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Il flop della diplomazia: nulla di fatto su Gaza

Nessuna dichiarazione congiunta. Rimane lo spettro di un'invasione di terra israeliana

Eric SalernobyEric Salerno

Smoke rises after Israeli airstrikes on Gaza City, 22 October 2023 ANSA/EPA/MOHAMMED SABER

Time: 3 mins read

Una triste, scontata, sceneggiata. Il vertice straordinario del Cairo, dopo poche ore di discorsi di circostanza, si è concluso senza che leader e ministri degli esteri abbiano concordato una dichiarazione congiunta.

Bastava ascoltare le parole del presidente egiziano al Sissi, per comprendere gli obiettivi relativamente ridotti della riunione. Giravano intorno al concetto “umanitari”:  Ossia come consentire l’ingresso alla striscia di Gaza di acqua, medicinali, aiuti ai malati, e migliaia di feriti e malati mentre Israele vuole continuare la sua guerra-vendetta che formalmente punta alla distruzione del movimento islamico Hamas.

Sono state necessarie appena poche ore per capire che si trattava di un esercizio ridicolo da parte della diplomazia mondiale di fronte a un’azione militare che rischia, non solo di eliminare una fetta grande del popolo palestinese reo, in parte, di aver creduto negli integralisti di Hamas, ma anche di far scoppiare una guerra molto più vasta e cruenta.

Per Israele, però,  non esiste un problema umanitario. Le parole che arrivano da Tel Aviv e Gerusalemme vogliono essere tranquillizzanti. I camion che dall’Egitto entrano nella parte meridionale di Gaza sono sufficienti, dicevano ieri i militari israeliani. L’altro giorno il ministro della difesa aveva spiegato la sua agenda operativa. Tre passaggi violenti per distruggere Hamas, la sua leadership e struttura compresi i cunicoli, tanti e complessi, attraverso i quali sono passati i militanti penetrati in Israele. E poi isolare Gaza da Israele. Come? Non ha nemmeno provato a spiegare ciò che appare impossibile.

Era sufficiente questa mattina leggere l’elenco dei presenti e degli assenti al Cairo – tra questi ultimi gli Stati Uniti – per capire che dal vertice convocato d’urgenza dal leader egiziano non sarebbe uscito molto. Sicuramente non una idea praticabile per mettere fine per sempre al conflitto tra Israele e la Palestina. Tra israeliani e palestinesi. Il conflitto, come sappiamo, dura da quasi cento anni, tra tanti vertici e risoluzioni delle Nazioni Uniti mai rispettate da Israele.

Israeli Prime Minister Benjamin Netanyahu attends a joint press conference with German Chancellor Olaf Scholz in Tel Aviv, Israel, 17 October 2023 ANSA/EPA/Maya Alleruzzo / POOL

Visto da fuori, forse l’unico risultato positivo del vertice di ieri nella capitale egiziana, è stato proprio la mancanza di un comunicato congiunto. Sul fatto che Hamas non rappresenti tutti i palestinesi, sembrano tutti concordare, pur con accenti diversi. Quasi tutti i leader o politici europei erano d’accordo sul fatto che il popolo palestinese deve avere uno stato. Dietro le quinte, concordavano anche che la leadership dell’Autorità nazionale palestinese guidata da Abu Mazen è corrotta, a dir poco stanca, e chiaramente incapace di tradurre il sogno rappresentato dalla storica firma tra Arafat, Rabin e il presidente americano Clinton, sul prato della Casa bianca.

Anche una parte di Israele aveva creduto a quella firma ma oggi, di fronte alla violenza dell’azione di Hamas, ai missili che continuano a piombare sulle città israeliane, alle voci che minacciano un allargamento distruttivo del conflitto che arrivano da hezbollah in Libano, dall’Iran degli ayatollah, la maggioranza degli israeliani chiede vendetta. E domani? Comincia ad emergersi una spaccatura all’interno della popolazione israeliana. Laici contro religiosi, o meglio contro gli estremisti religiosi che sono il cuore del movimento dei coloni. Forse, sostiene qualcuno, finita la “ritorsione” contro Hamas saranno vincenti gli israeliani che per mesi hanno manifestato contro Netanyahu e contro i rappresentanti dei coloni, estremisti che fanno parte della coalizione di governo.

Anni fa non pochi israeliani sostenevano che una volta risolta la “questione palestinese” nel Paese sarebbe scoppiata la guerra civile. Da una parte religiosi e coloni. Dall’altra i laici.

Italian Prime Minister Giorgia Meloni attending the International Peace Summit hosted by the Egyptian president in Cairo on October 21, 2023, amid the ongoing battles between Israel and the Palestinian group Hamas.
ANSA/ CHIGI PALACE PRESS OFFICE/ FILIPO ATTILI +++

Intanto oggi una parte crescente degli alleati di Israele, pensa che sia il momento di mettere ordine nella regione mediorientale. Non sappiamo cosa Giorgia Meloni abbia detto a Netanyahu ieri sera durante una visita a sorpresa della Presidente del consiglio italiano a Gerusalemme ma hanno sorpreso le parole pronunciate prima di lasciare Il Cairo.

“Il terribile attacco di Hamas si è abbattuto contro civili inermi con una efferatezza senza precedenti che lascia allibiti e che dal nostro punto di vista è giusto condannare senza ambiguità. Nessuna causa giustifica il terrorismo e neonati massacrati.

“Ma, ha proseguito, sarebbe stupido cadere nella trappola di Hamas. Il popolo palestinese ha il diritto di avere un suo Stato e una sua autodeterminazione. È interesse di tutti evitare uno scontro di civiltà”. A  Gerusalemme, di meno. “Primo Ministro, sono felice di essere qui. Ho sentito che era molto importante venire personalmente per portare la solidarietà del governo italiano e del popolo italiano e per dirvi che abbiamo visto immagini incredibili di quello che è successo due settimane fa. Ciò dimostrava qualcosa di più di una semplice guerra. Hanno mostrato qualcuno che vuole cancellare gli ebrei da questa regione. E antisemitismo. Questo è qualcosa che dobbiamo combattere ieri e oggi”.

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Eric Salerno

Eric Salerno

Giornalista ed esperto di questioni africane e mediorientali, è stato corrispondente de 'Il Messaggero' da Gerusalemme per quasi trent'anni.

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