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Israele si divide sull’arruolamento dei giovani ultra-ortodossi

Un disegno di legge vuole continuare ad esentarli. Ma l'esercito ha bisogno di forze fresche

Eric SalernobyEric Salerno

Orthodox Jews pray as they read from the book of Eicha (book of Lamentations) to mark Tisha B'av, at the Yeshiva in The Western Wall in Jerusalem, Israel, 06 August 2022 ANSA/EPA/ABIR SULTAN

Time: 3 mins read

Anni fa, Itzhak Rabin, nel suo discorso inaugurale da premier alla Knesset (il parlamento israeliano) mise in guardia dalle crescenti spinte interne per convincere tutti gli ebrei del mondo a immigrare in Israele. L’aliya, ossia il “ritorno” alla “terra promessa” era stato un elemento fondamentale per la nascita di Israele ma pochi anni prima di essere assassinato da un giovane ebreo fanatico religioso – l’ex generale diventato premier sosteneva che bisognava frenare quella spinta. Se tutti gli ebrei del mondo fossero in Israele, disse, basterebbe una bomba nucleare per eliminare il popolo ebraico. Per ora Israele è l’unica potenza nucleare della regione e molti ebrei, sia cittadini d’Israele che nella diaspora, si chiedono cosa sarà della loro terra quando non si sparerà più in Israele, nei territori occupati della Palestina, nella striscia devastata di Gaza.

Più o meno negli stessi anni in cui Rabin ammoniva il suo popolo, un giornalista ebreo americano direttore di una rivista che si pubblicava a Tel Aviv fece un brutto pronostico e lanciò una proposta. Quando ci sarà la pace tra israeliani e palestinesi, scrisse durante la prima Intifada, scoppierà la guerra civile in Israele: laici contro religiosi. Per evitarla, forse anche per favorire una soluzione del conflitto israelo-arabo, scrisse, si dovrebbe fondare a Gerusalemme uno stato per tutti i religiosi: musulmani impegnati, ebrei ortodossi, cristiani fondamentalisti; e nel resto di Israele-Palestina, con capitale Tel Aviv, uno stato moderno per i laici. Molti risero; altri giudicarono come prematura la proposta. Oggi, ai margini della guerra di Gaza, sta aumentando pericolosamente la tensione proprio tra i due importanti componenti della società ebraica israeliana, e tra Israele e una parte della diaspora ebraica.

In questi giorni il governo dovrebbe di discutere, e possibilmente approvare, un disegno di legge controverso che continuerebbe a esentare gli studenti di yeshiva (scuole religiose) ultra-ortodossi dall’essere arruolati nell’esercito. E’ da sempre che i giovani haredi non vanno sotto le armi ma la situazione nel paese è cambiata. I leader religiosi sono sempre riusciti a bloccare ogni tentativo di reclutare i loro figli che frequentavano le scuole con la scusa-giustificazione che dovevano approfondire la loro conoscenza e interpretazione delle sacra scritture. Le forze armate sono essenziali per la difesa di Israele ma se negli ultimi anni nuovi sistemi di guerra, nuove armi hanno permesso ai governi di perpetuare le esenzioni per i religiosi, la guerra di Gaza e il rischio di un allargamento del conflitto alla frontiera settentrionale richiedono di rivedere le leggi e introdurre forze nuove. “Se cambia le legge, se ci chiedete di fare i soldati, lasceremo Israele e torneremo nella diaspora”, hanno minacciato i rabbini ultra-ortodossi ma mentre in passato la loro posizione poteva portare a una crisi di governo, oggi, la realtà è molto più complessa.

L’esercito ha bisogno di almeno settemila uomini oltre a quelli schierati sui vari fronti e si parla di migliaia di soldati da combattimento aggiuntivi. I riservisti che sono stati già richiamati più di una volta negli ultimi mesi, sostengono il grosso dello sforzo bellico e rappresentano il maggior numero di morti e feriti dell’assalto a Gaza. Loro e i loro famigliari, esasperati e stanchi, spingono per la fine del trattamento privilegiato degli ortodossi. Per aumentare le forze dell’esercito regolare molti nuovi combattenti dovranno essere prelevati dai 66.000 studenti di yeshiva attualmente esentati e che studiano per lo più a spese dello stato.

Nei giorni scorsi Netanyahu, sempre ambiguo, ha cercato di prevenire una grave crisi politica che circonda un disegno di legge che esenterebbe gli studenti di yeshiva ultra-ortodossi dall’arruolarsi. Il premier vorrebbe aumentare l’età di esenzione per gli ultra-Ortodossi a 35 anni per consentirli di restare a lungo nelle scuole rabbiniche. “Netanyahu – scrive il quotidiano Haaretz –  dipende dai partiti ultra-ortodossi proprio come dipende dai partiti di estrema destra. Ed esattamente come è terrorizzato di discutere del futuro di Gaza – in quanto potrebbe portare alla caduta del suo governo – è anche riluttante a danneggiare lo status speciale che gli ultra-ortodossi hanno praticamente organizzato per se stessi” con il consenso, va detto, di tutti i governi – di sinistra come di destra – nella breve storia di Israele.

Gli effetti dello scontro in atto tra laici e religiosi ha un peso notevole tra gli ebrei americani. Secondo alcuni sondaggi fatti negli Stati Uniti, non soltanto Netanyahu ma anche molti politici israeliani delle diverse fazioni stanno perdendo credibilità e consensi tra gli ebrei della diaspora. “La sopravvivenza di Israele dipende dalla forza delle sue forze armate, ed è ora chiaro a tutti tranne che ai fanatici dei coloni e agli draft-dodgers di Haredi – scrive sempre Haaretz – che Israele non può sostenersi quando così tanti dei suoi giovani si rifiutano di combattere. E’ chiaro che in assenza di un esercito popolare, costruito su una bozza equa, efficiente e inclusiva, Israele e il progetto sionista sono condannati al fallimento e al collasso. Gli ebrei americani, se prendono Israele minimamente sul serio, devono gettarsi nel dibattito pubblico ed esercitare qualsiasi influenza possano”.

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Eric Salerno

Eric Salerno

Giornalista ed esperto di questioni africane e mediorientali, è stato corrispondente de 'Il Messaggero' da Gerusalemme per quasi trent'anni.

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