A che età sarebbe opportuno ritirarsi dalla vita pubblica? Anzi: c’è un’età? In Italia da tempo ci si lamenta della gerontocrazia – cioè del fatto che i posti di potere politico o finanziario siano occupati per lo più da persone di età avanzata (e spesso di sesso maschile) che non hanno nessuna intenzione di lasciare il passo alle generazioni successive. Un cinquantenne capitano d’industria o ministro in Italia è giovane, un quarantenne è considerato un ragazzo. Si guarda con invidia a paesi guidati da persone con meno anni – il presidente francese Emmanuel Macron non aveva quarant’anni quando arrivò al potere, la Finlandia ha avuto al governo Sanna Marin poco più che trentenne.
Il problema si pone prepotentemente anche negli Stati Uniti. Evidenti problemi di lucidità sono quelli del leader della minoranza repubblicana in Senato, Mitch McConnell, 81 anni, che il 30 agosto per la seconda volta in un mese ha smesso di parlare nel bel mezzo di un evento stampa ed è rimasto in silenzio per trenta lunghissimi secondi; qualche mese fa aveva avuto una commozione cerebrale dopo una caduta e benché i suoi cerchino di minimizzare, tutti si chiedono se sia in grado di adempiere al suo compito. Sempre il 30 agosto, è apparsa in tribunale la senatrice democratica della California Diane Feinstein, 90 anni, coinvolta dai figli di primo letto del marito in una diatriba sull’eredità. Feinstein – quaranta anni fa prima sindaca di San Francisco – è apparsa in stato confusionale; è in sedia a rotelle, ha subito vari ricoveri in ospedale.
La corsa alla Casa Bianca vede in pole position – per ora – Donald Trump a 77 anni e Joe Biden che ne ha 80; e se il primo potrebbe essere detronizzato da un rivale, nessuno osa sfidare il presidente in carica che si ricandida. Ogni fremito, ogni passo falso, ogni gaffe di Biden vengono messe sotto il microscopio e osservate con seria preoccupazione dal campo democratico – per l’impatto che possono avere in termini di voti ma anche con la domanda inespressa, sarà in grado?

Si può dire naturalmente che il problema non è l’età, ma la lucidità mentale. Che non mancava certo al presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano nel 2013 quando acconsentì, molto controvoglia, a un secondo mandato di fronte all’incapacità dei partiti di trovare un accordo su un altro nome (il Presidente in Italia è eletto in parlamento). Napolitano aveva allora 88 anni, si dimise un anno e mezzo più tardi; è tuttora vivo, a 98 anni, ma lontano dai riflettori. Il precedente della rielezione di Napolitano ha spinto i partiti italiani a fare pressione sul suo successore Sergio Mattarella perché facesse lo stesso – per la solita difficoltà a mettersi d’accordo. Se giungerà in fondo al secondo settennato, Mattarella avrà 86 anni quando lascerà il Quirinale.
L’Italia però ha conosciuto in tempi recenti due premier relativamente giovani: Matteo Renzi (allora Partito Democratico) andò a Palazzo Chigi a 39 anni; l’attuale presidente del Consiglio Giorgia Meloni (prima donna) ne aveva 45 lo scorso autunno quando ha vinto le elezioni.
La saggezza a volte suggerisce quando fermarsi. Liliana Segre, una delle ultime superstiti italiane dell’Olocausto, scelta proprio da Mattarella come senatrice a vita, in ottobre compirà 93 anni e nonostante la sua estrema lucidità, dopo i 90 ha smesso di andare nelle scuole a portare testimonianza. La grandissima pianista argentina Marta Argerich, ora 82 anni, tiene ancora concerti, ma con gli 80 ha annunciato che non avrebbe più suonato in recital da sola. Liliana Cavani per contro è appena tornata al cinema dopo molti anni di silenzio, presentando al festival di Venezia L’ordine del tempo; la grande regista, 90 anni, ha anche ricevuto un Leone d’Oro alla carriera e non ha mancato di sottolineare in un lucidissimo discorso che ”sono la prima donna a ricevere questo premio, non mi sembra del tutto giusto”.

Sapere quando andarsene, nonostante l’ansia di restare in sella, è anche questione di opportunità politica: Ruth Bader- Ginsburg, già giudice della Corte Suprema nominata da Bill Clinton e assurta a status quasi mitologico (con tanto di film hollywoodiano sulla sua vita) decise invece di non dimettersi nel secondo mandato Obama, nonostante sapesse di avere un grave tumore. Nessuno pensava allora che Donald Trump avrebbe davvero battuto Hillary Clinton verso la Casa Bianca, e avrebbe rovesciato gli equilibri della Corte a favore dei conservatori; nella presidenza Trump, Ginsburg resistette poi al suo posto quanto poté – inutilmente.
Eppure, come non capire chi non vuole abbandonare la scena? Ai comuni mortali capita con la pensione: per alcuni è il desiderato riposo, per molti una landa vuota e desolata. Alla soglia dei novant’anni, in tanti rifiutano di abbandonare il volante anche se i riflessi non sono più sufficienti. Bisognerebbe, sì, sapersi fare da parte saggiamente, se dal proprio lavoro dipendono vita e benessere di migliaia o milioni di persone; accettare la propria finitezza; che è anche la cosa più difficile da accettare per l’essere umano.
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