Il progetto va avanti. Nel silenzio complice di mezzo mondo (o meglio, di tutto il mondo). Grandi e piccole nuvole di bugie coprono e nascondono la realtà. Complicità storiche e convenienze politiche attuali si intrecciano e rendono sempre più vicina la distruzione di un popolo. Carri armati e ruspe cercano di sradicare la verità e creare le basi per una mappa di un mondo diverso. Le carte geografiche prendono forme nuove. Le linee tracciate su di esse, come è stato quasi sempre, rappresentano conquista, morte, possesso. Mai come in Terrasanta è stato così abusato il nome di un’entità – Dio – più astratta che reale.
Dal 7 ottobre dello scorso anno, si è tornati a parlare della “striscia di Gaza”. Da qualche giorno, l’attenzione distratta dei lettori si è estesa anche a un territorio non distante, che comprende una parte di Gerusalemme. Viene chiamato con nomi diversi: “Territorio palestinese occupato”, “Cisgiordania”, “Giudea e Samaria”, “West Bank” (riva occidentale del fiume Giordano). Il quotidiano israeliano Haaretz, orientato a sinistra, titolava ieri: “La visione apocalittica del governo israeliano: trasformare Gaza in Cisgiordania e la Cisgiordania in Gaza”.
“In Cisgiordania, la guerra a Gaza ha aumentato l’escalation a quasi tutti i livelli: da parte palestinese, la motivazione alla violenza sta crescendo insieme all’aumento del contrabbando di armi. La violenza dei coloni è più dilagante che mai, sotto la protezione del governo di estrema destra, e l’esercito ha iniziato a schierarsi in Cisgiordania con forze, attrezzature e intensità che sono direttamente influenzate dai combattimenti a Gaza.”
E ancora: “L’uccisione di civili innocenti su una scala inimmaginabile prima della guerra a Gaza è diventata routine… E tutto questo sta procedendo insieme all’oppressione economica che Israele ha imposto in Cisgiordania da ottobre e al calpestio politico dell’Autorità palestinese, nonostante il fatto che l’AP sia ancora l’unico partner di Israele nel frenare il terrore. Se questa tendenza persiste, porterà alla completa Hamasizzazione della Cisgiordania e all’aumento della violenza e degli attriti quotidiani tra palestinesi, coloni ed esercito. Sarà una seconda Gaza.”

I colpevoli della ripresa della colonizzazione – permessa e voluta anche da Netanyahu – sono i partiti di estrema destra al potere. “Grazie a Dio, stiamo costruendo e sviluppando gli insediamenti e ostacolando il pericolo di uno Stato palestinese”, ha dichiarato il ministro Bezalel Yoel Smotrich, rivendicando i propri meriti nel cambio di marcia del processo di occupazione dei territori palestinesi. Durante il suo mandato, iniziato nel 2022, sono state approvate circa 24 mila unità abitative per i coloni israeliani.
Ancora dalla stampa più critica di Tel Aviv: “Questi sono giorni storici, nel senso che potrebbero determinare la storia per le generazioni a venire. Se queste tendenze non verranno fermate presto, è molto probabile che le differenze tra Gaza e Cisgiordania verranno irrevocabilmente cancellate. Entrambi i territori bruceranno e diventeranno sempre più estremisti di giorno in giorno sotto l’occupazione e il regime militare israeliano, e, insieme a loro, gli insediamenti e gli avamposti e i violenti attriti quotidiani tra i civili.”
Negli USA, i principali fornitori delle armi che consentono a Israele di proseguire con le sue azioni militari distruttive e di conquista, i media sono troppo impegnati con la campagna elettorale per occuparsi seriamente del disastro mediorientale; in Italia, giornali e televisioni preferiscono affondare forchette e coltelli nel piatto Sangiuliano, un misto sconfortante – indegno di uno stato civile – tra gossip sessuale e politico.
E nella grande Europa? Riguardo ai nuovi insediamenti in Cisgiordania, i 27 Stati membri hanno recentemente chiesto a Israele di “revocare le proprie decisioni”, che non solo costituiscono “una grave violazione del diritto internazionale”, ma “esacerbano le tensioni e minano gli sforzi per raggiungere una soluzione a due Stati”. Bruxelles “non riconoscerà modifiche ai confini del 1967 se non concordate dalle parti”.
E allora? Come nella splendida, triste canzone di Mina: “Parole, parole, parole.”