“Devastante”, “un disastro insopportabile”. Malgrado Washington e Pechino siano distanti su pressoché ogni singola questione di politica internazionale, esse concordano quantomeno su un punto: la descrizione degli effetti quasi-apocalittici di una potenziale guerra tra le due principali superpotenze globali.
I virgolettati appartengono infatti ai due discorsi tenuti a breve distanza temporale dai rispettivi ministri della Difesa – Lloyd Austin e Li Shangfu – al Shangri-La Dialogue di Singapore, la prestigiosa tavola rotonda organizzata dall’International Institute for Strategic Studies (IISS) che ogni anno riunisce alcuni dei principali esponenti militari dei Paesi dell’Asia-Pacifico.
A tenere banco quest’anno non solo la guerra in Ucraina, ma anche una sempre più inquietante escalation tra USA e Cina in relazione a Taiwan – quell’isola di Formosa che Pechino sostiene faccia parte del proprio territorio, promettendo di riannetterla (manu militari) in futuro, e che invece gli Stati Uniti hanno promesso di difendere in caso di attacchi esterni.
Le relazioni tra le due superpotenze sono tesissime anche a causa delle rivendicazioni territoriali del Dragone nel Mar Cinese Meridionale e dalle limitazioni imposte dall’amministrazione Biden alle esportazioni di chip di semiconduttori. Che le relazioni tra i due Paesi navighino – letteralmente – in cattive acque lo ha dimostrato l’incidente verificatosi sabato nello Stretto di Taiwan, dove un cacciatorpediniere della Marina USA ha sfiorato la collisione con una nave militare di Pechino.

A poche ore dalla crisi, tuttavia, a Singapore Li ha preferito usare toni concilianti piuttosto che retorica bellica – sostenendo che “il mondo è abbastanza grande” affinché Cina e Stati Uniti possano crescere insieme.
“La Cina e gli Stati Uniti hanno sistemi diversi e sono diversi in molti altri modi”, ha detto Li nel suo primo discorso di livello internazionale da quando è stato nominato ministro della Difesa a marzo. “Tuttavia, questo non dovrebbe impedire alle due parti di cercare un terreno comune e interessi comuni per far crescere i legami bilaterali e approfondire la cooperazione”.
Secondo Li (che ha sfoggiato la divisa dell’Esercito di Liberazione popolare) “è innegabile che un grave conflitto o confronto tra Cina e Stati Uniti sarà un disastro insopportabile per il mondo”.
Parole che riecheggiano quanto detto dal collega Austin sempre nella città-Stato pochi istanti prima. “Un conflitto nello Stretto di Taiwan sarebbe devastante”, ha sostenuto il capo del Pentagono, aggiungendo che una guerra “avrebbe ripercussioni inimmaginabili sull’economia globale”.
“Il conflitto non è né imminente né inevitabile. La deterrenza oggi è forte, ed è nostro compito mantenerla tale”, ha dichiarato Austin, che tuttavia è tornato a criticare la leadership comunista cinese per il “numero allarmante di intercettazioni rischiose di aerei statunitensi e dei nostri alleati” – aggiungendo che Washington rimarrà al fianco dei suoi partners contro “la coercizione e la prepotenza”.
Il segretario alla Difesa USA ha ribadito che Washington è “profondamente impegnata” a mantenere lo status quo a Taiwan, e ha criticato la Cina per essersi rifiutata di partecipare ai negoziati militari, provocando uno stallo.
Li, al contrario, ha lanciato velate frecciate agli Stati Uniti, accusando “alcuni Paesi” di intensificare la corsa agli armamenti e di intromettersi di proposito negli affari interni di altre nazioni, anche attraverso la creazione di di alleanze militari “simili alla NATO” nell’Asia-Pacifico (riferimento al blocco AUKUS, formato da USA, Australia e Regno Unito). “Sta tornando in auge una mentalità da Guerra Fredda, aumentando notevolmente i rischi per la sicurezza”, ha affermato il ministro di Xi, secondo cui invece “il rispetto reciproco dovrebbe prevalere sulla prepotenza e sull’egemonia”.