Si conclude con un impegno e una promessa – entrambi rivolti all’Ucraina – la tre-giorni di vertice NATO a Washington.
L’impegno è quello di far arrivare a Kyiv ancora più soldi e armi, rispettivamente con 40 miliardi di euro entro il prossimo anno e la consegna dei primi caccia F-16. La promessa riguarda invece la “irreversibilità” del processo di adesione del Paese est-europeo all’Alleanza Atlantica, seppur solo a conflitto concluso.
Tra le principali novità emerse dalla tre giorni di incontri capitolina spicca anzitutto l’annuncio delle prime consegne di jet F-16 statunitensi da parte di Danimarca e Paesi Bassi. Dopo il via libera politico dell’anno scorso, il primo lotto di velivoli made in USA aiuterà Kyiv nella sua battaglia per la superiorità aerea contro i caccia russi. Non si preannuncia un’impresa semplice: in un’intervista rilasciata all’AFP a maggio, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky aveva stimato di aver bisogno di 130 F-16 per competere ad armi pari con Mosca. Le forniture promesse dall’Occidente finora sono sotto il centinaio.
Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha accolto i 31 leader dell’alleanza con un messaggio chiaro: bisogna aumentare il ritmo della produzione militare per far fronte ai ritmi forsennati dell’economia di guerra russa, capace di reggere secondo gli esperti almeno per i prossimi 4 anni. “Possiamo e difenderemo ogni centimetro del territorio NATO, e lo faremo insieme”, ha dichiarato il leader dem, che oltre agli F-16, ha annunciato nuovi sistemi di difesa aerea per l’Ucraina e il posizionamento periodico di missili a lungo raggio sul suolo tedesco.
La dichiarazione congiunta dei leader NATO ha sancito un impegno di 40 miliardi di euro in aiuti militari all’Ucraina entro i prossimi dodici mesi. Il pacchetto di aiuti comprende, oltre ai caccia F-16, un aumento delle difese aeree e una maggiore integrazione militare, volta a costruire una forza capace di contrastare le forze d’invasione russe oggi e di dissuaderle in futuro.
Una parte significativa dei fondi sarà destinata all’acquisto di armamenti e mezzi necessari per potenziare le capacità difensive dell’Ucraina. Un’altra porzione degli aiuti consisterà invece nel trasferimento gratuito di armamenti e attrezzature militari dalle scorte dei Paesi NATO. I fondi saranno utilizzati anche per coprire i costi di manutenzione e logistica degli equipaggiamenti militari forniti, in modo che le forze ucraine possano difendersi (e contrattaccare) senza soluzioni di continuità.
Una componente cruciale del pacchetto riguarda poi l’addestramento continuo dei soldati ucraini, con programmi specifici volti a migliorare le loro competenze belliche e a garantire l’uso efficace dei nuovi sistemi d’arma occidentali. L’Alleanza Atlantica si assumerà l’intero costo delle spese operative relative alla fornitura di supporto militare, comprese le missioni di consulenza e supporto tecnico sul campo.
Parte dei 40 miliardi sarà destinata a migliorare le infrastrutture difensive ucraine, migliorandone la capacità di resistere a eventuali attacchi futuri. I Paesi alleati contribuiranno infine a fondi fiduciari NATO destinati a una pluralità di progetti tecnici per rafforzare la nazione aggredita.
Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, ospite d’onore al vertice sul Potomac, si è detto grato per l’invio degli F-16, definendoli un passo verso una “pace giusta e duratura” oltreché una dimostrazione che il “terrorismo di Stato russo” sia destinato a fallire. A Washington il leader ucraino ha anche tenuto il suo primo incontro con il nuovo premier britannico Keir Starmer, che ha ribadito il fermo sostegno del nuovo esecutivo laburista al Paese aggredito.

Se è chiaro però cosa il tipo di aiuti che verranno forniti a Kyiv, rimane incerto come verranno ripartire le relative spese interne. Il segretario generale uscente, Jens Stoltenberg, ha ipotizzato una proporzionalità legata al PIL di ciascun Paese. Contrari alcuni Stati, tra cui l’Italia, che hanno espresso riserve sull’aumento dei propri contributi all’Alleanza (la premier Giorgia Meloni si è impegnata a raggiungere il 2% del PIL in difesa ma con i “tempi e metodi” decisi da Roma). Alla fine si è perciò optato per un compromesso che fa riferimento al PIL senza però imporre obblighi rigidi, delegando la questione agli sherpa diplomatici.
Capitolo adesione dell’Ucraina alla NATO: l’Alleanza ha ribadito che il percorso dell’Ucraina verso l’integrazione euro-atlantica è “irreversibile”. Tuttavia, l’ammissione formale richiederà ancora il soddisfacimento di tutte le condizioni necessarie, e soprattutto che si concluda la guerra per evitare che l’Alleanza si impelaghi in un conflitto diretto con la Russia.
La dichiarazione dei trentadue ha infine preso di mira la Cina, bollata per la prima volta come un “alleato decisivo” dello sforzo bellico di Mosca. La NATO ha espresso preoccupazione per il supporto industriale di Pechino attraverso la forniture di strumenti a doppio uso civile-militare, invitando il Dragone a interrompere ogni forma di aiuto materiale e politico al Cremlino.
“Rimaniamo aperti a un impegno costruttivo con la Cina, anche per costruire una trasparenza reciproca con l’obiettivo di salvaguardare gli interessi di sicurezza dell’Alleanza”, si legge nel comunicato.
Non si è fatta attendere la replica piccata di Pechino, che ha definito la posizione della NATO “irragionevole” e volta ad “infangare l’immagine della Cina”. “Enfatizzare la responsabilità della Cina sulla questione ucraina è irragionevole e ha motivazioni sinistre”, ha dichiarato il portavoce del ministro degli Esteri cinese, Lin Jian, durante il briefing di giovedì. “Esortiamo la NATO a smettere di interferire nella politica interna cinese e di infangare l’immagine della Cina e a non creare caos nell’Asia-Pacifico dopo aver creato disordini in Europa”, le sue parole.
Attualmente le truppe di Pechino sono coinvolte in esercitazioni militari congiunte con la Bielorussia – principale alleato europeo della Russia di Putin – vicino al confine con la Polonia, che è membro della NATO. Lin ha precisato che le esercitazioni fanno parte di una “normale prassi militare” e che “non sono dirette a nessun Paese in particolare”.