Da attivista anti-guerra a bombarola filo-ucraina.
A detta delle autorità russe, sarebbe stata questa la metamorfosi di Darija Trepova – la 26enne russa accusata di essere l’esecutrice dell’attentato che domenica pomeriggio ha fatto saltare in aria un caffè di San Pietroburgo, uccidendo il blogger nazionalista Maksim Fomin (alias Vladlen Tatarsky) e ferito altre 30 persone.
A confessarlo in parte è stata la stessa imputata in un breve video comparso in rete nelle scorse ore. Visibilmente scossa – e probabilmente coartata-, la giovane ha ammesso agli inquirenti di aver consegnato la statuetta ‘esplosiva’ a Fomin, aggiungendo però di non essere a conoscenza del contenuto.
Russian Interior Ministry published video of interrogation of Daria Trepova
The circus show from the Russian Interior Ministry continues. Can you imagine an interrogation in Russia after a "terrorist attack" where the main suspect says: "I'll tell you later"? If not, watch this… pic.twitter.com/BKFFMmhFSb
— NEXTA (@nexta_tv) April 3, 2023
Le telecamere di sicurezza mostrano una giovane donna con indosso un cappotto marrone e in mano una scatola di cartone entrare nel Street Food Bar n. 1, un elegante bistrot sul lungofiume pietroburghese, poco prima della deflagrazione.
La polizia è sicura che dentro la scatola ci fosse proprio il busto incriminato. Un regalo decisamente particolare – tant’è che alcuni video mostrano lo stesso Tatarsky ironizzare su quell’inusuale presente, appoggiandolo incautamente su un tavolo vicino. Poco prima di scoprire, a proprie spese, a cosa alludesse il vecchio Laocoonte quando sosteneva di “temere i greci anche quando portano doni”.
Non è peraltro chiaro se Tatarsky fosse l’unico bersaglio dell’attentato. Due, in particolare, gli aspetti da tenere in considerazione: l’evento a cui il blogger stava prendendo parte era un raduno di “patrioti” russi a favore della guerra contro Kyiv – ragione che potrebbe aver spinto i mandanti a non farsi troppi scrupoli morali in caso di altre vittime “accidentali” (che finora non sembrerebbero esserci, nonostante 9 persone ricoverate in condizioni gravi).
Altrettanto significativa è la circostanza che il locale preso di mira domenica fino a poco tempo fa era di proprietà dell’imprenditore pietroburghese Evgenij Prigozhin. Soprannominato “il cuoco di Putin”, Prigozhin è soprattutto il capo della famigerata compagnia di mercenari Wagner, impegnata in prima linea nei combattimenti in Ucraina.
Chi ha colpito aveva più di un movente per farlo. Ma resta appunto da capire chi abbia colpito.

Qui la narrazione diventa molto meno lineare. Le autorità russe hanno infatti individuato ben tre colpevoli: oltre a Trepova (quale esecutrice materiale), Mosca ha puntato il dito contro il Governo ucraino (quale mandante) e contro la Fondazione anti-corruzione (FBK) guidata dall’oppositore russo Aleksej Navalny, attualmente in carcere.
Il Comitato nazionale antiterrorismo di Mosca ha infatti osservato come Trepova fosse una “sostenitrice attiva” di Navalny e avesse persino scontato alcuni giorni di detenzione per aver partecipato a una protesta contro la guerra. Mosca ha inoltre sottolineato alcuni comportanti strani della 26enne nei giorni antecedenti l’attacco, come ad esempio l’essersi tagliata i lunghi capelli biondi e l’essersi trasferita nell’appartamento di un amico del marito.
Tanto le autorità di Kyiv quanto i collaboratori di Navalny hanno però seccamente smentito qualsiasi coinvolgimento.
Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, si è detto certo che i colpevoli dell’attentato vadano cercati in Russia. “I ragni si stanno mangiando l’un l’altro in un barattolo”, ha twittato domenica, avanzando l’ipotesi del terrorismo interno.

Ivan Zhdanov, fedelissimo di Navalny e attuale capo della FBK, crede invece che i contorni siano molto più oscuri. Tutto, a suo dire, fa pensare che a piazzare l’ordigno siano stati gli agenti dell’FSB, i servizi speciali di Mosca (gli stessi che qualche giorno fa hanno arrestato il reporter statunitense Evan Gershkovich). “Naturalmente non abbiamo nulla a che fare con questo (…) ma il regime aveva bisogno di nemici esterni” – identificati secondo lui proprio nell’Ucraina e nella squadra di Navalny.
Navalny che peraltro rischia concretamente di vedere la propria permanenza in carcere prolungarsi – in aggiunta ai nove anni per frode comminati l’anno scorso all’oppositore sopravvissuto a un tentativo di avvelenamento.
E sulla tesi fornita da Mosca è paradossalmente scettico persino Prigozhin, secondo cui l’attentato è probabilmente opera di un “gruppo di radicali” non legato al governo ucraino – di fatto concordando con Kyiv e sposando la pista del terrorismo interno.
Lunedì, intanto, un gruppo di agenti in borghese ha arrestato anche il 27enne Dmitrij Kasintsev, proprietario dell’appartamento dove risiedeva Trepova.