“Caro Presidente..”: così iniziano le migliaia di lettere che ogni giorno arrivano al Capo dello Stato. A scriverle sono anziani, giovani, donne, famiglie e associazioni. Ma cosa spinge le persone a rivolgersi direttamente al Presidente della Repubblica, una figura che potrebbe sembrare così distante?
Di solito, quando si scrive una lettera, una email o un messaggio, si ha in mente qualcuno con cui si ha un legame diretto, una relazione personale o professionale. Chi scrive, pur senza aspettarsi necessariamente una risposta, nutre la speranza che le proprie parole vengano lette e, magari, prese in considerazione.
La storia della nostra Repubblica dimostra come i Presidenti, ciascuno con il proprio stile e percorso politico, abbiano spesso manifestato una grande sensibilità nei confronti di queste comunicazioni. Grazie a ciò, il Quirinale è diventato un punto di riferimento unico, capace di dare voce a una narrazione che intreccia storie personali e collettive, riflettendo le vicende della nostra nazione. Le lettere inviate al Presidente non sono semplici racconti personali; sono lo specchio dei disagi, dei sogni e delle preoccupazioni che riflettono il Paese nei suoi aspetti più autentici.
Spesso arrivano nei momenti di maggiore difficoltà: dalla perdita di una casa a causa di un terremoto o di un’alluvione, al dolore di chi piange un familiare vittima del terrorismo, fino all’amarezza di un genitore che non riesce a garantire un futuro ai propri figli.
Le categorie più vulnerabili si rivolgono al Capo dello Stato, vedendo in lui una figura di fiducia e un simbolo di ascolto, specialmente quando sembra che nessun altro sia disposto a farlo. Non sono però soltanto gli adulti a farsi sentire. Anche i giovani e i bambini scrivono al Presidente, portando con sé speranze, preoccupazioni e una visione del mondo in cui l’ingenuità si intreccia con un profondo senso di giustizia. Le loro lettere invocano pace, tutela dell’ambiente e diritti per tutti, dando vita ai principi di uguaglianza e partecipazione sanciti dalla Costituzione.

Alcuni esempi rimangono impressi nella memoria. Nel 1965, tre bambini di Tortoreto, in provincia di Teramo, scrissero al Presidente Giuseppe Saragat per chiedergli aiuto “per andare su Marte”, ispirati dall’entusiasmo per le esplorazioni spaziali degli Stati Uniti. La loro richiesta si chiudeva con un formale ma affettuoso: “È disposto ad aiutarci? Distinti saluti da Pierluigi, Armando e Riccardo”.
Altre volte, le lettere raccontano un’Italia in trasformazione. Negli anni ‘60, alcune missive riflettevano il desiderio di partecipare a una nuova cultura popolare, resa più accessibile dai cambiamenti sociali e tecnologici.
Un cittadino, nel 1956, scrisse al Presidente per manifestare il desiderio di partecipare al Festival di Sanremo con una sua canzone: “Cardellino innamorato”. Pochi anni dopo, nel 1965, una mamma si rivolse alla figlia di Saragat, Ernestina, per raccomandare la piccola Caterina allo Zecchino d’oro.
Questi episodi testimoniano come, nel tempo, il piccolo schermo sia diventato un elemento centrale della cultura popolare, capace di influenzare non solo le aspirazioni personali, ma anche la formazione dell’opinione pubblica.
Alcuni cittadini scrivono al Presidente per commentare i programmi televisivi più popolari, condotti da Mike Bongiorno, Pippo Baudo e Raffaella Carrà, o per riflettere sulle tematiche affrontate dalle trasmissioni televisive.
Le lettere scritte dalle madri si distinguono per un linguaggio persuasivo, carico di simbolismo materno, in cui emerge con forza il desiderio di protezione e sostegno per i figli.
Molte di queste missive sono indirizzate alle first ladies, figure percepite come rappresentanti di una sensibilità particolare verso le problematiche sociali. Le richieste spaziano dalla mancanza di servizi per l’infanzia alla necessità di maggiori tutele per le famiglie in difficoltà, fino al dramma della disoccupazione giovanile.
Analizzando queste lettere, si delinea il ritratto di donne che lottano per il futuro dei propri figli, affrontando con coraggio le avversità e le sfide della vita quotidiana.
Le parole scritte dagli emigrati non raccontano solo la ricerca di nuove opportunità, ma esprimono anche un profondo attaccamento alla cultura e alle tradizioni italiane. Ogni lettera diventa così una testimonianza delle esperienze vissute, di speranza per il futuro e di un’inesauribile nostalgia. Le lettere rivelano il complesso rapporto tra chi è partito e la propria terra d’origine, un legame fatto di radici mai dimenticate.

Le lettere conservate nell’Archivio storico del Quirinale rappresentano un patrimonio inestimabile per comprendere l’evoluzione del nostro Paese. Resi accessibili al pubblico dal 2009, questi documenti raccontano la storia nazionale, partendo dalla fine degli anni ‘40, quando reduci di guerra e cittadini raccontavano un’Italia segnata da difficoltà economiche e sociali, fino a arrivare ai giorni nostri.
Nel corso dei decenni, le lettere offrono uno sguardo su un’Italia meno visibile: quella alle prese con un’industrializzazione che ha trasformato il volto delle città e con un boom economico che ha portato un benessere mai sperimentato prima. Tuttavia, le contestazioni giovanili e i drammatici eventi legati al terrorismo hanno segnato un’epoca di profonda trasformazione, lasciando un’impronta nella memoria collettiva del Paese. Più recentemente, durante la pandemia di Covid-19, il Quirinale ha ricevuto oltre 10.000 lettere al giorno.
In quel periodo di paura e incertezza, molti italiani sentirono il bisogno di raccontarsi e di cercare conforto attraverso un dialogo con il capo dello Stato. In particolare, molte lettere esprimevano le paure legate alla salute e alle difficoltà dell’isolamento, dando voce alle ansie di un’intera nazione.
Ancora una volta, emerge il ruolo simbolico del Presidente della Repubblica come guida morale e paterna, capace di rappresentare l’intero Paese nei momenti più bui.
Sergio Mattarella ha più volte parlato dell’importanza di queste lettere, definendole una parte significativa della sua esperienza presidenziale.
Scrivere al Presidente è un gesto semplice che unisce le diverse generazioni e categorie sociali, rappresentando un tassello fondamentale della nostra democrazia partecipativa. Attraverso queste lettere si costruisce una narrazione collettiva dell’Italia, in cui si intrecciano le voci di giovani in cerca di un futuro migliore, di madri che lottano per i propri figli e di anziani che chiedono maggiore attenzione e rispetto.
Dai racconti più semplici alle denunce più drammatiche, ogni lettera contribuisce alla storia nazionale.
Rispondendo, il Presidente si fa portavoce di un’intera comunità, dimostrando che anche le istituzioni più rappresentative possono essere vicine alla gente.