Ci sarebbero gli Stati Uniti dietro il presunto “attacco terroristico” ucraino di mercoledì per assassinare il presidente russo Vladimir Putin.
A crederlo è lo stesso Cremlino, il cui portavoce Dmitrij Peskov ha definito “assolutamente ridicoli” i tentativi di Kyiv e Washington di disconoscere la paternità dell’attacco avvenuto nella notte tra martedì e mercoledì sopra la residenza del presidente russo.
Peskov si è detto certo – pur senza presentare alcuna prova – che la Casa Bianca sia la mente del raid, e che le forze speciali ucraine abbiano semplicemente attuato i piani predisposti da Washington.
I due velivoli sono stati neutralizzati dalle difese anti-aeree della capitale poco dopo le 2:30 del mattino locali – come testimoniato da un filmato amatoriale (non verificato) apparso su Telegram. Il capo di Stato russo non era tuttavia presente nella struttura al momento del presunto raid ucraino, trovandosi invece nella residenza presidenziale di Novo-Ogaryovo, periferia ovest della capitale.
Footage of an alleged drone attack on the Kremlin in Moscow, #Russia, has emerged. The May 9 podiums are seen outside the building. It would be wise to cancel this event in times of #war. Also this could be a pretext to bomb Kyiv city center in #Ukraine pic.twitter.com/Aj87PFGvuf
— Pierre Crom (@PierreCrom) May 3, 2023
“Il regime di Kiev ha tentato di colpire il Cremlino con due veicoli aerei senza equipaggio”, si legge in un comunicato dell’Amministrazione presidenziale russa, che specifica come l’intervento delle forze di sicurezza avrebbe evitato danni e feriti.
“Riteniamo queste azioni come un atto terroristico pianificato e un attentato alla vita del Presidente“, prosegue la dichiarazione, precisando che le celebrazioni per la parata del Giorno della Vittoria – in programma martedì prossimo nella Piazza Rossa – “continueranno come pianificato”.
La Russia, si chiosa, “si riserva il diritto di rispondere a questo attacco, dove e quando riterrà opportuno“.
La tesi ufficiale del Cremlino è che l’attacco servisse al doppio scopo di uccidere il presidente russo e di stravolgere i piani della maxi-parata moscovita del 9 maggio, data in cui ogni anno si celebra la vittoria sovietica sulla Germania nazista nella Seconda Guerra Mondiale.

La paternità ucraina del raid è stata tuttavia veementemente negata da Kyiv.
“Non attacchiamo Putin o Mosca. Combattiamo sul nostro territorio. Stiamo difendendo i nostri villaggi e le nostre città”, ha dichiarato il presidente Volodymyr Zelensky, che ieri si è recato ad Helsinki per un vertice con i leaders dei Paesi scandinavi. Il suo consigliere Mykhailo Podolyak ha avanzato piuttosto l’ipotesi che si tratti di un’operazione false flag ordita da Mosca “per giustificare attacchi massicci alle città ucraine, alla popolazione civile e alle infrastrutture” nei prossimi giorni.
Rimane peraltro un mistero come i due droni siano riusciti ad eludere i radar russi, arrivando a pochi metri dall’obiettivo. L’intera area della Piazza Rossa e del Cremlino è infatti da anni preclusa al volo di qualsiasi dispositivo non autorizzato. E con un tempismo piuttosto emblematico, qualche giorno fa il sindaco di Mosca Sergej Sobjanin aveva esteso il divieto di droni in tutta la capitale russa (ad eccezione di quelli governativi) in vista della parata del 9 maggio.
Interpellato sull’accaduto dal Washington Post, il Segretario di Stato USA Antony Blinken ieri ha dichiarato di “non poter convalidare in alcun modo” le notizie secondo cui i droni ucraini avrebbero tentato di attaccare la residenza di Putin. “Prenderei tutto ciò che proviene dal Cremlino estremamente con le pinze”, ha dichiarato il capo della diplomazia statunitense, aggiungendo che Washington indagherà autonomamente sull’incidente.

Non è la prima volta dallo scoppio del conflitto che Kyiv viene accusata di compiere raid kamikaze in territorio russo. Lo scorso dicembre, ad esempio, alcuni vecchi droni sovietici TU141 “Strizha” avrebbero attaccato una base aerea a Engels, nella regione sudoccidentale di Saratov. A febbraio, invece, un altro velivolo si era schiantato vicino a Kolomna, a circa 110 km da Mosca.
Nessuno dei suddetti attacchi è stato formalmente rivendicato da Kyiv, che tuttavia ne ha sarcasticamente elogiato gli effetti. L’attentato della scorsa notte al Cremlino, tuttavia, potrebbe rappresentare un netto salto di qualità rispetto al passato. E dimostrare che Kyiv è in grado di portare la guerra anche nel cuore del potere russo.