Come da pronostico, è stata l’Ucraina a dominare il vertice NATO di Washington che commemora i 75 anni dell’Alleanza. Un paradosso, dato che Kyiv non fa ancora parte della coalizione militare occidentale – anche se vorrebbe. E il nodo principale riguarda appunto le tempistiche dell’adesione, un tema su cui i trentadue alleati (comprese le neo-arrivate Finlandia e Svezia) sono nettamente divisi.
Non è questione di se, ma di quando. Il segretario generale uscente dell’Alleanza, Jens Stoltenberg – che a ottobre lascerà il timone all’olandese Mark Rutte – ha dichiarato a chiare lettere che è “inevitabile” che l’Ucraina entri a far parte dell’alleanza. Ma non prima che si concluda la guerra contro Mosca. Indugio che ricalca le posizioni di Stati Uniti e Germania, come confermato alla stampa dal presidente francese Emmanuel Macron. La contrarietà di Washington e Berlino deriva anzitutto dai rischi di escalation incontrollata: un’adesione prematura dell’Ucraina alla NATO obbligherebbe gli alleati a intervenire contro la Russia, con conseguenze potenzialmente catastrofiche per l’ordine internazionale.
A caldeggiare un possibile ingresso ucraino fu in tempi non sospetti, ossia nel 2008, la stessa NATO. In seguito all’invasione russa del 24 febbraio 2022, tuttavia, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha chiesto un’accelerazione dell’iter, sperando che l’adesione – oltre a sancire l’appartenenza culturale di Kyiv al blocco occidentale – funga da polizza assicurativa contro ulteriori aggressioni russe.
Alcuni Paesi membri hanno espresso scetticismo sulla creazione di percorsi privilegiati per Kyiv, temendo di creare un precedente pericoloso. Il gruppo di intransigenti chiede perciò a Kyiv di “mettersi in fila” e conformarsi ai rigorosi standard dell’Alleanza, attuando una serie di riforme incisive, specialmente contro la corruzione. A onor di protocollo, ci sarebbe poi da considerare la regola (non scritta) che preclude nei fatti l’adesione alla NATO a un Paese con dispute territoriali aperte – una clausola ufficiosa che Mosca potrebbe sfruttare a proprio vantaggio per sospendere a tempo indeterminato la candidatura del Paese aggredito, come già sperimentato in Donbass e in Ossezia del Sud.
Dal canto suo il Cremlino ha ribadito che l’ingresso dell’Ucraina nell’Alleanza Atlantica costituirebbe una minaccia diretta alla propria sicurezza nazionale, poiché avvicinerebbe ulteriormente le truppe occidentali ai suoi confini.
Malgrado il summit di Washington non partorirà più di un generico impegno ad integrare Kyiv nel blocco occidentale, la NATO ha già messo in atto una serie di misure per sostenere lo sforzo difensivo. Dal luglio 2023, un gruppo di contatto guidato dagli Stati Uniti sta coordinando le singole iniziative nazionali per fornire armi e addestramento alle truppe di Kyiv. A Washington si discute inoltre sulla creazione di un fondo da 100 miliardi di dollari per sostenere l’Ucraina nell’arco dei prossimi cinque anni.
Nella bozza di dichiarazione congiunta dovrebbe inoltre comparire l’ennesimo avviso rivolto alla Cina, che “deve interrompere qualsiasi forma di sostegno politico e materiale” al Cremlino – con il Dragone stesso definito “un pericolo per l’Europa e la sicurezza”.
Finora gli Stati Uniti hanno stanziato singolarmente circa 50,4 miliardi di euro in aiuti militari. Altri Paesi europei – tra cui Danimarca, Germania, Paesi Bassi, Polonia e Regno Unito – hanno contribuito complessivamente con 32 miliardi di euro. A Kyiv sono arrivate forniture di armi anticarro, sistemi di difesa missilistica, artiglieria, carri armati e droni, oltre ai missili a lungo raggio forniti da Stati Uniti, Regno Unito e Francia. A partire da quest’estate i cieli ucraini saranno inoltre presidiati anche dai F-16 made in USA (con piloti ucraini), il cui primo lotto è stato già stato trasferito in Ucraina da Danimarca e Paesi Bassi, come dichiarato mercoledì dal segretario di Stato americano Antony Blinken.
Per contrastare “la minaccia più significativa e diretta alla sicurezza degli alleati” – come la NATO ha definito l’aggressione russa – negli scorsi mesi l’Alleanza ha contestualmente incrementato il numero di truppe in stato di massima allerta in Europa da 40.000 a oltre 300.000 e rafforzato le difese ai confini con la Russia con otto gruppi tattici.

Il summit di Washington rappresenta però un banco di prova anche per il padrone di casa, Joe Biden. L’incontro con gli alleati arriva infatti dopo giorni di critiche sulla sua idoneità psicofisica a restare alla Casa Bianca per un altro mandato. Nel discorso di inaugurazione del vertice capitolino, il presidente statunitense ha cercato di veicolare fermezza e leadership, dichiarando che “la NATO non è mai stata così forte”. Ma all’orizzonte del Potomac incombe lo spettro del voto di novembre che potrebbe riportare Donald Trump alla Casa Bianca, vanificando gran parte degli impegni programmatici presi dall’amministrazione democratica.
Non è un segreto che il candidato repubblicano sia contrario alla politica di “aiuti a pioggia” all’Ucraina. In passato, il magnate newyorkese ha persino messo in discussione l’opportunità di difendere gli alleati atlantici di Washington che spendono troppo poco in difesa, non rispettando il parametro-guida del 2% del PIL. E una possibile avvisaglia del futuro arriva dal “piano di pace” concepito da alcuni consulenti dell’ex presidente, che condizionerebbe ulteriori aiuti militari a Kyiv al raggiungimento di una tregua con Mosca (lo staff di Trump nega che si tratti di una politica ufficiale).
Intervenendo martedì davanti alla platea – filo-repubblicana – del Ronald Reagan Institute di Washington Zelensky ha sottolineato la necessità che il 78enne repubblicano chiarisca la sua posizione sull’Ucraina e l’importanza delle elezioni presidenziali del 4 novembre.
“Tutti aspettano novembre. Gli americani aspettano novembre, in Europa, in Medio Oriente, nel Pacifico, tutto il mondo guarda a novembre e, a dire il vero, anche Putin aspetta novembre”, ha detto Zelensky. Secondo cui però “il momento di prendere decisioni forti è adesso” – e nello specifico poter utilizzare armi occidentali per colpire obiettivi militari all’interno del territorio russo (e non solo nelle zone al confine di Charkiv).
“Biden e Trump sono molto diversi. Ma sono entrambi favorevoli alla democrazia. Ed è per questo che credo che Putin li odierà entrambi”, ha chiosato Zelensky nel suo tentativo di fare breccia nell’elettorato MAGA. Una scelta dettata dalla realpolitik: ci sono pochi dubbi sul fatto che il candidato preferito da Kyiv sia l’81enne democratico. Ma secondo gli esperti la guerra potrebbe andare avanti per altri tre, forse quattro anni. E l’Ucraina ha bisogno di aiuti, a prescindere da chi li autorizzi.