
Allo stallo negoziale, come di consueto, corrisponde tutt’altro che inattività al fronte. Nelle ore precedenti il meeting turco, le sirene antiaeree hanno suonato per diversi minuti a Dnipro, città industriale del centro-est, con diversi media ucraini che hanno riportato esplosioni nella zona dell’aeroporto e nei pressi di altre infrastrutture energetiche. Secondo fonti locali, si è trattato di un’ondata di attacchi russi con droni e missili balistici a corto raggio. Le difese ucraine avrebbero intercettato parte dei vettori, ma si registrerebbero comunque pesanti danni a una sottostazione elettrica.
Nel Donbass, le forze russe hanno in tanto annunciato la conquista del villaggio di Netaylovo, a ovest di Avdiivka, rafforzando così il corridoio operativo lungo l’asse Pokrovsk–Kurakhove. Nessuna conferma da Kyiv, che tuttavia ha ammesso “movimenti tattici” delle proprie truppe per evitare accerchiamenti. L’esercito ucraino ha inviato nuovi rinforzi nella regione di Kharkiv, dove da giorni si temono offensive coordinate da parte russa a ridosso del confine. Proprio Kharkiv e Sumy, ha detto una fonte militare di Kyiv, “sono ora sotto osservazione speciale anche per via delle minacce esplicite arrivate al tavolo dei negoziati”.