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La sproporzione e la dimenticanza: le ombre dell’Israele attuale

L'ignavia davanti agli orrori e alla violenza nello Stato ebraico

Eric SalernobyEric Salerno

An Israeli soldier from the Netzah Yehuda Battalion (C) prays among Ultra-Orthodox Jews at the Western Wall in the Old City of Jerusalem, 10 July 2024, during a swearing-in ceremony at the end of their military training, when graduates receive an assault rifle and a Bible (Tanakh). The Netzah Yehuda Battalion is an infantry battalion of the Israel Defense Forces (IDF), created to accommodate ultra-Orthodox Jews fighters. Israeli Defense Minister Yoav Galant announced on 09 July, that the IDF will begin the process of drafting ultra-Orthodox men in August 2024. The move comes after Israel's Supreme Court ruled that ultra-Orthodox Jewish men must be drafted into military service, a decision that endangers the stability of Netanyahu's coalition government. ANSA/EPA/ABIR SULTAN

Time: 3 mins read

L’Iran sembra aver accettato l’appello delle grandi e medie potenze a rispondere alla provocazione israeliana (l’uccisione a Teheran del leader di Hamas) con un gesto simbolico. Stati Uniti, Egitto e Qatar affermano che l’accordo quadro di Gaza per il rilascio degli ostaggi è stato finalizzato. Israele ha accettato di riprendere i negoziati la prossima settimana, il 15 agosto. E il popolo palestinese si chiede se e quando finirà, o quanto meno ci sarà una pausa, nel massacro di donne, bambini e uomini cominciato ormai da dieci mesi.

Non c’è bisogno di sottolineare la totale sproporzione tra gli orrori compiuti dagli uomini di Hamas e altri militanti palestinesi il 7 ottobre nelle comunità israeliane lungo il confine con Gaza e quello che Israele ha fatto nella Striscia da allora. Si parla quasi ogni giorno dei quasi 40 mila morti (ignorando i loro nomi e cognomi), ma non abbastanza delle vittime ancora sotto le macerie di villaggi, città e campi profughi; dei ragazzi e bambini che hanno di fronte una vita senza gambe o braccia o genitori; delle famiglie distrutte.

L’altro giorno ho parlato con amici ebrei laici a Gerusalemme: gente che ha dedicato molto della propria vita all’idea della convivenza tra ebrei israeliani e palestinesi e che oggi attribuisce la colpa di tutto quello che sta accadendo a Netanyahu e ai fanatici messianici del suo governo. C’è una parte ebraica di Israele, dicono, che lotta contro “Bibi” e il suo seguito. Evidentemente non basta. E gli ebrei di Israele, oggi, hanno bisogno dell’aiuto anche degli ebrei della diaspora per cercare di uscire dalla situazione in cui si trovano.

Per difendere Israele ci sono le bombe made in USA, ma per difendere l’idea di uno stato laico e democratico ci vuole molto di più. Sono molti, ma non abbastanza, i lettori del quotidiano più laico e democratico di Israele – Haaretz – e la maggioranza degli ebrei israeliani (e della diaspora) non hanno letto l’ultimo rapporto sugli abusi commessi nei confronti dei prigionieri palestinesi pubblicato da B’Tselem, organizzazione israeliana che si occupa da anni dei diritti civili. Lo racconta il giornalista Gideon Levy:

People gather around a truck carrying the coffins of Hamas late political leader Ismail Haniyeh and his bodyguard, during a funeral procession in Tehran, Iran, 01 August 2024 ANSA/EPA/ABEDIN TAHERKENAREH

“Welcome to Hell”, non è solo un rapporto su ciò che sta accadendo nelle strutture carcerarie di Israele; è un rapporto su Israele. Chiunque voglia sapere cos’è Israele dovrebbe leggere questo rapporto prima di qualsiasi altro documento sulla democrazia israeliana. Chiunque voglia capire lo spirito dei tempi in Israele dovrebbe notare come la maggior parte dei media abbia ignorato il rapporto, che avrebbe dovuto causare indignazione e shock in Israele. Anche la documentazione dello stupro di gruppo riportata questa settimana da Guy Peleg su Channel 12 News non ha mostrato solo la struttura di detenzione di Sde Teiman. Ha mostrato il volto del paese: corrotte dal desiderio di vendetta, le prigioni israeliane sono diventate centri di abuso…”.

“Se un rapporto come quello di B’Tselem – denuncia Levy – è stato quasi totalmente ignorato, nel programma mattutino di Channel 12 c’è stata una discussione su chi è a favore dello stupro e chi è contrario”. La vittima di stupro – con un bastone di legno – non era un terrorista, ma un agente nell’unità antidroga a Jabalya. E ancora: “Sdei Teiman – uno dei campi allestiti nel deserto per i prigionieri palestinesi – definisce anche Israele. Israele è Sdei Teiman, Sdei Teiman è Israele.”

“Quando leggi le 94 pagine del rapporto B’Tselem, che ti fanno perdere il sonno, capisci che non è stato un incidente eccezionale, è la routine della tortura, che è diventata una politica. Al contrario della tortura dello Shin Bet, che presumibilmente aveva uno scopo orientato alla sicurezza – estrarre informazioni – qui è solo per soddisfare gli impulsi sadici più oscuri e malati… Ci sono anche dozzine di altri soldati che hanno visto e sono rimasti in silenzio. A quanto pare hanno anche partecipato a orge simili, sulla base delle dozzine di testimonianze citate nel rapporto B’Tselem.”

Levy conclude: “L’indifferenza a tutte queste cose definisce Israele. La legittimazione pubblica definisce Israele. Nel campo di detenzione di Guantanamo Bay che è stato aperto dagli Stati Uniti dopo gli attacchi dell’11 settembre, nove prigionieri sono stati uccisi in 20 anni; qui ci sono 60 detenuti uccisi in 10 mesi.”

Non è chiaro se l’Israele di oggi avrà la forza di bloccare chi sta distruggendo ogni possibilità di creare un futuro di convivenza tra ebrei e arabi (dei territori occupati o distrutti), ma una parte di Israele va avanti tranquillamente nel suo piano di bloccare l’eventuale creazione di uno stato palestinese accanto a Israele. Ieri il Ministero dell’Edilizia ha pubblicato una nuova gara d’appalto per la costruzione di 110 unità abitative in Cisgiordania. A febbraio, sono state annunciate offerte per 520 unità in nove diversi insediamenti nel territorio che va da Gerusalemme al fiume Giordano. Peace Now, altra organizzazione israeliana che lotta per una soluzione pacifica del conflitto, spiega che: “Questa nuova gara si aggiunge alla costruzione che il governo israeliano ha portato avanti in tutta la Cisgiordania dall’inizio dell’anno… Invece di concentrarsi su aree come il nord o il sud (di Israele) che hanno bisogno di sviluppo e investimenti, il governo israeliano sceglie di promuovere unità abitative in territori occupati che non gli appartengono.”

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Eric Salerno

Eric Salerno

Giornalista ed esperto di questioni africane e mediorientali, è stato corrispondente de 'Il Messaggero' da Gerusalemme per quasi trent'anni.

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