Dolore, rabbia, candele, e tanta polizia. Icasticamente potrebbero essere riassunti così i funerali di Aleksej Navalny, l’oppositore russo morto (secondo il Cremlino) o ucciso (secondo i suoi seguaci) all’età di 47 anni in una colonia penale artica lo scorso 16 febbraio.
Le esequie del più celebre dissidente russo si sono svolte venerdì mattina a Maryino, periferia sud-est di Mosca, nella Chiesa ortodossa dell’Icona della Madre di Dio. Ironia della sorte, si tratta della stessa chiesa che poco tempo fa aveva raccolto donazioni per finanziare l’esercito russo e quella guerra in Ucraina che il defunto avversava fortemente dal carcere.
La massiccia presenza di agenti in divisa e in borghese, che per l’occasione hanno predisposto barriere e metal detectors, non hanno minimamente scoraggiato l’afflusso di migliaia di persone da tutto il Paese. C’erano gli ambasciatori di Francia e Germania e alcuni funzionari dell’ambasciata USA; c’erano i due candidati pacifisti esclusi dalle elezioni presidenziali Boris Nadezhdin ed Ekaterina Duntsova; c’era l’ex sindaco di Ekaterinburg Evgenij Roizman; c’erano gli attivisti Julia Galjamina, Nikolai Ljaskin.
Ma soprattutto c’erano Anatoly e Ljudmila Navalny, seduti uno accanto all’altro in chiesa, entrambi con una candela in mano – prima di assistere all’atto finale della sepoltura nel vicino cimitero di Borisovo. Assenti invece la moglie Yulia e i due bambini, costretti all’esilio. La consorte ha comunqu voluto tributare un commovente messaggio di addio al suo ‘Lyosha’: “Non so come vivere senza di te, ma cercherò di renderti felice per me e orgoglioso di me. Non so se ci riuscirò, ma ci proverò”, ha scritto su Telegram.
Se dentro a dominare erano tristezza e commozione, fuori era la rabbia a farla da padrona. “Navalny! Navalny”, “Putin è un assassino”, “La Russia sarà libera”, “No alla guerra”, “Russia senza Putin” e “Non dimenticheremo” sono stati solo alcuni degli slogan gridati mentre la bara veniva portata fuori.
In tempi diversi sarebbero fioccati gli arresti per disturbo della quiete pubblica. Non oggi, almeno secondo quanto rileva l’agenzia di stampa investigativa Vyorstka, che citando fonti anonime interne alla polizia sostiene che l’imperativo è quello di non effettuare fermi “a meno che non sia assolutamente necessario”.
Una strategia per non riscaldare gli animi più di quanto già lo siano, anche se fonti indipendenti riportano almeno 400 fermi tra Mosca, San Pietroburgo e una trentina di città del Paese eurasiatico dove ci sono stati sit-in improvvisati di commemorazione.
Per l’occasione, il Cremlino ha dichiarato che le forze dell’ordine non tollereranno manifestazioni a sostegno di Navalny. “Qualsiasi raduno non autorizzato violerà la legge e coloro che vi parteciperanno saranno ritenuti responsabili, sempre in linea con la legge vigente”, ha dichiarato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov – unico commento ufficiale sulle esequie del dissidente.
Al momento della morte, Navalny stava scontando una condanna a più di 30 anni di carcere per una serie di reati legati alla frode e all’estremismo – che egli e gran parte dei governi occidentali ritengono di matrice politica. Dopo essersi fatto curare in Germania nel 2021 per presunto avvelenamento da agente nervino novichok, Navalny ha clamorosamente deciso di tornare in Russia, dove è stato subito arrestato e quindi trasferito nel carcere siberiano dove avrebbe incontrato la morte lo scorso mese. Morte che peraltro, sospettano in molti, potrebbe in realtà essere stata un vero e proprio assassinio in vecchio stile KGB.