Accettare lo status quo o perdere il sostegno di Washington. Ha il sapore e il tono di un ultimatum per l’Ucraina quello che mercoledì è arrivato dal vicepresidente statunitense JD Vance a Nuova Delhi, dove il numero due di Donald Trump si trova in visita ufficiale.
L’ultima proposta della Casa Bianca prevede il congelamento dei confini di fatto stabiliti dalla guerra, il riconoscimento dell’annessione russa della Crimea (avvenuta nel 2014), e infine la rinuncia formale di Kyiv a qualsiasi aspirazione di entrare nella NATO. In cambio, la promessa di mettere fine alle ostilità e il generico proposito di garantire un futuro migliore per entrambi i Paesi.
“Abbiamo presentato una proposta estremamente chiara a russi e ucraini. Ora devono decidere: o dicono sì, oppure gli Stati Uniti si tirano indietro”, le parole di Vance, secondo cui “l’unico modo per porre fine alle morti è deporre le armi, congelare il conflitto e cominciare la ricostruzione di una nuova Russia e di una nuova Ucraina”.
Il piano statunitense – che, secondo fonti diplomatiche riportate da Axios, includerebbe anche un alleggerimento selettivo delle sanzioni contro Mosca scattate a partire dal 2014 – prevede una ridefinizione dei confini “vicina alle linee attuali del fronte”, come ha precisato lo stesso Vance, aggiungendo che sarà necessario uno “scambio di territori”.
Nessun chiarimento su quali regioni la Russia potrebbe essere invitata a restituire, né se il piano sia stato già condiviso con Vladimir Putin – anche se l’idea di fermare la guerra lungo la linea del fronte attuale sarebbe già stata caldeggiata dal leader russo durante un recente incontro con l’inviato speciale di Trump Steve Witkoff a San Pietroburgo, secondo il Financial Times. Il portavoce del Cremlino, Dmitrij Peskov, non ha confermato le indiscrezioni, limitandosi a dichiarare che “circolano molti falsi anche da fonti autorevoli”.
L’impostazione della Casa Bianca sembra tuttavia collimare in più punti con i desiderata di Mosca. L’uomo forte del Cremlino ripete da tempo che qualsiasi soluzione al conflitto iniziato all’alba del 24 febbraio 2022 non possa prescindere dalla considerazione dei propri interessi strategici e “preoccupazioni di sicurezza”. Vale a dire il riconoscimento della sovranità russa sulle quattro regioni dell’Ucraina orientale e meridionale incorporate unilateralmente alla fine del 2022 (Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhia e Cherson) – ma solo in parte occupate dalle truppe russe – oltre alla Crimea già annessa nel 2014, nonché la rinuncia formale alle ambizioni ucraine di adesione alla NATO e un sostanzioso ridimensionamento delle forze armate di Kyiv.
Secondo le ultime rilevazioni del progetto open-source DeepStateMap, Mosca controllerebbe attualmente circa il 18,7% del territorio ucraino. Il congelamento del conflitto sulle basi proposte da Washington legittimerebbe di fatto l’occupazione russa nell’est del Paese.
Secondo Axios, il piano statunitense riserva all’Ucraina non meglio specificate “garanzie di sicurezza” di cui dovrebbero farsi carico in primo luogo i Paesi europei – forse affiancati da un contingente parallelo formato da Paesi terzi come Cina e India. Si accenna poi alle spese di ricostruzione post-belliche – senza tuttavia indicare da dove proverranno i finanziamenti – e a qualche concessione territoriale, tra cui la restituzione di una piccola parte della regione di Kharkiv, occupata dalla Russia, e il libero passaggio del fiume Dnieper, che costeggia la linea del fronte in alcune zone dell’Ucraina meridionale.

Non sorprende che le parole di Vance siano state accolte con moderata soddisfazione a Mosca. “Apprezziamo gli sforzi americani di mediazione. I contatti proseguono, ma ci sono molte complessità ancora da risolvere”, ha dichiarato Peskov.
Circola meno entusiasmo invece a Kyiv: una delle prime a commentare l’ultimatum MAGA è stata la ministra dell’Economia Yulia Svyrydenko. “Siamo pronti a negoziare, ma non a capitolare. Non firmeremo alcun accordo che offra alla Russia le condizioni per riorganizzarsi e colpire di nuovo con maggiore violenza”, ha scritto su X.
Nessun commento ufficiale da parte del presidente Volodymyr Zelensky. Che martedì però aveva già messo le mani avanti su un possibile compromesso che comportasse il riconoscimento della sovranità russa sulla Crimea. “Non c’è nulla di cui parlare. Questo viola la nostra Costituzione. Questo è il nostro territorio, il territorio del popolo ucraino“.
L’intransigenza di Zelensky non è però piaciuta a Trump, che mercoledì pomeriggio su Truth Social lo ha accusato di voler voler prolungare “lo sterminio”.
“Nessuno chiede a Zelensky di riconoscere la Crimea come territorio russo“, ha scritto il presidente USA sul social network di sua proprietà. “Ma, se vuole la Crimea, perché non hanno combattuto per averla undici anni fa quando è stata consegnata alla Russia senza che venisse sparato un colpo?”. Trump ha inoltre dichiarato che un accordo è “vicino“, e che Kyiv potrà avere la pace o “combattere per altri tre anni prima di perdere l’intero Paese”.
Il pressing statunitense arriva nel pieno di un tentativo europeo – peraltro apparentemente già compromesso – di rilanciare una mediazione multilaterale che coinvolgesse anche il Vecchio Continente. Dopo il vertice di Parigi della scorsa settimana, era prevista per mercoledì a Londra una nuova tornata di colloqui a livello di ministri degli Esteri di Regno Unito, Francia, Germania, Ucraina e Stati Uniti.
Ma a far saltare tutto è stato nella notte il segretario di Stato USA Marco Rubio, forse infastidito dall’intransigenza di Zelensky sulla questione crimeana. Ad alimentare le tensioni anche un documento riservato inviato martedì sera da Kyiv alle cancellerie europee, in cui veniva categoricamente esclusa ogni discussione sui confini prima di un cessate il fuoco totale.
Alla diserzione di Rubio ha poi fatto seguito quella dell’omologo britannico David Lammy, il quale ha scelto di incontrare separatamente l’ucraino Andrii Sybiha. I lavori nella capitale inglese sono comunque proseguiti a livello tecnico, con la partecipazione di alti funzionari dei Paesi coinvolti.
“Siamo impegnati nel lavorare rapidamente con Stati Uniti, Ucraina e alleati europei per porre fine alla guerra e garantire una pace giusta e duratura”, ha scritto Lammy su X. Il ministro della Difesa britannico John Healey ha incontrato il collega ucraino Rustem Umerov, mentre l’inviato speciale USA Keith Kellogg – accreditato come il vero autore del piano-ultimatum – ha preso parte a un pranzo riservato con i consiglieri per la sicurezza di Londra, Berlino e Parigi.